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La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 31 dicembre 2013

“Visioni del Maghreb”: Albert Camus, paradossi e amori algerini

Da WikiPedia "Guerra d'Algeria":

L'intellettuale francese Albert Camus, nato in Algeria, cercò invano di persuadere entrambe le parti a lasciare per lo meno i civili da parte, ma fu ritenuto un pazzo dal FLN e un traditore dalla maggioranza dei pieds-noirs.

Da "http://collettivoalma.wordpress.com/2013/11/05/visioni-del-maghreb-albert-camus-e-il-paradossi-e-amori-algerini/" :



Albert Camus
Albert Camus
 Dopo più di mezzo secolo dalla sua morte, Albert Camus continua ad alimentare polemiche e prese di posizione fra i suoi difensori e i suoi detrattori.
Al centro del dibattito riguardante lo scrittore (francese?) vi sono non solo le sue opere letterarie, considerate tutt’ora dei veri capolavori, ma anche le sue posizioni politiche.
Se è vero che Camus non ha bisogno di presentazione, tuttavia è utile, se non necessaria, una contestualizzazione biografica per capire quello che il Maghreb ha significato per l’autore de Lo Straniero.
Albert Camus è nato a Mondovi, a pochi chilometri da Annaba nel 1913, da padre di origine francese e madre di origine spagnola a loro volta nati in Algeria. Camus crebbe ad Algeri nel quartiere popolare di Belcourt, il padre morì quando Albert aveva appena un anno. Il piccolo Camus insieme alla madre sordomuta e il fratello furono costretti ad andare a vivere dalla nonna materna. Di questo periodo dirà: “C’era una volta una donna di cui la morte del marito ha reso poveri lei e i due bambini. Aveva vissuto dalla madre, povera anch’essa, con un fratello infermo che faceva l’operaio. Doveva lavorare facendo la donna delle pulizie per potersi guadagnare da vivere, e così affidò l’educazione dei figli alla madre. Rude, orgogliosa e dominatrice, quest’ultima li educò con il bastone”
Il primo paradosso al quale Albert Camus è condannato lo sottolinea il giornalista
Camus a 7 anni, Algeri 1920
Camus a 7 anni nella macelleria dello zio, Algeri 1920
algerino Arezki Metref*: “Il dramma di Camus, segnato dalla sua infanzia povera a Belcourt ad Algeri, è che egli apparteneva ai colonizzatori per origine e ai colonizzati per condizione sociale”.
Il futuro scrittore dunque non apparteneva ad una famiglia di coloni possidenti, bensì ad un sottoproletariato povero e marginalizzato. Camus riuscirà ad entrare al Lycée Bugeaud di Bab-el-Oued grazie solo ad una borsa di studio, ed è lì che scoprirà la passione per la scrittura, la filosofia e il teatro. Passione che lo porterà a diventare uno dei più grandi scrittori al mondo e a vincere il Premio Nobel della letteratura nel 1957.
Ora facciamo un passo indietro, torniamo a quell’interrogativo che abbiamo lasciato sospeso fra le parentesi: Camus scrittore francese? Se abbiamo detto che la sua esistenza è stata segnata sin dall’inizio dal paradosso della sua doppia appartenenza ai colonizzatori e ai colonizzati, c’è da aggiungere che egli si è trovato involontariamente di fronte ad un altro paradosso ancora più grande (il colonialismo) che ha vincolato drammaticamente la sua visione dell’Algeria. Nella prefazione all’edizione del 1958 de “ Le Revers et l’endroit**” Camus dichiara: “ In fondo a se stesso ogni artista custodisce un’unica sorgente che nel corso della vita alimenta quel ch’egli è e quello che dice (…) quanto a me so che la sorgente è in quel mondo di povertà e di luce dove ho vissuto a lungo”. L’Algeria dunque costituiva per lo scrittore la sorgente  stessa della sua creatività, la linfa della sua esistenza, un legame viscerale che si può avere solo con la propria patria: “perduta la mia terra, non varrei più niente”.  Ma l’Algeria dov’era nato e cresciuto è una colonia francese, conquistata con la forza e strappata agli algerini che l’amministrazione coloniale francese e i coloni si ostinavano a chiamare “Indigeni” o nei migliori dei casi “Arabi”.  Lo stesso Camus chiamerà sempre, sia nei suoi articoli che nei suoi romanzi,  gli autoctoni solo e unicamente Arabi, spogliandoli da ogni appartenenza identitaria o nazionale, non algerini, ma arabi, anche quando arabi non sono. Un epiteto generico e fumoso che condanna questi personaggi ad apparire come arredi di un paesaggio e di una storia di cui non sono mai artefici. Apriamo il campo dunque ad un altro paradosso prendendo in prestito le parole di uno scrittore algerino a tutti gli effetti, Moulud Ferraon, che in una lettera indirizzata ad Albert Camus scrive: “ Ho letto la Peste e ho avuto l’impressione di aver compreso il vostro libro come non ne ho mai compreso altri. Ma mi rammarico che tra tutti i personaggi, non c’è un indigeno e che Orano appaia ai vostri occhi come una banale prefettura francese. Non è un rimprovero! Ho semplicemente pensato che se non ci fosse questo fossato fra noi, avreste potuto conoscerci meglio e vi sareste sentito capace di parlare di noi con la stessa generosità di cui beneficiano tutti gli altri personaggi. Mi rammarico ancora che voi non ci conosciate sufficientemente e che non abbiamo nessuno per comprenderci, farci comprendere agli altri e aiutarci a comprendere noi stessi.” 
