Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

lunedì 2 dicembre 2013

Attualità di H.P. Lovecraft

di Valerio Evangelisti

1. Le cose oltre la soglia

Howard Phillips  Lovecraft  conta  ammiratori entusiastici e
detrattori accaniti.  Liberato  di  ogni  passionalita',  si
rivela   a   mio   giudizio   come  autore  davvero  grande.
Intendiamoci, sul piano  meramente  letterario resta lontano
(anche se non poi tanto) da Edgar Allan Poe: di quest'ultimo
gli mancano umorismo, senso del grottesco, verve  letteraria
e  malleabilita'  tematica.   Tuttavia l'opera di Lovecraft,
quanto meno nei suoi esempi migliori, ha una consistenza, un
potere di suggestione, una  carica  tragica e visionaria che
ne sovrastano di gran lunga i difetti.  Il tema dei racconti
piu' noti e' sempre lo stesso,  e  riguarda  la  sotterranea
sopravvivenza  di  culti  ancestrali,  risalenti  a un tempo
imprecisato  in  cui  la  terra  era  dominata  da divinita'
minacciose e da  enigmatici  guardiani.   Quelle  divinita',
appartenenti a un pantheon cosmico facente capo ad Azathoth,
dio   pazzo  e  cieco  che  urla  al  centro  dell'universo,
attendono solo l'occasione  di  varcare  nuovamente le porte
che  li  separano  dai   loro   antichi   possedimenti   per
riprenderne  il controllo.  E l'occasione pu• essere fornita
dal rinverdirsi di religioni  proibite,  dalla lettura di un
libro maledetto o  dall'aprirsi  occasionale di una  fessura
spazio-temporale.

In  pratica,  in  ogni  crepa  del  reale  si  celano mostri
indescrivibili e  incomprensibili,  che  spiano  i  passi di
un'umanita' troppo sicura di se stessa e della solidita' del
contesto in cui si muove.  Si  nota  subito  un'impostazione
antipositivistica   e   una  critica  radicale  all'idea  di
progresso: il futuro  non  ci   riserva che incubi, ne' c'e'
speranza di sottrarci alle forze che ci attendono al  varco.
Ma  ci•   non  implica in alcun modo l'adesione a culture di
tipo "tradizionale".  Per queste ultime la stagione migliore
dell'umanita'  -  negli   ordinamenti,  nelle  scienze,  nei
traguardi di pensiero - appartiene a un passato lontano  che
va  riconquistato.  Invece, per Lovecraft, il passato remoto
e' terrificante quanto il  futuro,  e  solo il presente e il
passato prossimo, semmai, garantiscono una fragile  parvenza
di  "normalita'".   E' abbastanza evidente che l'autore vive
in un'epoca  segnata  dall'incertezza,  in  cui  tutto si e'
relativizzato.  Lo si vede confrontando le sue tematiche con
quelle di altri scrittori del filone da  lui  definito dell'
"orrore soprannaturale".  Almeno nei piu' noti, l'avversario
tipico del mostro  e'  lo scienziato,  l'uomo  che  fa  lume
sugli  angoli  bui.   Cosi'  l'antagonista di Dracula e' Van
Helsing, medico che indaga l'occulto con metodi scientifici;
lo stesso  dicasi  per  il  dottor  Hesselius,  nemico degli
spettri e dei vampiri di Le Fanu, e  per  altri  "indagatori
dell'occulto"   letterario.   Anche  quando  e'  proprio  lo
scienziato a creare  l'essere  mostruoso,  come  nel caso di
Frankenstein o del dottor  Jekyll,  e'  poi  egli  stesso  a
condurre,  o  a  cercare di condurre, la lotta contro la sua
creatura.  Si tratta, in pratica, di  incidenti  di percorso
sulla via di un progresso  visto  si' come irto di pericoli,
ma anche come inevitabile.  La visione di Lovecraft  -  come
anche  quella  di Jean Ray, che con l'americano condivide il
titolo di  maggiore  autore  di  letteratura  fantastica del
nostro secolo - e' radicalmente diversa.  Per l'umanita' non
c'e' alcun futuro, ma solo un'agonia piu' o meno lunga.

