di Patrizia Poli
Oscar Wilde fece confusione fra vita e opera, tentando di gestire 
artisticamente la propria esistenza. Fu un personaggio molto in vista, 
l’esponente principale del Decadentismo inglese, come Baudelaire lo fu 
per la Francia e d’Annunzio per l’Italia; anzi, possiamo dire che Wilde fu l’estetismo inglese.
Con Decadentismo intendiamo un genere letterario e un atteggiamento
 che impregna di sé tutta la fine del secolo. Il termine fu usato per la
 prima volta da Verlaine, riferito alla pittura impressionista. In 
Inghilterra il romanticismo è messo in crisi dal compromesso vittoriano 
che si basa sulla grandezza inglese, sul filantropismo, sulla fiducia 
nella scienza. Gli ideali di uguaglianza e libertà sono accantonati, 
impera il romanzo di Dickens e Thackeray, incentrato sullo step up e
 sempre a lieto fine. La spina dorsale dell’Inghilterra economica è la 
classe mercantile che fa suo il moralismo  calvinista e puritano. Il 
giudizio della società diventa più importante di quello divino, il sesso
 è un tabù. È promulgata una legge contro gli omosessuali maschi (non 
contro le femmine perché nessuno ha il coraggio di spiegare alla regina 
che esistono anche donne omosessuali) Wilde finirà in galera, a Reading 
Gaol proprio perché ammetterà di essere omosessuale. Wilde non si cura 
di nascondere le proprie tendenze, convinto della necessità di abbattere
 le convenzioni moralistiche in favore delle esperienze. Ostenta 
l’amicizia con il suo Basil, cioè Lord Alfred Douglas, la grande passione della sua vita.
 Il processo che deriverà da quest’amicizia, significherà la sua fine 
come scrittore e come uomo. È una tragedia della cui portata Wilde sarà 
consapevole fin dall’inizio e che sembra da lui quasi cercata. Al 
processo non si discolperà in nome della legittimità del suo essere gay.
 Pagherà di persona le proprie idee e darà l’ultima, definitiva, 
pennellata ad una vita artistica, non scevra, però, dal senso di colpa, 
che si ritrova in tutti i poeti decadenti, compreso d’Annunzio.
Poiché, dunque, tutti gli ideali romantici sono in crisi, si tenta di 
sostituire a essi le sensazioni, nasce così l’estetismo. Le sensazioni 
non sono più intese come la parte più bassa dell’uomo ma sono rivalutate
 in una prospettiva gnoseologica come forma di conoscenza. Il 
decadentismo inglese è una nuova fiammata romantica che brucia di 
sensazioni. Wilde, nato nel 1854, è culturalmente anglo-irlandese,  
influenzato dalla cultura dublinese della metà dell’Ottocento, dai movimenti estetizzanti di Oxford e dalla Francia. In lui manca completamente la componente puritana, il suo approccio alla vita è nel senso del godimento.
Wilde fa passare in secondo piano 
pittori e poeti importanti come i Preraffaelliti, Ruskin, Pater, 
Swinburne, con i quali l’estetismo ha una vita più sotterranea, mentre 
lui lo pubblicizza e porta nei salotti, dove fa presa con la sua vita, 
la conversazione, gli atteggiamenti. Ma tutti gli artisti suoi 
contemporanei entrano nella sua cerchia e lo influenzano. Morris incarna un estetismo pratico che vorrebbe cambiare la vita e legarla all’arte.
 Ruskin propugna il ritorno alla bellezza individuale, ai modelli 
ellenici, al gotico nordico. Pater vuole la liberazione dal 
cristianesimo, che impedisce all’uomo di godere sensualmente della vita 
terrena. Egli tende “all’arte per l’arte”, intesa come ricerca estetica e
 non più spirituale. Dante Gabriel Rossetti auspica il ripristino della 
pittura preraffaellita, essenziale e non di maniera. In realtà il suo 
tratto sarà botticelliano, languido, raffinato, di un sensualismo 
torbido e malinconico che riflette la spossatezza, il disagio, la 
mancanza d’ideali dell’epoca. L’amore stilnovistico è sensualizzato e la
 Beatrice di Rossetti ha proprio quel misto d’innocenza e perversità che
 tanto piace a Wilde. Swinburne è il maggiore poeta del decadentismo 
inglese, ripropone il ritorno alla paganità, alla pienezza della vita 
goduta e vissuta in tutte le sue esperienze.
Caratteristica 
delle prime opere di Wilde è l’ammirazione decadente del rinascimento e 
di Shakespeare, cui s’ispirano le sue prime poesie.
