Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 20 agosto 2013

Max Scheler

Da WikiPedia:

Biografia

Di madre ebrea e padre protestante si convertì al cattolicesimo, anche se nell'ultima fase della sua vita se ne allontanò.
Da giovane si appassionò alla lettura di Nietzsche e poi di Bergson.
Studiò medicina a München e successivamente filosofia e sociologia a Berlino con Wilhelm Dilthey, Carl Stumpf e Georg Simmel.
A Jena venne a contatto con il Neokantismo.
Nel 1899 ottenne l'abilitazione con la tesi su "Il metodo trascendentale ed il metodo psicologico" ("Die transzendentale und die psychologische Methode").
Dal 1900 al 1913 fu vicino alla fenomenologia di Edmund Husserl, ma non si considerò mai un allievo di Husserl.
Dal 1913 (uscita del primo volume del Formalismus) fino al 1927 (uscita di Essere e Tempo di Heidegger) fu considerato il maggior filosofo tedesco per le sue analisi sulla persona e sulla sfera affettiva (il fenomeno del risentimento, del pudore, della simpatia, dell'amare e dell'odiare, dell'umiltà, della meraviglia, della sofferenza, dell'angoscia della morte) in cui sviluppa e rivede molte tematiche nietzschiane con una sensibilità profondamente ispirata dal cristianesimo (per questo venne anche soprannominato il "Nietzsche cattolico").
Anche successivamente alla presa di distanza dal cattolicesimo continuò a porre al centro dei suoi scritti il problema di Dio e del sacro, contrapponendosi sia al processo di desacralizzazione del mondo e alle varie forme di relativismo sia al dogmatismo etico.
Per questo fu sempre di difficile collocazione, ma anche uno dei filosofi più segretamente influenti del XX secolo e diversi accenti del suo pensiero sono facilmente riconoscibili ad es. in Heidegger, in Maria Zambrano, nella fenomenologia della corporeità di Merleau Ponty, come anche nel testo di Hans Jonas sul concetto di Dio dopo Auschwitz.
Morì prematuramente a 53 anni.

Pensiero
Persona e atto

Il nucleo del suo pensiero è costituito dalla cosiddetta Materiale Wertethik (l'etica materiale dei valori sviluppata fra il 1913 eil 1916 nel Formalismus), come premessa per una teoria della persona e dei rapporti interpersonali.
Scheler vede nella riduzione kantiana della persona a soggetto logico della ragion pratica una spersonalizzazione della persona.
La persona non è neppure identificabile con l'Io, come soggetto della sfera psichica, o con un'anima dualisticamente contrapposta al corpo.
Non coincide neppure con lo spirito in quanto, come portatrice di valori attraverso l'esecuzione di atti, è la persona che rende concreto lo spirituale in una identità irriducibile: è lo spirituale fattosi visibile nell'individuale.
La persona è piuttosto un ordine del sentire (ordo amoris) che si esprime nell'atto: è "la concreta unità ontologica, in se stessa essenziale, di atti di diversa natura".
Ad ogni atto inerisce la persona nella sua totalità, ma senza esaurire nell’atto stesso il suo essere.
Nell'esecuzione dell'atto la persona diviene nel rapporto con gli altri.
Sempre in contrasto con Kant la persona realizza se stessa nell'atto agapico dell'amare.
Se nel Formalismus vigeva ancora una completa autonomia della persona nei confronti della vita, nell'ultimo periodo tale autonomia viene ripensata all'interno di un processo di sublimazione delle energie dal basso verso l'alto: la persona assume le proprie energie dalla sfera vitale, ma nella co-esecuzione dell'atto offre loro la possibilità di svilupparsi in una direzione completamente autonoma dalla logica vitale.
In tal modo, superando il dualismo anima-corpo, la persona finita diventa centro concreto di atti che si esprime in un corpo-vivo (Leib).

