Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 20 agosto 2013

Diogene di Sinope

Da WikiQuote:

[Alla domanda da dove venisse:]
Sono cittadino del mondo intero.
(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

Se i Sinopi mi hanno condannato all'esilio, io li condanno a restare in patria!
(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

[sulla masturbazione]
Magari bastasse strofinarsi il ventre per non avere più fame.
(citato in Diogene Laerzio, "Vite dei Filosofi", VI, 46, 69)

La folla è madre dei tiranni.
(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

[Interrogato sul perché parlasse con una statua:]
Mi alleno a chiedere invano!

(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

La libertà di parola è la cosa più bella per gli uomini.
(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

Durante un banchetto gli gettarono degli ossi, come a un cane.
Diogene, andandosene, pisciò loro addosso, come un cane.

"Olà uomini" gridò un giorno Diogene, e subito lo circondò una massa; ma egli la percosse col bastone, dicendo: "Uomini chiesi, non merde".

"Qual vino gusti di più?" gli chiesero. " L'altrui!".

Da WikiPedia:

[Alessandro] Si fece appresso a Diogene, andandosi a mettere tra lui e il sole:
"Io sono Alessandro, il gran re", disse. E a sua volta Diogene: "Ed io sono Diogene, il cane".
Alessandro rimase stupito e chiese perché si dicesse cane.
Diogene gli rispose: "Mi dico cane perché faccio le feste a chi mi dà qualcosa, abbaio contro chi non dà niente e mordo i ribaldi."
(citato in Diogene Laerzio, "Vita di Diogene il cinico")

Considerato uno dei fondatori della scuola cinica insieme al suo maestro Antistene, secondo Diogene Laerzio, storico greco antico, perì nello stesso giorno in cui Alessandro Magno trapassò a Babilonia.

Vita

La principale fonte di informazioni sulla sua vita è Diogene Laerzio.
Attratto dagli insegnamenti ascetici di Antistene, divenne presto suo discepolo, a dispetto della rudezza con la quale era trattato, e ben presto superò il maestro sia in reputazione che nel livello di austerità della vita.
Le storie che si raccontano di lui sono probabilmente vere; ad ogni modo, sono utili per illustrare la coerenza logica del suo carattere.
Si espose alle vicissitudini del tempo vivendo in una piccola vasca aperta che apparteneva al tempio di Cibele.
Distrusse l'unica sua proprietà terrena, una ciotola di legno, vedendo un ragazzo bere dall'incavo delle mani.
In viaggio verso Egina, venne fatto prigioniero dai pirati e venduto come schiavo a Creta ad un uomo di Corinto chiamato Xeniade.
Venendo interrogato sul suo prezzo, replicò che non conosceva altro scambio possibile che quello con un uomo di governo, e che desiderava essere venduto ad un uomo che avesse bisogno di un maestro.
Come tutore dei due figli di Xeniade, visse a Corinto per il resto della sua vita, che dedicò interamente a predicare le virtù dell'autocontrollo.
Ai Giochi Istmici tenne discorsi a pubblici consistenti che lo seguivano dal periodo di Antistene.
Fu probabilmente ad uno di quegli eventi che incontrò Alessandro il Grande.
La storia narra che Alessandro, affascinato dalla possibilità di incontrare faccia a faccia il famoso filosofo (nella sua botte), chiese se non ci fosse qualche desiderio che avrebbe potuto esaudirgli.
Diogene gli rispose di non frapporsi tra lui e il sole, al che Alessandro replicò: "Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene".

Morte

Alla sua morte, a 89 anni, sulla quale ci sono più testimonianze, i Corinzi eressero un pilastro alla sua memoria, sul quale v'era, inciso nel marmo, un cane di Paria.

