Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 13 agosto 2013

Ludwig Feuerbach

Da WikiPedia:

"Siamo situati all'interno della natura; e dovrebbe essere posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa? Quale contraddizione!"
(Ludwig Feuerbach, "Essenza della religione")

Attratto dal successo delle lezioni che Hegel teneva a Berlino, s'iscrisse nel 1824 in quella Università, seguendovi i corsi di logica, di metafisica e di filosofia della religione tenuti da Hegel:
"Bastò che per un semestre seguissi le sue lezioni e la mia testa e il mio cuore furono rimessi sulla loro via; io seppi ciò che dovevo e volevo: non teologia, ma filosofia!
Non vaneggiare e fantasticare, ma imparare! Non credere, ma pensare!".

Abbandonata così la teologia, nell’aprile del 1825 s’iscrisse alla facoltà di filosofia e l'anno dopo, per la necessità di contenere le spese del suo mantenimento, proseguì gli studi in Baviera, a Erlangen, nella cui Università, nel giugno del 1828, ottenne la laurea, discutendo la tesi, di stretta ortodossia hegeliana, "De ratione, una, universali, infinita": la ragione è una sola, universale ed infinita e in essa si risolve la coscienza del singolo.
Egli invia la dissertazione a Hegel, accompagnata da una lettera nella quale espone la sua convinzione della necessità che la filosofia, intesa come un idealismo panteistico, prenda il posto della religione, i cui concetti, compreso quello di Dio, e la cui visione del mondo sono ormai inadeguati.

Qualche settimana dopo la laurea, ottenne anche la libera docenza in filosofia, tenendo lezioni in quella Università, a partire dal 1829, sulla filosofia di Cartesio e di Spinoza, sulla logica e sulla metafisica, nelle quali egli accentua la contrapposizione tra finito e infinito, tra natura e spirito, attenuando la funzione della soluzione dialettica degli opposti, essenziale nel sistema hegeliano.

Nell'attività scientifica si realizza tra lo spirito e la natura una feconda unità, nella quale appare difficile la possibilità di una conciliazione tra la filosofia e la religione, come dimostra il fallimento della filosofia di Leibniz di giungere all'unità di ragione e fede e la contraddizione, riconosciuta dallo stesso Pierre Bayle, esistente tra i principi della ragione e i postulati della teologia, che lo portarono a proclamare la necessità della tolleranza religiosa e dell'indipendenza della morale dalla teologia.

Feuerbach pubblicò nel 1841 "L'Essenza del cristianesimo", libro che ebbe un clamoroso successo e fece di lui, per alcuni anni, non solo il leader della sinistra hegeliana, ma il punto di riferimento del movimento radicale politico tedesco.

La filosofia di Feuerbach

All'inizio Feuerbach si colloca nel solco della filosofia hegeliana, anche se già pone l'accento su elementi che lo allontaneranno da Hegel.
Così, nei "Pensieri sulla morte e l'immortalità", egli afferma con forza la connessione tra l'individualità e la sensibilità, propria di un corpo legato allo spazio e al tempo, e su questa base giunge a negare "l'immortalità" individuale.
Progressivamente egli matura la convinzione che la filosofia migliore abbraccia tutti coloro che si sono impegnati nella lotta per la libertà di pensiero, da Bruno a Spinoza a Fichte, e non ha il suo compimento in Hegel (come gli hegeliani ortodossi pensavano).

Il compito del libero uomo pensante, consiste, nell'anticipare con la ragione gli effetti necessari e inevitabili del tempo. Attraverso la negazione del presente si costituisce la forza per creare qualcosa di nuovo.
"Io alla religione ho dedicato tutta la mia vita" dirà Feuerbach; partendo dalla riflessione sul Cristianesimo, Feuerbach giunge a comprendere che la filosofia di Hegel è in realtà teologia filosofica.

Il compito dell'età moderna è consistito secondo Feuerbach, nella trasformazione e dissoluzione della teologia in antropologia.