Algeri, 1961
Algeri, 1961
Ne “Lo Straniero”, “La Peste” e “Il Primo uomo” i tre romanzi algerini per eccellenza di Camus, le ambientazioni sono algerine, i luoghi sono algerini, ma i protagonisti sono francesi, mentre gli Arabi sono relegati ad un secondo piano, raramente chiamati con nomi e cognomi e spesso si muovono al margine della narrazione. Edward Said, in un articolo dedicato a Camus dal titolo eloquente “Albert Camus ou l’inconscient colonial”, afferma, che se lo scrittore si pone sia nella sua opera che nel suo impegno politico come un uomo morale in un mondo immorale tuttavia “Quando nelle sue opere evoca chiaramente l’Algeria, Camus s’interessa in generale alle relazioni franco-algerine nella realtà di quel momento, e non alle vicissitudini storiche spettacolari che costituiscono il loro destino nella durata del tempo, tranne qualche eccezione, egli ignora o trascura la storia, ciò che un algerino che sente la presenza francese come un abuso di potere non avrebbe mai fatto(…) i lettori associano i suoi romanzi ai romanzi francesi sulla Francia, non solo in ragione della lingua e delle forme narrative ma anche perché il loro quadro algerino è fortuito senza rapporto alcuno con le problematiche morali che quel quadro avrebbe dovuto porre (…) è vero Meursault uccide un arabo, ma quest’arabo non ha un nome e appare senza storia e chiaramente senza padre ne madre. Certo, ci sono anche degli arabi che muoiono durante la peste di Orano, ma nemmeno loro sono nominati e ad essere messi in avanti sono solo Rieux et Tarrou. Il paradosso è che ove nei suoi romanzi e descrizioni, Camus ne parla, la presenza francese in Algeria è resa o come un tema narrativo esterno, un’essenza che sfugge al tempo e all’interpretazione o come l’unica storia che merita di essere raccontata in quanto Storia.****”
Edward Said vede nell’opera di Camus la rappresentazione stessa della propaganda colonialista francese riguardo all’Algeria, una specie di trasfigurazione metropolitana del dilemma coloniale: è il colono scrittore per un pubblico francese di cui la storia personale è irrevocabilmente legata a quel “dipartimento francese del sud” (così veniva chiamata l’Algeria durante il colonialismo), e ciò che succede fuori da questo quadro è inintelligibile.
Il culmine dei paradossi sotto il qualche il filosofo dell’Assurdo e della Rivolta rimarrà perennemente schiacciato si verifica nel 1954, questa data segna l’inizio di una guerra che negli annali della storia entrerà con due nomi diversi che stanno a marcare le due concezioni divergenti dei colonizzati e dei colonizzatori, per gli algerini è la Guerra di Liberazione Nazionale mentre per i francesi è la Guerre d’Algerie.
Algeria 1956
Algeria 1956
All’inizio della sua carriera giornalistica nel 1939 dalle pagine di Alger Republicain, Camus scrive un reportage sulle miserabili condizioni sociali in cui i Cabili erano costretti a vivere sotto la politica della terra bruciata, dell’usurpazione e dell’oppressione che l’amministrazione coloniale aveva messo in atto per far sottomettere la popolazione autoctona. Camus denuncia gli effetti del colonialismo, ma non il colonialismo stesso. Nel 1939 la sua posizione poteva essere considerata perfino coraggiosa, ma nel 1954 bisognava scegliere ancora una volta il proprio campo, e questa volta la scelta doveva essere radicale. Nel frattempo gli algerini avevano preso appieno coscienza della loro condizione insostenibile di colonizzati, il mondo era in piena lotta per la decolonizzazione e molti paesi erano riusciti a liberare le loro terre, gli algerini si apprestavano a loro volta a farlo.
In quel frangente avviene uno strappo drammatico nella vita di Camus che aveva sempre denunciato i metodi repressivi dei francesi, ma al tempo stesso ha anche difeso i coloni dall’essere degli sfruttatori di un paese che sarebbe stato anche il loro. Ecco un altro paradosso questa volta di portata ancora più grande di tutti gli altri.
La contraddizione in mezzo a cui si trovava Camus metteva in discussione tutto l’apparato filosofico, umanista e morale che fino ad allora aveva elaborato, lui, lo scrittore impegnato che si era opposto all’assolutismo stalinista, all’invasione della Cecoslovacchia e ai franchisti in Spagna, doveva prendere posizione. Dichiararsi per la liberazione dell’Algeria dal giogo del colonialismo francese.