E non c'e' nessun dio da chiamare in  soccorso:  proprio  le
divinita'  sono  la  minaccia.  Quanto alla scienza, sebbene
sia  menzionata  raramente,  non rappresenta affatto un'arma
di difesa.   E'  stata  anzi  proprio  essa  a  rivelare  un
universo  desolato  e  gelido,  del  tutto indifferente alle
creature che lo popolano.  In  un  cosmo del genere, le sole
entita' con diritto di cittadinanza non possono  che  essere
le  abominazioni  striscianti  e mucillaginose acquattate in
anfratti insondabili o nel buio delle profondita' oceaniche,
dove conducono un'esistenza barbarica  e idiota.  Il nome di
"dei" spetta loro non perche' creino alcunche',  o  regolino
il  selvaggio  dominio  del  caos,  ma solo per via del loro
diritto di  progenitura  sugli  altri  esseri  viventi.  Uno
scenario analogo a quello disegnato da Lovecraft -  o  anche
da  Hodgson,  autore molto  affine  per temi e suggestioni -
non  poteva  essere  concepito   negli  anni  della  scienza
trionfante.  Occorreva che Einstein ridimensionasse la sfera
dell'uomo nello  spazio  e  nel  tempo,  che  Freud  e  Jung
portassero  alla  luce  l'orda  di  fantasmi celata sotto la
logica  e  l'intelligenza,   che  la  meccanica  quantistica
incrinasse  la  stessa nozione di  reale,  dimostrando  come
alla  base  di  ogni  legge  di natura vi siano causalita' e
anarchia.

I Magri Notturni di Lovecraft,  cosi' come il Grand Nocturne
di Jean Ray o la fauna abissale  di  Hodgson non sono  altro
che  i  fantasmi  vermiformi  venuti allo scoperto quando la
conoscenza  scientifica  ha   rimosso   le   pietre  su  cui
poggiavano certezze risultate effimere.  In  altra  sede  ho
definito  la fantascienza come quel filone della letteratura
popolare che situa le proprie  storie nel contesto dei sogni
e  degli  incubi  generati   dallo   sviluppo   scientifico,
tecnologico  e  socio-economico  di  un'epoca  data.   Se si
accetta questa definizione,  Lovecraft  ci appare come pieno
scrittore di science  fiction  (come  avevano  a  suo  tempo
intuito  Fruttero  e  Lucentini),  anche  se  adotta  moduli
apparentemente  mutuati dal genere horror.  Nessuno come lui
appare integralmente  e  coscientemente immerso nel contesto
della scienza del  suo  tempo.   Nessuno  come  lui riesce a
cogliere la sconvolgente portata di nuove scoperte destinate
a diffondere ombre dove si  supponeva  essere  chiarezza,  e
gelo  dove  si  cercava calore.  Sono quelle le vere fessure
che incrinano la trama del reale, nella disincantata visione
lovecraftiana.  Al  di  la' regna un'angosciosa  notte senza
fine, nella quale tutte le paure possono  prendere  corpo  e
sangue,  e  rivendicare  l'antico  dominio che la conoscenza
umana pensava di avere dissolto per sempre.

2. La morsa del freddo

Se Lovecraft cerca spesso  di  ispirarsi  a Poe, tra l'altro
suo conterraneo, non ne fa propria, se non in minima  parte,
la  tematica  piu'  caratteristica: quella della corruzione,
del  disfacimento  della  carne  e delle cose.  Anche quando
sembra accostarvisi, come in Il colore venuto dallo  spazio,
non  riesce  a  far trapelare dalle pagine del racconto quel
senso di disagio quasi fisico  che provocano La caduta della
casa degli Usher, Ligeia, Il seppellimento prematuro  e  gli
altri  racconti  di Poe imperniati sul senso di morboso e di
malsano.  Persino il  malriuscito Herbert West, rianimatore,
oppure il brillante Nella cripta, che trattano di cadaveri e
di decomposizione, non sono in  alcun  modo  paragonabili  a
Monsieur  Valdemar o a racconti analoghi.  Si intuisce che i
terrori che Lovecraft coltiva  sono completamente diversi da
quelli del  suo illustre predecessore (do' qui per  scontato
che ogni autore di racconti destinati a fare paura si ispiri
in primo luogo alle proprie paure, come mi sembra naturale).
Poe  teme  la catalessi, la putrefazione mentre si e' ancora
in vita, il  verme  che  rode  dall'interno.  Tutte metafore
della  malattia.  Invece  Lovecraft teme in primo  luogo  il
freddo.   Nella vita (della sua patologica idiosincrasia per
le  basse  temperature hanno parlato tutti i biografi) cosi'
come nella tematica letteraria.   Lo dimostra, pur cambiando
intenzionalmente le carte in tavola (qui e'  il  freddo  che
preserva  e  il  caldo che uccide), nello splendido racconto
Aria fredda,  uno  dei  suoi  migliori.   Lo esplicita senza
rischio di equivoci nel romanzo Alle montagne della  follia,
la  cui  parentela col Gordon Pym e' del tutto superficiale.
Lo evoca nelle gelide folate  cariche di terrori che spirano
nel finale di racconti come La citta' senza nome, La  palude
della  luna,  La  musica  di  Erich  Zann, preannunciando il
peggio.