O listen ere the searching sun
Show to the world my sin and shame
(San Miniato)
To drift with every passion till my soul
Is a stringed lute on which all winds can play
(Helas!)
Requiescat, scritta in memoria di una sorellina morta a sedici anni, è una tipica espressione preraffaellita, con qualcosa di gotico.
Tread lightly, she is near
Under the snow
Speak gently, she can hear
The daisies grow
All her bright golden hair
Tarnished with rust,
She that was young and fair
Fallen to dust.
Lily-like, white as snow,
She hardly knew
She was a woman, so
Sweetly she grew.
Coffin board, heavy stone,
Lie on her breast,
I vex my heart alone,
She is at rest.
Peace, peace, she cannot hear
Lyre or sonnet,
All my life buried here,
Heap earth upon it.
Il giglio è ambiguo, è un fiore innocente ma dal profumo intenso, 
diventa qui simbolo di sessualità, come il “gelsomino notturno” del 
Pascoli. Nella poesia Madonna mia, dove ritroviamo l’immagine del giglio (come anche in Ave Maria Gratia Plena) abbiamo un chiaro esempio di stilnovismo preraffaellita.
And longing eyes half veiled by slumberous tears
Like bluest waters seen through mists of rain [...]
And white Throat, whiter than the silvered dove,
Through whose wan marble creeps one purple vein.
In Ave Maria Gratia Plena l’immagine della Madonna inginocchiata,
 “a kneeling girl with passionless pale face” ci rimanda a un concetto 
estetico, grazioso, della religione. Tutta la scena è senza passione, un atto di pura bellezza.
 Wilde tende a confondere l’etica con l’estetica e la Chiesa cattolica 
attira l’estetismo inglese perché fa appello ai sensi, fra paramenti, 
icone, inni e snervanti odori d’incenso.
Si richiama a Shelley, a D’Annunzio e ai quadri di Whistler, il quadretto in giallo In the gold room, con immagini impressioniste e corrispondenza fra suoni e colori.
Her ivory hands on the ivory keysAnche in Le Panneau c’è una descrizione, appunto, da pannello decorativo:
Strayed in a fitful fantasy,
Like the silver gleam when the poplar trees
Rustle their pale leaves listlessly,
Or the drifting foam of a restless sea
When the waves show their teeth in the flying breeze
Her gold hair fell on the wall of gold
Like the delicate gossamer tangles spun
On the burnished disk of the marigold
Or the sunflower turning to meet the sun
When the gloom of the jealous night is done
And the spear of the lily is aureoled.
And her sweet red lips on these lips of mine
Burned like the ruby fire set
In the swinging lamp of a crimson shrine,
Or the bleeding wounds of the pomegranate,
Or the heart of the lotus drenched and wet
With the spilt out blood of the rose-red wine.
Under the rose tree’s dancing shadeCon The harlots house, del 1885, Wilde supera il mero decorativismo dei suoi inizi, convogliando un messaggio di disgusto e stanchezza per la “deboscery”:
There stands a little ivory girl,
Pulling the leaves of pink and pearl
With pale green nails of polished jade.
Love passed into the house of lust.
Lo fa con parole come harlot, cigarette e automatons, che sono nuove per la poesia dell’epoca. La sarabanda di automi ci ricorda Mary Shelley, Poe e Baudelaire. Molto più riuscita e malinconica è To L.L.,
 dedicata alla moglie e al senso di colpa che aleggia nell’animo del 
poeta dopo la fine della famiglia e dell’amore. Non è più lo stile 
preraffaellita a saturare la poesia di odori e colori, bensì 
un’atmosfera triste e crepuscolare, che ci ricorda La pioggia nel pineto di d’Annunzio.
Could we dig up this long-buried treasure,
Were it worth the pleasure,
We never could learn love's song,
We are parted too long.
Could the passionate past that is fled
Call back its dead,
Could we live it all over again,
Were it worth the pain!
I remember we used to meet
By an ivied seat,And you warbled each pretty word
With the air of a bird;
And your voice had a quaver in it,
Just like a linnet,
And shook, as the blackbird's throat
With its last big note;
And your eyes, they were green and grey
Like an April day,
But lit into amethyst
When I stooped and kissed;
And your mouth, it would never smile
For a long, long while,
Then it rippled all over with laughter
Five minutes after.
You were always afraid of a shower,
Just like a flower:
I remember you started and ran
When the rain began.