La prima posizione che Camus prese venne elaborata insieme ad altri intellettuali, attivisti e religiosi algerini e francesi nel 1956 chiedendo  ai belligeranti di firmare una “Tregua civile”.  La posizione di Camus, nonostante avesse legami forti con molti intellettuali algerini e francesi che si dichiararono apertamente per la liberazione dell’Algeria, alcuni aderirono perfino alla lotta armata, risultò minoritaria sia fra i suoi amici che fra i suoi nemici. Gli uni lo accusarono di vigliaccheria, gli altri di tradimento. Ed è lo scrittore a dichiarare: “ Per quel che riguarda l’Algeria, l’indipendenza nazionale è una formula puramente passionale. Non ce n’è mai stata una nazione algerina. Gli Ebrei, i Turchi, i Greci, gli Italiani, i Berberi avrebbero altrettanto diritto di esigere il comando di questa nazione virtuale. Attualmente gli Arabi non rappresentano a loro stessi tutta l’Algeria. L’importanza e la storia della presenza francese è sufficiente a creare un problema che non può essere paragonato ad alcun precedente storico. I francesi dell’Algeria sono nel senso più forte del termine degli Indigeni. Bisogna aggiungere che un’Algeria puramente Araba non potrebbe mai accedere ad una indipendenza economica senza la quale l’indipendenza politica sarebbe pura illusione*” .  
Albert Camus a Tipasa (Algeria)
Albert Camus a Tipasa (Algeria)
Camus vedeva nella lotta armata guidata dal FLN e dai suoi uomini un’espressione pura di terrorismo, l’amico e scrittore Emanuel Roblès, nativo anche lui dell’Algeria, ricorda questa discussione con lo scrittore: “Sarebbe invano difendere delle tesi (argomenta Roblés) si tratta soprattutto di attenersi al nostro progetto iniziale: conservare dei contatti che impediscono una rottura totale e definitiva. Gli europei sono sovreccitati e ingannati dai loro giornali. Dall’altro canto gli algerini chiedono giustizia, combattono e soffrono per la giustizia. É un ideale forte per il quale giovani e vecchi sono disposti a subire di tutto. “Si”, dice Camus, “ a subire di tutto, ma anche a far subire di tutto. Il terrorismo cieco è alla base di questa rottura di cui parli. Se un terrorista lancia una granata nel mercato di Belcourt che mia madre frequenta, e la uccide, come accettare questa morte? Amo la giustizia, ma amo anche mia madre”.
Ecco il paradosso ridotto all’osso, all’istinto, all’amore materno: scegliere fra la madre e la giustizia, fra L’Algeria francese quindi anche patria di Camus o l’Algeria Algerina che escluderebbe Camus e i suoi simili?!
C’è da dire che la posizione di cui Camus era portatore tutto sommato era in linea con la sua opere letteraria riguardante L’Algeria e i suoi “Indigeni”, un’indipendenza nella dipendenza, così nell’ Avant propos di Chroniques Algeriennes uscito nel 1958 scrive “ Ho mantenuto il silenzio per un anno e otto mesi, ma ciò non significa che ho smesso di agire. Ero e sono tutt’ora per un’Algeria giusta dove le due popolazioni devono vivere in pace e nella legalità. Ho detto e ripeto che bisogna rendere giustizia al popolo algerino e accordargli un regime pienamente democratico. Ho cercato di definire chiaramente la mia posizione. Un’Algeria costituita da popolazioni federate, legata alla Francia, mi pare preferibile ad un’Algeria legata ad un impero dell’Islam che ai popoli arabi non aggiungerebbe che miseria e sofferenza e che strapperebbe al popolo francese la sua patria naturale.
Albert Camus muore in un incidente stradale il 4 Gennaio 1960 a Villeblevin, due anni prima della fine della guerra e dell’indipendenza dell’Algeria il 5 Luglio 1962.
Sotto questi paradossi, c’è un albert Camus filosofo, militante e uomo che ha sempre avuto un grande amore per l’Algeria, per il Maghreb e per il Mediterraneo. I suoi difensori sono convinti quanto i suoi detrattori che le posizioni dell’autore di “Nozze” la bellissima cronaca su Tipasa, sia stato fortemente frainteso e eccessivamente caricato di aspettative rispetto ad una terra e una causa che lo metteva davanti a scelte difficili. È di quest’anno il libro del filosofo francese Michel Orfay: “L’ordine libertario, vita filosofica di Albert Camus” che scagiona lo scrittore “pied noir” da molte accuse, invece la casa editrice E/O ha pubblicato da poco un romanzo dell’Algerino Hamid Grine, “Camus Nel Narghilè” che rivalorizza la figura dello scrittore e opera una specie di mediazione-riconciliazione con quello che ha rappresentato l’Algeria per Albert Camus, una terra perduta.

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* Arezki Metref,Camus au partage des eaux, Le Soir d’Algerie, 06-10-13.
** “L’Envers et l’Endroit” tradotto in italiano con il titolo Il Rovescio et il Diritto, Bompiani 1959.
*** Albert Camus e la questione algerina, Luigi Vasale, 2002, Aracne editore.
****  Edward Said, Le monde diplomatique, Novembre 2000.

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