Feuerbach afferma che "la vera dialettica non è un monologo del pensiero solitario con sé stesso, ma un dialogo tra l'io e tu".
L'uomo singolo non ha in sé l'essenza totale dell'uomo, come unità di vita, cuora e ragione; tale essenza è contenuta solo nella comunità, ossia nell'unità dell'uomo con l'uomo, fondata sulla realtà della differenza tra io e tu.
In questa prospettiva, l'amore diventa la realizzazione dell'unità del genere umano.
Il fenomeno religioso continuerà a rimanere al centro delle riflessioni di Feuerbach.

Essenza della religione, Teogonia

Nell'"Essenza della religione", egli prende in considerazione non soltanto il Cristianesimo, ma la religione in generale: essa ha la sua matrice nel sentimento di dipendenza dell'uomo dalla natura.

Contrariamente a quanto pensava Max Stirner, Feuerbach considera l'individuo un'entità non assolutamente autonoma, ma dipendente da una realtà oggettiva: la natura.
Per natura Feuerbach, in questa fase del suo pensiero, non intende più in primo luogo la natura dell'uomo, che si esprime sotto forma di sensibilità.
La natura è più in generale il mondo da cui l'uomo dipende: tale dipendenza si manifesta all'uomo sotto forma di bisogno.
Proprio dalla difficoltà di soddisfarlo nasce la religione.
Di fronte al carattere illimitato dei propri desideri e delle proprie aspirazioni l'uomo si rende conto del carattere limitato dei suoi poteri.
In questa situazione Dio viene immaginato come l'essere nel quale tutti questi desideri sono realizzati: a Dio, infatti, nulla è impossibile.

Ma questa concezione della divinità rappresenta soltanto la forma più sviluppata di religione.
All'origine, infatti, ciò che l'uomo divinizzò fu una natura non addomesticata, anche ostile, solo successivamente egli attribuì a questa natura caratteri simili all'uomo, sino a ravvisare nella natura stessa un ordine dovuto a Dio, inteso come principio ordinatore.
Solo per quest'ultima fase dello sviluppo della religione vale la tesi secondo cui Dio e i suoi attributi non sono altro che la proiezione di sentimenti e desideri umani.
Ma così facendo si è dimenticata la dipendenza essenziale dell'uomo dalla natura: questo è l'errore della forma più avanzata di religione, soprattutto del cristianesimo, che è dunque il più lontano dall'origine naturale della religione.
Nella sua ultima produzione teorica Feuerbach insisterà sull'importanza della conoscenza della natura e di un rapporto armonizzato dell'uomo con la natura stessa.
Ciò lo condurrà a guardare con interesse agli sviluppi di concezioni materialistiche nelle indagini scientifiche della metà del secolo e a continuare nella sua polemica antireligiosa.

Le tesi della "Essenza della religione" trovarono ulteriore sviluppo nelle pagine della "Teogonia" secondo le fonti dell'antichità classica, ebraica e cristiana, pubblicata dopo più di sei anni di intenso lavoro nel 1857.
La "Teogonia", ultima grande opera di critica della religione pubblicata da Feuerbach, si incentra su di una visione antropologica essenzialmente caratterizzata dalla condizione dell'uomo come essere desiderante.
Il processo teogonico che dà vita alla rappresentazione degli dei nella coscienza dell'uomo soddisfa in maniera inconscia i suoi desideri più cari: gli dei sono gli esseri in cui viene superata la contraddizione tra il volere ed il potere.
Nella "Teogonia" Feuerbach ricostruisce le cause ed i momenti fondamentali del processo teogonico attraverso l'analisi linguistica e psicologica del linguaggio dell'epica classica e delle fonti antiche ebraiche e cristiane.
La religione pagana appare come espressione di un'umanità i cui desideri sono ancora vicini alla natura; gli dèi degli antichi, sottoposti a loro volta alle leggi del fato e della necessità, sono solo i ministri della natura, non i suoi signori e creatori come il Dio cristiano.
I pagani volevano essere felici in vita e non rifiutavano i limiti della propria condizione mortale.
Ai molti desideri dei pagani si oppone l'unico desiderio dei cristiani, quello di una beatitudine ultraterrena ed in contrasto con tutte le leggi della natura.
Sacrificando le gioie quotidiane e realizzabili della terra, i cristiani aspirano a guadagnarsi gioie infinite nel cielo; in tal modo la pretesa morale cristiana fondata sull'amore del prossimo nasconde soltanto l'egoismo alienato dell'uomo cristiano.
Gli eroi omerici, al contrario, mostrano ancora i caratteri positivi di una virtù fondamentalmente atea che, senza misconoscere la finitezza dell'individuo, lo invita ad impegnare tutte le proprie forze materiali ed intellettuali per realizzare sulla terra le condizione concrete della propria felicità.