I remember I never could catch you,
For no one could match you,
You had wonderful, luminous, fleet,
Little wings to your feet.
I remember your hair - did I tie it?
For it always ran riot -
Like a tangled sunbeam of gold:
These things are old.
I remember so well the room,
And the lilac bloom
That beat at the dripping pane
In the warm June rain;
And the colour of your gown,
It was amber-brown,
And two yellow satin bows
From your shoulders rose.
And the handkerchief of French lace
Which you held to your face -
Had a small tear left a stain?
Or was it the rain?
On your hand as it waved adieu
There were veins of blue;
In your voice as it said good-bye
Was a petulant cry,
'You have only wasted your life.'
(Ah, that was the knife!)
When I rushed through the garden gate
It was all too late.
Could we live it over again,
Were it worth the pain,
Could the passionate past that is fled
Call back its dead!
Well, if my heart must break,
Dear love, for your sake,
It will break in music, I know,
Poets' hearts break so.
But strange that I was not told
That the brain can hold
In a tiny ivory cell
God's heaven and hell.
Ed eccoci a The Ballad of Reading Gaol, del 1898, che nasce da un dolore profondo e sentito. Il tema è l’impressione suscitata in carcere dall’arrivo di un condannato a morte,
 un soldato che ha ucciso la sua donna nel sonno, perché ubriaco. Le 
immagini e l’atmosfera ricordano il romanticismo di Coleridge. Qui Wilde
 si distacca dall’egoismo decadente - che considera la vita come 
un’esperienza di raffinamento personale - in favore di un sentimento di solidarietà.
Yet each man kills the thing he loves
By each let this be heard,
Some do it with a bitter look,
Some with a flattering word.
The coward does it with a kiss.
The brave man with a sword!
Some kill their love when they are young,
And some when they are old;
Some strangle with the hands of Lust,
Some with the hands of gold:
The kindest use a knife, because
The dead so soon grow cold.
Some love too little, some too long,
Some sell, and others buy;
Some do the deed with many tears,
And some with a sigh:
For each man kills the thing he loves
Yet each man does not die.
L’autore oscilla fra il superamento della morale comune e i sensi di colpa collegati anche alla paura della morte.
Wilde ha scritto anche molte fiabe, nate con i suoi figli, negli anni 
tranquilli del matrimonio, prima del processo e della prigione. Anche 
qui è dibattuto l’eterno conflitto fra estetica ed etica. The Happy Prince narra l’amore innaturale ma purissimo fra  una rondine e una statua.The Nightingale and the Rose è
 anch’essa basata sul connubio amore-morte, tanto caro ai decadenti - 
così come agli scapigliati italiani, fra cui il quasi dimenticato Igino 
Ugo Tarchetti. L’amore, ci dice Wilde, non può esistere senza 
sacrificio. Ne Il gigante egoista è presente un senso di morbosità che si ricollega ad un interesse eccessivo per i bambini riscontrabile nel periodo vittoriano.
Secondo Wilde, in letteratura c’è bisogno di potenza fantastica, nei suoi saggi egli si oppone al realismo e critica Émile Zola. 
The only real people are the people who never existed.
La vita imita l’arte e non il contrario, è
 informe, l’ordine le è conferito solo dall’attività artistica 
dell’uomo. L’arte non esprime altro che se stessa. La critica è più 
creativa della creazione, la critica più alta è quella che rivela 
nell’opera d’arte ciò che l’artista non vi ha messo. 
The first duty in life is to be as artificial as possible.
La differenza fra romanticismo e decadentismo è che nel secondo si sono 
persi gli ideali. Gautier, Pater, Baudelaire, Mallarmè, Morris, Ruskin, 
Rimbaud, Huysman, con la loro sensibilità avvelenata, fin de siècle nervosa
 e corrotta,  costituiscono la seconda fiammata romantico-decadente, che
 si oppone alla tristezza di una vita meschina e monotona, basata sul 
pessimismo di Schopenhauer. L’uomo è mosso da una volontà immanente e 
cattiva, e vive una brutta realtà che va sostituita con una bella bugia.
 La natura è il corredo genetico che ci è imposto, l’artificio la nostra
 libera scelta.