Il pensiero

La virtù, per lui, consisteva nell'evitare qualsiasi piacere fisico superfluo: tuttavia Diogene rifiuta drasticamente, non senza esibizionismo, le convenzioni e i tabù sessuali, oltre che i valori tradizionali come la ricchezza, il potere, la gloria; sofferenza e fame erano positivamente utili nella ricerca della bontà; tutte le crescite artificiali della società gli sembravano incompatibili con la verità e la bontà; la moralità porta con sé un ritorno alla natura e alla semplicità.
Citando le sue parole, "l'Uomo ha complicato ogni singolo semplice dono degli Dei".
È accreditato come uno strenuo sostenitore delle sue idee, al punto da arrivare a comportamenti indecenti; tuttavia, probabilmente, la sua reputazione ha risentito dell'indubbia immoralità di alcuni dei suoi eredi.
Secondo quanto ci tramanda il sesto libro della "Vita dei filosofi" di Diogene Laerzio, Diogene è stata la prima persona conosciuta ad aver utilizzato il termine "cosmopolita".
Difatti, interrogato sulla sua provenienza, Diogene rispose: "Sono cittadino del mondo intero".
Si trattava di una dichiarazione sorprendente in un'epoca dove l'identità di un uomo era intimamente legata alla sua appartenenza ad una polis particolare.

"Durante un banchetto gli gettarono degli ossi, come a un cane. Diogene, andandosene, urinò loro addosso, come fa un cane."
(Diogene Laerzio, "Vite dei Filosofi",VI,46)

Molti aneddoti su Diogene riportano i suoi comportamenti paragonabili a quelli di un cane, e i suoi elogi per le virtù del cane.
Non è noto se Diogene sia stato insultato con l'epiteto "cinico" (da kynikos, l'aggettivo derivante da kyon, cane) ed abbia scelto di considerarlo un elogio, o se sia stato lo stesso filosofo a sceglierlo per sé.
Diogene riteneva che gli esseri umani vivessero in modo artificiale e ipocrita e che dovessero studiare gli atteggiamenti del cane.
Oltre a praticare in pubblico le fisiologiche funzioni corporee senza essere a disagio, un cane mangerà di tutto, e non si preoccuperà di dove dorme.
I cani vivono nel presente senza preoccupazioni e non si occupano di filosofia astratta.
Inoltre, sanno istintivamente chi è amico e chi è nemico, al contrario degli uomini, che o ingannano o sono ingannati.
Diogene aveva scelto di comportarsi come "critico" pubblico: la sua missione era quella di dimostrare agli antichi Greci che la civiltà è regressiva, e di dimostrare con l'esempio che la saggezza e la felicità appartengono all'uomo che è indipendente dalla società.
Diogene si fece beffe non solo della famiglia e dell'ordine politico e sociale, ma anche delle idee sulla proprietà e sulla buona reputazione.
Uno degli aspetti più clamorosi della sua filosofia era il suo rifiuto delle normali concezioni sulla decenza.
Secondo gli aneddoti, Diogene mangiava in pubblico, viveva in una botte, defecava nel teatro pubblico e non esitava ad insultare apertamente i suoi interlocutori.
I suoi ammiratori lo consideravano un uomo devoto alla ragione e di onestà esemplare.
Per i suoi detrattori era un folle fastidioso e maleducato.
Nonostante il suo aperto disprezzo per Platone e la sua filosofia astratta, Diogene ha una certa somiglianza con la personalità di Socrate, con il quale condivideva la missione di migliorare moralmente la società.
Secondo Diogene Laerzio, Platone definì Diogene "un Socrate impazzito".
Diogene venne considerato degno di rispetto persino da molti neoplatonici: scrive l'imperatore Giuliano:
a differenza dei cinici dell'epoca tarda "egli ubbidiva al dio di Pytho [Apollo] e della sua obbedienza non ebbe a pentirsi, e si sbaglierebbe a prendere per indizio di empietà il fatto che egli non frequentasse i templi e non venerasse le immagini e gli altari: Diogene non aveva niente da offrire, né incenso, né libagioni, né denaro, ma possedeva una giusta nozione degli dei e questo solo bastava. Perché egli li adorava con l'anima, offrendo il bene più prezioso, la consacrazione della sua anima attraverso il suo pensiero".
Per Giuliano il cinismo di Diogene è come una statua di Sileno che racchiude in sé l'immagine di un dio, e deriva anch'essa dal dio di Delfi, il creatore della filosofia greca.

Diogene ha ispirato anche il nome del "Diogene's Club", un immaginario club londinese per gentiluomini inserito da Sir Arthur Conan Doyle in vari racconti di Sherlock Holmes.

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