Nel 1850 egli recensisce favorevolmente "Lehre der Nahrungsmittel für das Volk" ("Dell’alimentazione: trattato popolare"), uno scritto di Jakob Moleschott sull'alimentazione, interpretata come la base che rende possibile il costituirsi e perfezionarsi della cultura umana: un popolo può migliorare migliorando la propria alimentazione.
Significativo è il titolo di uno scritto del 1862: "Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia"; cioè esiste un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio.
Dio è l'eco del nostro grido di dolore, Dio è una lacrima dell'onda versata nel più profondo dolore della miseria umana.
Il cristiano vede nel miracolo l'opera di Dio, ma il miracolo è detto così perché non conosciamo le leggi fisiche che hanno prodotto il fenomeno.

Tutti i popoli in principio sono religiosi, ma poi acquistano coscienza e si disalienano.
Il compito degli scritti di Feuerbach, come egli stesso afferma, è di abbattere le illusioni e i pregiudizi del presente, traendo la filosofia da quello che egli chiama il regno delle anime morte per reintrodurla nel dominio delle anime vive, radicalmente legate al corpo e alla sensibilità.
Per ora il problema è di trarre l'uomo fuori dal pantano in cui era sommerso , non ancora di rappresentare l'uomo quale è.
Si tratta in altre parole di dedurre dalla teologia la necessità di una filosofia dell'uomo, di un'antropologia, capendo gli errori concettuali del pensiero pregresso.
Questo è il compito che Feuerbach assume per il suo filosofare, provvedendo con i suoi scritti a renderlo noto ed accessibile.

Egli è infatti convinto, come dice nella premessa dei "Princìpi della filosofia dell'avvenire" (1843), che solo alle future generazioni sarà concesso di pensare, parlare e agire in modo puramente ed autenticamente umano.
In una delle sue ultime opere, "Spiritualismo e materialismo" (1866), Feuerbach ribadisce la sua concezione dell'individuo come organismo sensibile caratterizzato da bisogni, polemizza contro il dualismo di anima e corpo e, facendo proprio un punto di vista deterministico, nega l'esistenza del libero arbitrio.

Per molti aspetti le tesi di Feuerbach saranno uno spunto per il lavoro di Marx, che comunque non tarderà a criticare il lavoro di Feuerbach nelle "Tesi su Feuerbach"; nei "Manoscritti" del 1844 Marx definirà Feuerbach il solo che sia in un rapporto serio e critico con la dialettica hegeliana.

Da WikiQuote:

"Quanto più s'allarga la nostra conoscenza dei buoni libri, tanto più si restringe il cerchio degli uomini la cui compagnia è gradita".

"L'uomo è ciò che mangia".

"L'uomo proietta la sua essenza fuori di sé... l'opposizione del divino e dell'uomo è un'opposizione illusoria... tutte la caratteristiche dell'essere divino sono caratteristiche dell'essere umano".

"Se non si abbandona la filosofia di Hegel, non si abbandona la teologia".


Essenza del cristianesimo

L'essere assoluto, il Dio dell'uomo, è l'essere stesso dell'uomo.

Come l'uomo pensa, quali sono i suoi princìpî, tale è il suo dio; quanto l'uomo vale, tanto e non più vale il suo dio. La coscienza che l'uomo ha di Dio è la conoscenza che l'uomo ha di sé. L'essenza della religione in generale.

La religione precede sempre la filosofia, nella storia dell'umanità come nella storia dei singoli individui. L'uomo sposta il suo essere fuori da sé, prima di trovarlo in sé.
[…] La religione è l'infanzia dell'umanità.

