Parole: Bruce Sterling @ SXSW 2013
di Matteo Bittanti
Puntuali come un’ondata di malware sui sistemi Android, i commenti abrasivi di Bruce Sterling hanno illuminato un evento sempre più grottesco: SXSW, (d)annata venti-tredici. Il sedici marzo scorso, il futurologo texano emigrato a Torino ha spiegato a legioni di freaks & geeks riuniti ad Austin il senso della vita. E no, non si tratta di un'app per iPhone.
Lucido pessimismo, terabyte di sarcasmo, critica poetica,
mitragliate di tweet ad altezza uomo. Una “benedizione finale” sui
generis per un rituale che presenta aspetti di fanatismo religioso. Di
quel culto pagano che è la tecnologia, geeks e fanboys
costituiscono le frange integraliste. Non a caso, Sterling ha
paragonato la sua omelia annuale a un’“esorcismo collettivo”.
L’azzeccata similitudine ci ricorda che gli evangelisti dell'high-tech,
i santoni del digitale - non a caso, definiti guru (sic) - sono soggetti altamente pericolosi. I loro discepoli, d'altra parte, sono protesi meatware degli smartphone. Nel ventunesimo secolo, gli esseri umani, ci ricorda Sherry Turkle,
sono ridotti a meri ventriloqui, pupazzi di carne che si esprimono
attraverso criptici monosillabi profferiti da Tamagotchi senzienti.
Com’è noto, Sterling, da poco Visionary in Residence presso il Center for Science and Imagination dell’Arizona State University, ha tenuto le prime edizioni del rant
incendiario tra le quattro pareti della sua abitazione. Ma il numero di
pellegrini è cresciuto rapidamente. Ha richiesto spazi ad hoc. Frizzi e
lazzi. Fumi e raggi laser. Da almeno un lustro, ha raggiunto rilevanza
planetaria. Uno sproloquio travolgente in cui l'oracolo di Austin fa
punto della situazione e insieme delinea le sfide future. La prima parte
del monologo, incentrata sul concetto di “South West”, esamina
l’evoluzione urbana e ideologica della cittadina texana - a tutti gli
interessati consiglio caldamente l'ascolto dello stream audio
(il confronto tra Austin e Waco è terribilmente interessante). Una
disamina punteggiata da commenti caustici sulla politica interna
americana: “Il Congresso è del tutto incapace di approvare una legge
senza l'approvazione delle lobbies e dei gruppi di interesse,”
un'osservazione che si applica perfettamente anche al Parlamento
Europeo, il cui operato disfunzionale è stato descritto in modo lucido
da Matthieu Lietaert e Friedrich Moser in The Brussels Business (2012).
Sterling lamenta inoltre l’appropriazione di concetti, slogan e idee
della cultura digitale da parte dei politici, Al Gore in testa, “Che
oggi si spaccia per futurologo e che mi ha rubato le migliori battute,”
afferma scherzando, ma non troppo. Riferimento trasversale anche alla
situazione italiana. Su The Well, il nostro aveva celebrato le rapide trasformazioni del Belpaese nell’era del post-Berlusconismo. Un anno fa. Un secolo fa. Oggi, tuttavia, “La situazione è peggiore di prima”.
Interamente gestita da cinque “stacks” o "silos", mega-corporation spregiudicate e onnipotenti - Apple,
Amazon, Facebook, Microsoft e Google - la rete oggi versa in condizioni
preoccupanti. Dodici mesi fa Sterling aveva incensato James Bridle,
l’hipster britannico che ha creato un lungo slideshow basato
sulle tesi di Paul Virilio - mi riferisco alle cose che il
filosofo-architetto dei bunker transalpino scriveva negli anni
Ottanta-Novanta - intitolandolo “The New Aesthetic” e presentandolo come
un “fenomeno nuovo”. Il resto è storia. Quest’anno, il campione dei
campioni è il petulante Evgeny Morozov, “proveniente dalla miserabile
Bielorussia”, che ha denunciato con gusto vitriolico tutti i limiti del
considdetto “pensiero digitale” espresso dalla gang del TED Talk - gli
Shirky, i Johnson, le McGonigal - il cui “pensiero” vacuo, inconsistente
e puramente promozionale ha partorito il movimento trasversale del
“soluzionismo”, una forma particolarmente micidiale di determinismo
tecnologico "dal volto umano". Detto inter nos, Morozov ha fottutamente
ragione, ma la sua retorica -soprattutto, la sua performance su Twitter - è oggettivamente insopportabile. Il giudizio è mio, non di Sterling.
Altro meta-tema: il necrologio del personal/desktop
computer, grande assente a South by Southwest. Afferma Sterling: "Il
computer è stato rimpiazzato da tablet, smartphone e, presto, wearable computer, Google Glass. La cosa interessante è che, a parte qualche gamer, nessuno sembra preoccuparsi del fenomeno." Leggi: il personal computer è morto, lunga vita al personal computer.
La fine del PC ha dato a Sterling il pretesto per lanciarsi in una
lunga filippica esistenziale sul tema della Fine in quanto tale. Ecco
qualche passaggio:
“Morire sul palco di SXSW per
un infarto... Sarebbe splendido. So benissimo che parlare pubblicamente
di un tema come la morte non è appropriato, ma devo confessare che la
cosa mi affascina... Ve la immaginate la mia pagina su Wikipedia?
"Stecchito durante un rant!" [...] Il fatto che sono riuscito a
sopravvivere al personal computer è incredibile. Il computer è
apparso-e-scomparso nel corso della mia vita. Incredibile. O forse no.
Del resto sono sopravvissuto anche al fax, una tecnologia che sarebbe
dovuta durare per sempre. Oggi è incredibile scoprire che il fax esiste
ancora... Che qualcuno lo utilizza regolarmente [...] Nessuno ha usato
l’espressione ‘personal computer’ nel corso dei panels di SXSW 2013... N-E-S-S-U-N-O. Stupefacente! Le nuove generazioni non sanno nemmeno cosa sia un pee-cee..
L’acronimo è ormai taboo... Oggi viviamo nell’era retronostalgica per
il personal computer... La gente ti domanda: ‘Te lo ricordi? Quello
scatolone... Con i fili... La tastiera... Il monitor...’”
Nel 2007, Sterling aveva preannunciato l'estinzione del
blog nel giro di un decennio, i nuovi dinosauri. Una previsione che si
sta rivelando corretta: “Siamo nel 2013 e oggi nessuno 'scrive' o 'cura
un blog'. Anche perché 'viviamo nell’era del reciclo coatto'. La rete
offre sempre meno contenuti originali. L’80% del materiale pubblicato
via Tumblr è semplice “reblog”. Twitter - nato come servizio di
“microblogging” - ha accelerato il pensionamento anticipato di altri
servizi. “Qualcuno di voi ha partecipato a un panel sul ‘blogging’ nel
corso di SXSW? NO! Per forza, non esistono panel sui blog nel 2013. I
blog, come i personal computer sono sostanzialmente finiti”.
F-I-N-I-T-I." In futuro leggeremo solo articoli di cento caratteri.
Aforismi. Reciclati un miliardo di volte.
Riprendendo le tesi di Nicholas Carr sull'istupidimento
collettivo, Sterling afferma che la 'cultura digitale’ va erodendo la
nostra capacità di concentrazione. Siamo impazienti, superficiali...
Ebeti tecnologici. L'autore di The Hacker Crackdown ha pubblicamente denunciato - once again
- la fine del LIBRO e della letteratura in quanto tale. Un tema
ricorrente, vedi SXSW 2012: parlando di Jonathan Franzen a geeks
sfacciati aveva ammonito: "Non prendetelo in giro... Franzen ha ragione:
Twitter ha ucciso i libri". In questo contesto darwiniano, le nuove
piattaforme che sostituiscono i blog scompaiono a ritmi ancora più
rapidi dei loro predecessori. “La nostra cultura è diventata
immateriale, transeunte, tragicamente inconsistente”. La rete ci ha reso
pigri: al di fuori di micro-nicchie di fanatici, oggi nessuno legge
articoli lunghi (compreso questo) perché gli articoli lunghi
non sono twittabili. Oggi “comunichiamo” attraverso rutti mentali di una
manciata di caratteri. In un certo senso, i cosiddetti “uomini della
pietra” avevano un vocabolario molto più sofisticato del nostro. Chi
dobbiamo ringraziare? L’innovazione dirompente. Afferma Sterling:
“Vita e morte delle tecnologie
nell’era dell’innovazione dirompente:... Ce la siamo voluta, ce la siamo
cercata. Perché sorprendersi? Lamentarsi della fine dei blog è sciocco.
E inutile. Intendo dire: negli ultimi anni abbiamo sistematicamente
eliminato librerie indipendenti, i quotidiani di carta, le riviste, i
libri, le biblioteche... La dis-intermediazione ha segnato la fine di un
certo modo di intendere la cultura... Oggi viviamo in un mondo in cui i
romanzi non godono dell’importanza che avevano un secolo fa. Cosa
significa? Non saprei rispondere, ma il fatto che nessuno oggi legge è
evidente a tutti. Nessuno legge cose di carta. Nessuno recensisce cose di carta...
Le librerie sono luoghi arcaici e deprimenti, mezze abbandonate,
popolate da vecchi... In quanto scrittore, trovo la situazione molto
triste... Dove sono finiti i lettori? In rete, a perdere tempo con i
social media. Esattamente come me... Sono il primo ad ammetterlo... Sono
iper-attivo su Twitter... Ho aperto un Tumblr qualche mese fa... Ma i
miei followers non conoscono Bruce Sterling "scrittore", non
leggono i miei libri... I miei discepoli includono designers,
architetti, attivisti... Io stesso non seguo scrittori su Twitter...
Intendo dire, se voglio capire cosa sta succedendo nel mondo, uno
scrittore è l’ultima persona al mondo in grado di fornirmi delle
risposte... Quello che è successo ai musicisti ci riguarda direttamente.
Oggi siamo tutti musicisti. Siamo tutti sulla stessa barca.
Una barca che affonda. La gente ama ripetere che i musicisti hanno
‘reagito male’ alla rivoluzione digitale, ma è una scemenza. La
rivoluzione digitale che ha svuotato le tasche alle band svuota anche le
nosre. Dai militari ai partiti politici, dai negozianti, dagli
accademici vittime dei MOOC... E il fenomeno permea ogni livello della
società. Gli unici a guadagnarci sono una manciata di privilegiati che
hanno costruito fortezze impenetrabili, circondate da ponti elevatoi e
cannoni legali...”
...ovvero, i silos.
Nonostante il mito della "democratizzazione", pochi hanno beneficiato
delle trasformazioni tecno-sociali. I musicisti fanno la fame. "Google e Apple hanno mercificato la musica" e danneggiato l'arte, ha dichiarato Thom Yorke qualche mese fa al Guardian. Lo streaming? Un furto legalizzato che danneggia le band. Giornalisti, artisti e accademici non se la passano meglio. Gli stacks, i grandi aggregatori, i parassiti come le start-up che sfruttano contenuti sviluppati da terzi in nome di un non ben precisato imperativo della condivisione hanno provocato danni considerevoli.
Ti faccio un esempio: qualche settimana fa ricevo un
messaggio email del CEO di una “start-up italiana” con ambizioni
planetarie. Il nostro vuole pubblicare la guida della Silicon Valley che
avevo scritto per WIRED nel 2011 senza pagare un centesimo di diritti, con l’obiettivo di “creare un po di buzz attorno al nostro prodotto” (cito verbatim).
Domanda: E perché dovrei acconsentire a ripubblicare il mio testo
gratis? Risposta: "Siamo una startup appunto... pochi soldi e tanta
volontà”. Domanda: E per quale motivo un autore dovrebbe svendere il
proprio lavoro per beneficiare i nuovi parassiti? Dopo aver comunicato
al CEO che chiedo venti centesimi a parola per i miei pezzi, il nostro
risponde, stizzito: “La guida alla Silicon Valley la faremo ugualmente,
fortunatamente Wikipedia, Wikitravel e World66 in questi casi sono fonti
inesauribili di contenuti”. Come dire, beh, pazienza, copieremo altrove. E' la "logica" delle start-up “pochi soldi e tanta volontà”. Non dimentichiamo che innovazione, nella Silicon Valley, è spesso sinonimo di furto. L'ennesima ipocrisia.
Ogni volta che ricevo “inviti” a “ridistribuire i miei
contenuti su nuove piattaforme” pre-allerto il mio avvocato. Start-up
italiane “pochi soldi e tanta volontà”: se le conosci, le eviti. “Sono
state vendute un milione di apps,” continua Sterling. “Che cosa hanno
migliorato? Nulla.” Non certo la carriera o le finanze degli autori.
Ora, l'episodio che ho appena descritto è tutt'altro che personale,
unico o peculiare. Prendi gli scambi epistolari di Nate Thayer con Olga, l'editor di The Atlantic, la quale invitava il freelance a donare gratis i suoi articoli perché "ci avrebbe guadagnato in visibilità".Ma ti rendi conto? Nel 2013! Conosci
qualcuno che paga l'affitto con la "visibilità"? "Pochi soldi e molta
volontà" Per favore... Beninteso: internet non ha inventato cialtroni e
ciarlatani. Sono sempre esistiti. Ma ha normalizzato abusi e soprusi. Chi ci guadagna attraverso le pratiche destabilizzanti delle tecnologie dirompenti? Per esempio, i parassiti denunciati da Robert Levine in Free Ride...
E poi, aggiunge Sterling:
“Le industrie della malattia [Servizi sanitari,
ndt), i gangster delle banche, gli imprenditori che lavorano per
l’esercito... Gothic high-tech... Se la tecnologia fosse davvero in
grado di migliorare il mondo come ci avevano promesso, oggi vivremmo in
una società prosperosa. E invece no. Basta guardarsi attorno... Ma chi
vogliamo prendere in giro? La situazione attuale è assai peggiore
rispetto al passato. Viviamo in uno stato di depressione [...] In un
mondo distopico, in crisi perpetua... Questo ha reso particolarmente
difficile il compito degli scrittori di fantascienza. Non ha senso
scrivere di fantascienza perché nessuno legge romanzi. Ironicamente,
esercito maggiore influenza con un tweet che con un libro...
Chi te lo fa fare di scrivere un intero romanzo quando 140 caratteri
hanno un effetto immediato e tangibile sullo stato delle cose? Viviamo
in un mondo fantascientifico - perché scrivere una trilogia di mille
pagine su Google Glass quanto posso semplicemente indossarne un paio e
girare per Austin e postare il tutto su YouTube? Chi me lo fa fare di
scrivere un romanzo su Google Glass quando ci sono cose come The Verge, TechCrunch, Hyperallergic, Rhizome, The Creators Project che
offrono bollettini sul presente-futuro in tempo reale? I fruitori di
Google Glass non sono lettori. Le modalità di interazione con la cultura
sono radicalmente cambiate. Ma la domanda che uno deve porsi, o magari
porla a Wolfram|Alpha è: Quante ore passate con Google Glass
corrispondono a ore non passate in compagnia di un libro? Quante
librerie chiudono i battenti per colpa del tempo investito con i nostri
gadget tecnologici? Sono certo che esiste una relazione diretta tra i
due fenomeni. Non è una cospirazione... E, devo ammettere, sono un fan
di Sergey Brin, che per altro sta diventando l’erede di Steve Jobs. Lo
capisci dal modo in cui si veste oggi, ha un gusto per il design che
prima non aveva... Mi auguro solo che Sergey non consumi dosi massicce
di acidi e sopravviva con una dieta di succo di mele, come il
compianto... Se non altro, come visionario milionario americano di
origini russe - è un immigrato! - che sta definendo la
traiettoria della cultura mondiale. Non è un’impresa da poco...
Fantastico! C’è qualcosa di molto post-Guerra Fredda nell’ascesa di
Sergey... Sergey Brin non è molto amato, ma in fondo non è diverso da
Jobs. L’unica diferenza è che Jobs è morto e per tanto viene celebrato
come un Santo Secolare."