The Portrait of Dorian Gray è un romanzo dell’orrore quasi 
gotico, forse assorbito dalla frequentazione di Le Fanù e Maturin. Il 
ritratto rappresenta la vecchiaia e la turpitudine dell’anima. La storia
 narra di Dorian Gray, giovane innocente, bellissimo e sensibile, che 
conosce il corruttore Henry Wotton, cinico, debosciato, stanco della 
vita e dei piaceri. La corruzione operata da Wotton su Gray, dal punto 
di vista wildiano è un’iniziazione alla vita dei sensi, alla conoscenza 
del mondo attraverso il piacere. Lo stato d’animo dei protagonisti è 
reso attraverso le sensazioni: odori spossanti, suoni, atmosfere 
languide, soffocanti ma non sgradevoli, come ne Il Piacere di D’Annunzio. Nella prefazione Wilde afferma:
All art is at once surface and symbol. Those who go beneath the surface do so at their peril.
Tutto il Dorian Gray è un simbolo pericoloso per chi lo intuisce,
 un messaggio decadente di edonismo raffinato. Fino a che punto, si 
chiede l’autore, può arrivare un esteta prima di diventare un mostro 
come il ritratto? La biblioteca di Henry Wotton è un paradiso stile liberty,
 Dorian scopre Wagner e ne è travolto. Henry Wotton è colpito dal 
candore di Dorian, così pronto a essere plasmato, iniziato al “new 
edonism”, alla gioia di vivere, alla riscoperta del corpo, al 
rinascimento ellenista. Wotton è stanco dei piaceri fisici e vuole 
godere attraverso i sensi freschi di Dorian e tramite il plagio 
dell’anima altrui. 
L’armonia del corpo e dell’anima – quale immenso valore è in essa! Noi nella nostra stoltezza abbiamo separato le due cose e inventato un realismo che è volgare e un idealismo che è vacuo.
Henry
 si scaglia contro la società perbenista, vittoriana, industrializzata, 
capisce che è l’ambiente a inibire Dorian, reprimendolo. L’opera di corruzione è anche rivelazione.  Laddove
 il realismo è privo di anima e il romanticismo troppo ideale, 
l’edonismo parte dall’esaltazione dei sensi e giunge al superamento del 
dualismo spirito materia che aliena l’uomo. Il “new edonism” somiglia al
 neoplatonismo rinascimentale con in più il pessimismo di Schopenhauer. 
Attraverso l’affinamento dei sensi porta all’ideale. Non esiste bene o 
male ma solo bello o brutto. Si può curare l’anima con i sensi - ed i 
sensi con l’anima - il piacere conduce a una conoscenza che nessuna 
religione e nessuna dottrina filosofica sanno offrire.
Tutto il romanzo è un groviglio di contraddizioni che 
rappresentano la mente combattuta di Wilde, palestra di conflitti eterni
 fra immoralità e senso di colpa conseguente. Quando un esteta, un 
egoista, compie un gesto buono, lo fa per provare una nuova sensazione -
 e questo rientra nell’edonismo - oppure perché recita la commedia della
 bontà a completamento della creazione artistica della sua vita.
La trama del romanzo è faustiana. Il Faust di Marlowe siglava il 
suo patto col diavolo per la sete di sapere, quello di Goethe per amore,
 quello di Wilde lo fa per il piacere. Ma la consumazione dell’atto 
amoroso (eros) porta alla colpa e quindi all’espiazione attraverso la morte (thanatos).
 La vita di Dorian Gray non è felice, c’è sempre un freno che sciupa la 
degustazione dei piaceri terreni, egli è freddo e gelido. Non diventa un
 vero esteta perché non ha mai contemporaneamente un corpo e un’anima. 
Il nuovo edonismo fallisce.
La superficie del romanzo è costituita dalla trama, dall’eleganza dello 
stile, dall’omosessualità che aleggia non dichiarata. Il simbolo è 
l’invito a rompere con le convenzioni puritane della società, per 
godersi il frutto della vita di là dal bene e del male. Questa dottrina 
edonistica, però, non regge, porta all’abbrutimento, all’infelicità, al 
mostro che, nel finale, muore alla stregua di tutti i mostri del romanzo
 gotico. Il linguaggio è stracarico, raffinato, soffocante, suggestivo.
Concludiamo con Il ritratto di Mr W.H., un racconto del 1989. Mr 
W.H. è colui al quale Shakespeare dedicò le sue opere, probabilmente il 
ragazzo di cui era innamorato. Wilde lo ricollega alla sua storia 
d’amore con Lord Alfred Douglas. In comune con Il ritratto di Dorian Gray abbiamo
 il triangolo di uomini che si muovono in un’atmosfera di amicizia 
morbosa tendente all’omosessualità, e la figura centrale del bel 
giovinetto fatale, capace di scatenare un uragano nella vita 
sentimentale dell’artista.


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