I limiti della critica di Schmitt al concetto di valore

La differenza fra il concetto di valore criticato da Schmitt e quello proposto da Scheler risulta evidente se si tiene presente che Schmitt ritiene che il principio costitutivo di ogni gerarchia dei valori indichi necessariamente un rapporto di forza fra i valori, per cui il valore superiore è quello capace d’imporsi "militarmente" sugli altri: un valore, per Schmitt, vale solo nella misura in cui "si fa valere con la forza".
Scheler al contrario sostiene che proprio i valori più alti sono quelli più fragili e trascurati dall'uomo.
L'azione etica per Scheler non consiste nell’eliminazione d’un valore in se stesso negativo, piuttosto bene è il volere il valore più alto in relazione alla solidarietà verso la comunità illimitata delle persone che amano.
Tale atto del preferire non implica però alcuna violenza verso il valore non scelto.
Al contrario i valori personali si affermano non distruggendo i valori economici, ma solo dopo che i valori economici sono stati «appagati» e rilasciano, in un processo di sublimazione, la loro energia ai valori superiori.
Nella storia, per Scheler, l'uomo si è sempre dedicato, tranne in rare e momentanee eccezioni, all'arte e alla cultura solo dopo aver appagato in qualche misura la fame e i bisogni primari.
Questi bisogni primari in sé non sono affatto negativi, ma assolutamente positivi.
Negativo è casomai l'assolutizzarli o il continuare a orientarsi ad essi, a scapito dei valori estetici o solidaristici, anche quando sono stati appagati.
Si può inoltre tracciare un parallelo fra la "gerarchia dei valori" di Scheler e la "gerarchia dei bisogni" di Maslow.

L'errore di Cartesio

L'errore di Cartesio consiste secondo Scheler nell'aver misconosciuto la funzione intermediatrice di tutto il sistema fisiologico e pulsionale che unifica psichico e fisico nel corpo-vivente, solo attraverso questo nuovo concetto di corporeità vivente "l’abisso che Descartes ha scavato fra anima e corpo è stato colmato da un’unità della vita divenuta tangibile. Naturalmente il fatto che quando un cane vede un pezzo di carne il suo stomaco inizi a secernere determinati succhi gastrici, risulta, dal punto di vista di Descartes, un miracolo assoluto: egli infatti elimina dalla sfera psichica il complesso della vita pulsionale e affettiva e tenta inoltre una spiegazione puramente chimico-fisica delle manifestazioni vitali anche relativamente alle loro leggi strutturali. […]
Che cosa direbbe però Descartes se gli si facesse vedere l’esperimento di Heyder, secondo cui la semplice suggestione del mangiare un cibo sortisce gli stessi effetti che si verificano a proposito di un mangiare effettivo?
Qui emerge l’errore, l’errore fondamentale di Descartes: l’aver misconosciuto completamente il sistema pulsionale nell’uomo e nell’animale.
È solo tale sistema che costituisce la mediazione e l’unità fra ogni autentico movimento vitale e il contenuto della coscienza".

La questione del dualismo cartesiano e l'impotenza dello spirito

Uno dei nodi attorno a cui è ruotata l'interpretazione dell'ultimo Scheler è quello relativo al dualismo cartesiano. Scheler a proposito afferma:

"In epoca moderna la teoria classica dell’uomo ha trovato la sua forma più efficace nella dottrina di Descartes, una dottrina che a dire il vero solo recentemente ci siamo impegnati a demolire completamente. Dividendo tutte le sostanze in "pensanti" ed "estese" Descartes ha introdotto nella coscienza occidentale una fitta schiera di errori, del tipo più grave, relativamente alla natura umana.
[…] Oggi possiamo affermare che il problema del rapporto fra anima e corpo-vivente, che per così tanti secoli non ci ha dato tregua, ha perso per noi la sua importanza metafisica.
I filosofi, i medici, gli scienziati che si occupano di questa questione convergono sempre di più verso una visione fondamentale unitaria.
[...] Fondamentalmente falsa risulta anche la tesi di Descartes secondo cui lo psichico coincide con la "coscienza" e risulta connesso esclusivamente alla corteccia cerebrale.
[…] È tutto il corpo-vivente che oggi torna prepotentemente ad essere quel campo fisiologico parallelo dei fenomeni psichici, che finora era stato limitato al cervello. Oggi non si può più parlare seriamente di una connessione esterna fra una sostanza psichica e una sostanza corporea così come era stato ipotizzato da Descartes.
Si tratta al contrario di un’unica e medesima vita che nel suo "esser-interno" assume la forma dello psichico e nel suo esser-in-relazione-all’altro assume la forma del corpo-vivente.
[…] Opponendoci nella maniera più risoluta a tutte queste teorie noi affermiamo che il processo vitale fisiologico e psichico risultano rigorosamente identici da un punto di vista ontologico".