Il necrologio di Brin, improvvisato sul palco da Sterling, è
stato accolto con un gelido silenzio, a conferma che il nostro ha
centrato il bersaglio ancora una volta. Sterling è un fiume in piena:
“Google ha soppiantato la
letteratura dopo aver soppiantato i quotidiani e l’informazione in
generale. Ecco, questo non è “ok”. Sarebbe il caso di parlarne. Del
resto, l’innovazione dirompente è il modus operandi della
tecnologia. Lo so perché l’ho studiata, ho partecipato direttamente al
fenomeno... Conosco gente che ci ha guadagnato e gente che ne ha fatto
le spese... Nel settore della musica, della letteratura, dell’arte,
dell’intrattenimento, della cultura in generale, nell’editoria, nel
settore militare, nel giornalismo, nella politica, nel settore
produttivo... Sostanzialmente, in tutti i contesti possibili ed
immaginabili... Ad eccezione della finanza, della sanità, della legge,
del business delle carceri e di alcuni settori militari... Il che spiega
perché pochi privilegiati sono pieni di soldi mentre la maggior parte
degli esseri umani, quelli che secondo la leggenda metropolitana
avrebbero beneficiato della rivoluzione digitale, faticano a sbarcare il
lunario. Confermo: le nuove tecnologie sono dirompenti: non fanno
prigionieri. Gli smartphone hanno ucciso i personal computer... C’è
gente che oggi usa gli smartphone e non sa nemmeno leggere perché oggi
leggere non serve. Intendo dire, adoro lo spettacolo, ma quello che mi
urta personalmente è che le nuove generazioni, cresciute su internet e
con gli smartphone, non si rendono conto della natura tragica della
situazione. Nessuno si rende conto di quello che abbiamo perso. I
vantaggi sono minimi se consideriamo tutto quello che ci siamo bruciati
negli ultimi anni. La situazione cambia rapidamente... Il passato
prossimo viene immediatamente ignorato perché... passato, vecchio, andato. Tutti sbavano per la nuova frontiera elettronica. Nessuno si preoccupa della foresta che
abbiamo raso al suolo con le seghe elettriche e gettato nei fiumi per
fare spazio al nuovo. E l’idea che il “nuovo” sia sempre “meglio” è una
favola pericolosa. Quando m’imbatto in gente che dice “usiamo la
tecnologia per migliorare il mondo” specie in posti come SXSW, li guardo
con compatimento. Non tanto perché sono ipocriti, ma perché la loro
ingenuità infantile mi fa quasi tenerezza. Questa gente non comprende
che il mondo presenta aspetti tragici, non capisce che la tecnologia non
è la soluzione. In molti casi, è parte del problema. Le cose non
migliorano. Il mondo è pieno di deserti. Dopo la mezza età, il declino
metabolico degli individui accelera. E’ dal 2008 che la situazione va
peggiorando e la tecnologia, per certi versi, ha accelerato la crisi. Le
strategie dell’austerity hanno miseramente fallito. E’ persino peggio del panico!
Oggi, nel 2013, ogni aspetto delle nostre esistenze è deteriorato: il
livello della cultura è peggiorato. I governi sono peggiorati. Le
infrastrutture sono in evidente declino. Il business è peggiorato. Nella Silicon Valley, un mucchio di gente vive per le strade.
Anche per quanto concerne la moda, la situazione è grama. Se non altro,
abbiamo tutti perso qualche chilo... Sono tempi difficili.”
Secondo Sterling, l’incoscienza e l'ingenuità dei geek crea
problemi di difficile soluzione per le future generazioni. “Non solo
siamo incapaci di risolvere i casini attuali - dice Sterling - ma la
rivoluzione digitale sta creando nuove problematiche”. Il nostro
sollecita un urgente reality check: “Datevi una svegliata,
gente: state vivendo in un’illusione. Siete troppo vecchi, cari
ventenni, per non considerare i danni collaterali delle vostre
invenzioni”. Ah, alla medesima conclusione era giunta Rebecca Solnit.
Esistono alternative valide a questa situazione
oggettivamente deprimente? Hmmm. Poche. Vaghe. Sterling loda gli
approcci costruttivi di Joi Ito, direttore del MIT Media Lab, dell'antropologa dei new media Mimi Ito
e dei makers di Arduino e del 3D printing - seppure con qualche
riserva: “Il fatto che si tratti di un nuovo fenomeno non significa che
sia necessariamente interessante... E’ presto per dare giudizi
definitivi. Mi preoccupa, per altro, l’estetica spazzatura e la totale
assenza di una logica produttiva sensata da parte dei nuovi makers.
Siamo ancora in una fase di pura sperimentazione, una fase permeata da
una logica che si esaurisce nel puro gadget, condizionata dall’effetto
WOW...”
La retorica della Silicon Valley - il kool-aid del
determinismo tecnologico - richiede una disamina critica. Per questo
motivo, le voci fuori dal coro, come quella di Sterling, andrebbero
ascoltate con la massima attenzione. Vendere fumo digitale, nel 2013,
non è solo sciocco. E' irresponsabile.
Il discorso integrale di Bruce Sterling è disponibile su SoundCloud. Ovviamente.
Immagine: Bruce Sterling by vonlampard via flickr
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