Il nostro compito è appunto di mostrare che la distinzione fra il divino e l'umano è illusoria, cioè che null'altro è se non la distinzione fra l'essenza dell'umanità e l'uomo individuo, e che per conseguenza anche l'oggetto e il contenuto della religione cristiana sono umani e nient'altro che umani.

Il tempio non è che una testimonianza del valore che l'uomo attribuisce agli edifici.
I templi in onore della religione sono in realtà templi in onore dell'architettura.

Non l'attributo di divinità, ma la divinità dell'attributo è il primo vero essere divino.

Vero ateo, cioè ateo nell'abituale significato della parola, non è perciò colui che nega Dio, il soggetto, ma colui che nega gli attributi dell'essere divino, quali l'amore, la sapienza, la giustizia.
[…] Una qualità non è divina per il fatto che Dio la possiede, ma Dio la possiede perché essa in sé e per se stessa è divina, perché Dio senza di essa sarebbe un essere imperfetto.

Per arricchire Dio, l'uomo deve impoverirsi; affinché Dio sia tutto, l'uomo deve essere nulla.
[…] Ciò che l'uomo sottrae a se stesso, ciò di cui per sua natura è privo, se lo gode in Dio in misura incomparabilmente maggiore.

Quanto maggior valore i monaci attribuivano alla repressione della sensualità, tanto maggior valore aveva per essi la Vergine divina: sostituiva per essi perfino Cristo, perfino Dio.
Quanto più la sensualità viene negata, tanto più sensuale è il dio a cui si sacrifica la sensualità.

Che cosa dunque affermi, che cosa oggettivi tu in Dio? La tua propria ragione.
[…] Nel modo in cui pensi Dio, nel medesimo modo tu stesso pensi; la misura del tuo dio è la misura della tua intelligenza.

Non al Cristianesimo, non all'entusiasmo religioso, ma solo all'entusiasmo della ragione dobbiamo l'esistenza di una botanica, di una mineralogia, di una zoologia, di una fisica e di una astronomia.

L'amore di Dio per l'uomo, centro e fondamento della religione, è la prova più chiara, più irrefutabile che l'uomo nella religione contempla se stesso come un oggetto divino, come un divino scopo, e che i suoi rapporti con Dio non sono che rapporti con se stesso, con il suo proprio essere.

Lo Spirito Santo deve la propria esistenza personale soltanto a un nome, a una parola […] che sta a rappresentare unicamente il sentimento e l'entusiasmo religioso, l'amore e l'anelito della creatura verso il creatore.

La provvidenza è un privilegio dell'uomo; esprime la superiorità dell'uomo sugli altri esseri naturali; lo sottrae alla concatenazione di tutto l'universo.

Il miracolo scaturisce dal sentimento, e finisce nel sentimento. Il modo stesso in cui è narrato rivela questa sua origine. La narrazione che gli si conviene è soltanto la narrazione sentimentale.

Il miracolo, esaminato attentamente, null'altro esprime se non appunto la potenza taumaturgica della fantasia, che senza contraddizione adempie tutti i desideri del cuore.

Il concetto di specie scomparve col cristianesimo, e con esso il significato della vita di specie.
È, questa, una nuova conferma di ciò che abbiamo asserito osservando che il cristianesimo non ha in sé il principio della cultura.

Dio è amore significa che il cuore è il Dio dell'uomo.

Quando la morale viene fondata sulla teologia e il diritto su un'autorità divina, le cose più immorali, più ingiuste e più vergognose possono avere il loro fondamento in Dio e venir giustificate.

Porre alcunché in Dio, o derivare alcunché da Dio, null'altro significa che sottrarlo al controllo della ragione, significa porre alcunché come indubitabile, come inviolabile, come santo, senza volerne spiegare il perché.


Essenza della religione

Il senso di dipendenza dell'uomo è il fondamento della religione; ma l'oggetto di questo sentimento, ciò da cui l'uomo dipende e si sente dipendere, non è altro, in origine, che la natura.
La natura è l'oggetto primo, originario della religione, come dimostra ad usura la storia di tutte le religioni e di tutti i popoli.