Ma anche nel nucleo portante  del "Ciclo di Cthulhu" il gelo
ricorre come mantello che copre  orrori  indescrivibili,  li
anticipa,  li rivela.  Si tratti di cantine, di spifferi, di
riferimenti  al  buio   pianeta   Yuggoth,   di  squarci  su
profondita' siderali vuote e  nemiche,  la  vera  ossessione
lovecraftiana  non  pu•  essere  fraintesa.  La dissoluzione
temuta da Poe e'  prodotta  dal  calore umidiccio e mefitico
che nasconde morbi insinuanti e strozza il respiro.   Non  a
caso,  elemento  ricorrente di alcuni dei suoi racconti piu'
suggestivi  e'  la   nebbia   che   scaturisce   da  terreni
paludosi.  Al contrario, ci• che domina in Lovecraft  e'  il
ghiaccio,  visto non come fattore di purezza, ma come indice
di straniamento.   Nel  delirante  universo lovecraftiano e'
proprio l'estraneita' che permea ogni cosa e si condensa  in
minaccia.     Estranee  e   lontanissime   sono  le  assurde
divinita' che rivendicano la propria dimenticata supremazia;
aliene  all'umanita'  sono  le  creature  inconoscibili  che
giacciono addormentate  nelle  viscere  della  terra; impla-
cabilmente soli sono i protagonisti  delle  storie,  che  si
smarriscono  in  sogni  bizzarri  e mostruosi o che vagano a
tentoni tra gente inconsapevole che non riesce a comprendere
l'impronunciabile  verita'  di   cui   sono  portatori.   Il
racconto  giovanile  L'estraneo,  piu'  che  una  sorta   di
confessione  autobiografica,  e' il preannuncio di un'intera
linea narrativa che sara'  perseguita con assoluta coerenza.
Non e' dunque la morte cio' che i  personaggi  di  Lovecraft
paventano piu' di  ogni cosa.  E' piuttosto  l'estraniamento
definitivo,  la  calata in un mondo alieno trasportati dagli
artigli di creature  da  incubo.  Anche in un breve racconto
francamente odioso come  La  strada  -  storia  di un sereno
quartiere  anglosassone   progressivamente   degradato   dal
meticciato,  dall'immigrazione  e  dalla  diffusione di dot-
trine sovversive -  cio' che  l'autore  teme  e' in fondo la
perdita di punti di  riferimento,  qui  individuati  in  una
cultura  e  in  un  modo di vita.  Razzismo tutto diverso da
quello   di  un  Hitler,  che  nella  contaminazione  etnica
vedeva piuttosto avanzare la malattia e la degenerazione del
sangue, obbedendo a  un terrore  inconscio (era nato  da  un
matrimonio tra consanguinei).

Lungi  dall'essere  spaventato dalla corruzione della carne,
Lovecraft teme piuttosto la disincarnazione, lo scioglimento
da ogni ancoraggio e  l'ingresso  in una dimensione nebbiosa
non per calore, ma per gelo totale.  In questo senso, i suoi
incubi sono di una modernita' affascinante.  Il concetto  di
alienazione  trova in lui una rappresentazione condotta agli
estremi limiti, in forma  di  angosciosa  metafora; l'anomia
connessa a una "modernita'" distruttrice viene personificata
in dei distanti e folli pronti a  regnare  su  un  mondo  di
folli.   Non a caso i suoi protagonisti solo di rado vengono
uccisi: o  si  disperdono  in  una   diversa  dimensione,  o
vengono rapiti  e  sottratti  al  loro  mondo,  o  subiscono
metamorfosi raccapriccanti ed escludenti, o impazziscono per
visioni  che  non  riescono  a  comunicare,  come  accade ai
lettori del misterioso Necronomicon.   A fronte di una sorte
del genere - la fuoriuscita, vivi,  dal  mondo  -  la  morte
fisica e' in fondo il male minore.

Ogni  passo verso il futuro apre spiragli attraverso i quali
si puo' essere  risucchiati  nel  nulla,  nel freddo che non
corrode ma disperde.  In questo senso  Lovecraft  e',  molto
piu'  di  Poe,  interprete  del delirio schizofrenico, e con
cio' molto  piu'  vicino  all'angoscia  vera,  che nasce dal
profondo.  Il raffinato Poe produce  terrori  tutto  sommato
carnali, dall'effetto studiato: l'assai piu' rozzo Lovecraft
pro-   duce  invece  allucinazioni  rarefatte,  in  cui  ali
membranose e  mucillagini  sono  allusive  dello smarrimento
esistenziale in un mondo senza calore e  senza  significato,
come  forse  era  la  terra  quando  vi  regnavano  i Grandi
Antichi, ma come  certamente  e'  la  societa' nell'era - ai
tempi  di  Lovecraft  incombente,  oggi  effettiva  -  della
reificazione totale.

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