Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

venerdì 26 luglio 2013

Tito Lucrezio Caro (?)

Da WikiPedia:

La rivoluzione lucreziana

Lucrezio si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo che aveva declinato in favore dello stoicismo.
La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana: non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le acque", come dirà Virgilio ad un Enea che parla alla Sibilla Cumana; non c'è un intelletto seminale in ognuno di noi che è parte integrante del Divino e che farà ritornare tutto attraverso i tempi; ma un mondo che non è unico nell'universo, che peraltro è infinito, anzi esso stesso è uno dei possibili mondi tutti esistenti o che esisteranno.
Non c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed un giorno perirà nel suo tempo.
La religione, considerata come Instrumentum regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile come utile ma falsa.
Egli afferma fin dal 1°libro del De rerum natura:
"Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai terribili detti Dei vati, forse cercherai di staccarti da noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori!"
("De rerum natura", vv. 101-106)

Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dei, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che regge il mondo è la Divina Voluptas: il piacere, la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra.
Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice.
Non solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per la salvezza di Roma.

L'angoscia esistenziale

Lucrezio riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen, la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici).
Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a uno stato di depressione di cui era affetto.

Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo Leopardi, che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.
Questi elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi e dal loro destino di dolore e morte.
Altri studiosi, però ritengono che l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione salvifica della ratio epicurea.

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