Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

giovedì 28 agosto 2014

Il Paradiso e l'Inferno di Jon Kalman Stefansson

Da "http://www.polimniaprofessioni.com/rivista/il-paradiso-e-linferno-di-stefansson" :

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Le parole possono avere il potere dei troll e possono abbattere gli dei, possono salvare la vita e annientarla.
Le Parole sono frecce, proiettili, uccelli leggendari all’inseguimento degli dei, le parole sono pesci preistorici che scoprono un segreto terrificante nel profondo degli abissi, sono reti sufficientemente grandi per catturare il mondo e abbracciare i cieli, ma a volte le parole non sono niente, sono stracci usati dove il freddo penetra, sono fortezze in disuso che la morte e la sventura varcano con facilità. 
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L’uomo è nato per amare, ecco quant’è semplice il fondamento dell’esistenza.
Per questo il cuore batte, questa strana bussola, grazie a lui ci orientiamo tra le nebbie più fitte, a causa sua ci smarriamo e moriamo in pieno sole. 
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"Hai deciso se vuoi vivere o morire? […] Non lo so, risponde, non sono sicuro di sapere la differenza, e non sono nemmeno sicuro che ci sia, una differenza".
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A tal proposito, scrive, infatti, Luigi Giussani:
«Tutte le esperienze della mia umanità e della mia personalità passano al vaglio di una «esperienza originale», primordiale, che costituisce il volto nel mio raffronto con tutto.

In che cosa consiste questa esperienza originale, elementare? Si tratta di un complesso di esigenze e di evidenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste. [...]
A esse potrebbero essere dati molti nomi; esse possono essere riassunte con diverse espressioni (come: esigenza di felicità, esigenza di verità, esigenza di giustizia, ecc…).
Sono comunque come una scintilla che mette in azione il motore umano; prima di esse non si dà alcun movimento, alcuna umana dinamica.
Qualunque affermazione della persona, dalla più banale e quotidiana alla più ponderata e carica di conseguenze, può avvenire solo in base a questo nucleo di evidenze ed esigenze originali”».
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In un articolo su “La Repubblica” del 4 maggio 2014, Andrea Bajani commenta:
«È in mezzo a questa solitudine — che in pochi oggi sanno raccontare con la stessa malinconica tensione di Stefánsson — che l’uomo non può fare altro che cercare delle parole.

Per questo il ragazzo aspetta le lettere, per questo ne scrive.
Sa che non contano niente, nel salvare la vita ad un uomo, ma sa anche che sono l’unica fune che un uomo può lanciare a un altro uomo nella tempesta.
Sa che le parole sono la sua condanna, perché sono proprio loro a fargli credere per un attimo che quel niente si possa domare: «Sono state le parole a recidere le radici tra l’uomo e la natura».
Ma sa anche che è tutto quello che può fare.
Le parole passano da un essere umano a un altro come un sollievo e un’intesa, due luci accese dentro una stessa notte infinita.
«Perché la sensibilità è il nocciolo dell’essere umano», e le parole sono le uniche corde su cui può tentare di cercare una qualche armonia: «Presto qualcuno verrà a girare il carillon e forse sentiremo le fievoli note dell’eternità».

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