Religione significa riconoscere ciò che io sono, prenderne atto.
Ma, anzitutto, io non sono un essere che possa esistere senza luce, senz'aria, senz'acqua, senza terra, senza cibo, indipendentemente dalla natura.

È una pura fantasia che l'uomo abbia potuto elevarsi al di sopra dello stato animale solo grazie alla provvidenza, all'assistenza di esseri "sovrumani", dei, spiriti, geni, angeli.

Non dai vertici, ma dalle profondità della natura viene tutto ciò che sostiene l'uomo nel suo agire conscio e volontario. [...] Queste entità ausiliatrici, questi spiriti tutelari erano, in particolare, gli animali.
Solo per mezzo degli animali l'uomo si sollevò sopra lo stato animale.

Questa importanza degli animali per l'uomo, specialmente ai primordi della civiltà, giustifica pienamente la venerazione religiosa di cui sono fatti oggetto.
Gli animali sono stati per l'uomo esseri indispensabili, necessari; da loro dipendeva la sua esistenza umana; ma ciò da cui dipende la vita, l'esistenza dell'uomo, è, per lui, Dio.

L'essere divino che si rivela nella natura non è altro che la natura stessa, che si rivela, si presenta e si impone all'uomo come un essere divino.

L'unità è sterile, fecondo è solo il dualismo, l'opposizione, la differenza.

Il mondo non ci è dato attraverso il pensiero, il pensiero, almeno, metafisico e iperfisico che astrae dal mondo reale e ripone in questa astrazione la sua vera, suprema essenza; ci è dato attraverso la vita, l'intuizione, i sensi.

La variabilità della natura, soprattutto nei fenomeni che più fanno sentire all'uomo la sua dipendenza da essa, è la ragione principale per cui essa gli appare come un essere umano, dotato di volontà, ed è oggetto della sua venerazione religiosa.


Citazioni

Del pensiero di Feuerbach si può in un certo modo dire ciò che fu detto di quello socratico: che esso aveva portato la filosofia di cielo in terra.
Il suo sforzo fu infatti quello di un'interpretazione umana ed umanistica della vita e dei valori di cultura.
(Antonio Banfi, dalla prefazione de "L'essenza del cristianesimo")

L'idea dominante in Feuerbach è l'idea di alienazione.
(Roger Garaudy)

L'errore di Feuerbach non sta nell'aver enunciato questo fatto (l'alienazione), ma nell'averlo reso autonomo idealizzandolo invece di interpretarlo come il prodotto di uno stadio di sviluppo storico determinato e superabile.
(Karl Marx)

L'essere è il soggetto, il pensiero il predicato: ciò significa che secondo Feuerbach l'idea è un riflesso del mondo e non il contrario.
L'effetto di questa dimostrazione, di questo rovesciamento fu incredibile nei giovani hegeliani.
"Per un momento fummo tutti feuerbachiani," scrive Engels.
(Roger Garaudy)

La critica di Freud, come quella di Feuerbach e di Nietzsche, ha ignorato completamente la dottrina cristiana della Trinità e, a proposito dello stesso Gesù Cristo, si basa su uno stadio della ricerca oggi nettamente superato che gli permetteva di liquidare con due parole la questione della sua storicità. (Raniero Cantalamessa) - PUAH ! -

La natura esiste indipendentemente dalla coscienza: fuori dalla natura e dall'uomo non ci sono che rappresentazioni fantastiche e illusorie.
Il sistema hegeliano veniva così rovesciato: là dove Hegel dice "spirito" Feuerbach dice "materia"; dove Hegel dice "Dio" Feuerbach dice "uomo".
Non è Dio che si aliena nell'uomo, è l'uomo che si aliena in Dio.
(Roger Garaudy)

Lo scopo di Feuerbach è di liberare l'uomo dalla religione, di realizzare l'unità dell'uomo con l'uomo.
Ed è questo umanesimo che Feuerbach chiama comunismo: l'uomo scisso dalla religione ritroverà la sua unità nel comunismo.
(Roger Garaudy)

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