L'interpretazione che riconduce Scheler al dualismo cartesiano, assimilando di fatto Scheler a Klages, ebbe vasta diffusione, probabilmente anche in quanto venne proposta con molta insistenza sia da Plessner che da Gehlen, e per certi versi dallo stesso Cassirer in un articolo del 1930.
Il dualismo si sarebbe inoltre accentuato nell'ultimo periodo in seguito all'allontanamento dal cattolicesimo fino a sfociare in un "dualismo panteista".
Questo canone interpretativo a metà degli anni Novanta è stato messo in discussione da G. Cusinato, notando che l'opposizione fra spirito e vita, che è in realtà già ben presente nel periodo intermedio (anche se non nel senso del dualismo cartesiano), nell'ultimo periodo, in concomitanza con l'elaborazione dell'antropologia filosofica, non può essere interpretato nel senso del dualismo cartesiano fra res cogitans e res extensa ma piuttosto della distinzione di due attributi spinoziani.
La questione decisiva è che dopo il 1923, il termine spirito (Geist) e persona non coincidono più.
Dopo il 1923 la persona diventa infatti un centro reale dotato di forza, che inaugura un inizio excentrico rispetto alla chiusura ambientale: diventa l'essere capace di Weltoffenheit, al centro dell'antropologia filosofica.
In questo nuovo contesto l'opposizione diventa semmai quella fra vita e intelletto: "non lo spirito, ma solo l'intelletto ipersublimato, che Klages confonde con lo spirito, è in un certo senso ostile alla vita".
Lo spirito invece diventa completamente impotente: "per sua natura e fin dall’inizio lo spirito non possiede alcuna energia propria".
A proposito del dualismo cartesiano Cusinato si chiede: con quali forze uno spirito originariamente impotente si potrebbe contrapporre dualisticamente alla vita? La soluzione consisterebbe in una rilettura del rapporto fra spirito (Geist) e impulso vitale (Drang) nel senso di una progressiva compenetrazione (il termine centrale per comprendere l'ultima fase del pensiero di Scheler non sarebbe dunque quello di "dualismo" ma di Durchdringung) a livelli sempre più complessi.
Tuttavia finché incentrato su di un concetto astratto di spirito, questo sembra rimanere un tentativo che non viene a capo di numerose ambiguità e aporie.
Una alternativa è eventualmente quella di rileggere il concetto di Geist attraverso quello di Bildung o di "compartecipatività".

Le nuove interpretazioni dell'antropologia filosofica

Negli ultimi anni sono emerse alcune nuove interpretazioni sull'antropologia filosofica di Scheler oltre il consueto orizzonte dell'opposizione dualistica fra vita e spirito.
J. Fischer, noto studioso di Plesser, in un poderoso volume ha messo in evidenza la necessità di superare il doppio pregiudizio interpretativo finora dominante sia nei confronti di Scheler (il dualismo fra spirito e vita) sia nei confronti di Gehlen (il riduttivismo naturalista) come presupposto per una rivalutazione complessiva del ruolo svolto dall'antropologia filosofica nella filosofia del XX secolo e in particolare del suo influsso in direzione della sociologia.
Invece secondo G. Cusinato l'antropologia filosofica nelle intenzioni di Scheler mantiene, nel bene e nel male, una valenza metafisica, e rimane diretta al cuore stesso della filosofia.

Al centro dell'antropologia filosofica di Scheler non ci sarebbe tuttavia la coppia Geist-Drang, ma piuttosto il concreto processo di formazione della persona, intesa come essere incompiuto.
La proposta è quella di passare da un'antropologia filosofica dello spirito (Geist) a un'antropologia filosofica della formazione (Bildung) basata sulla forza dell'esemplarità (Vorbild) altrui.

In tal modo si propone una convergenza ideale fra l'antropologia filosofica della formazione e le tematiche della cura sui sviluppate da P. Hadot e Foucault.

In questa ottica una particolare rilevanza assume l'interpretazione della riduzione fenomenologica come esercizio di autotrascendimento (presa di distanza critica dal sé abitudinario) e trasformazione (Umbildung).

Nessun commento:

Posta un commento

Salve, donatemi un pò dei Vostri Pensieri: