Da "http://www.igiornielenotti.it/?p=21767" (il testo originale):
Desidero
dedicare questo scritto, del nostro grande Dino Buzzati, a mia Moglie e
soprattutto a mia Figlia Agata, che un giorno ci sorprenderà nel cammino della
vita, improvvisamente cresciuta, e cavalcherà da sola il suo
destino (e papà e mamma
non ci saranno più, se non nel ricordo del cuore e della mente).
Mi perdoni il Sig. Buzzati, ma ho apposta cambiato il senso dello scritto.
Il suo tono è estremamente doloroso, da cuore infranto, ed il mio invece vuole essere un
inno all'amore sincero ed imperituro, che si dimena nella giungla
avventurosa della vita.
LexMat
Le Stagioni dell’Amore
Vorrei che tu venissi da me in una sera d’Inverno e, stretti insieme
dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate,
ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con
passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i
medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra
svolazzare di corvi.
Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo
entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava.
Ivi palpitarono in
noi per la prima volta pazzi e teneri desideri.
“Ti ricordi?” ci diremo
l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi
sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse
dal vento.
E conoscevamo le favole antiche dei re
senza nome, degli orchi e dei giardini stregati.
Passammo, rapiti,
sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, e battesti alla
porta del castello deserto, camminammo nella notte verso il lume
lontano lontano, e ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata
da pioggia sacra.
Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente
noi rimarremo muti, perdendomi entrambi nelle favole morte.
Io chiederei “Ti ricordi?”, e tu ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di Primavera, col cielo di color
grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per
le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse
domenica.
In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi;
e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si
vogliono bene.
Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite
dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle
nuvole del settentrione.
Ci terremo semplicemente per mano e andremo con
passo leggero, dicendo cose insensate, non stupide ma care.
Fino a che si
accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie
sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi.
E allora noi
taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza
parola.
Tu puoi quindi amare quelle domeniche che dico, e
l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, riconoscere all’ora giusta
l’incantesimo delle città, e le speranze che scendono dal
settentrione.
Non preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti
guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei la fortuna, imperatrice del mio essere.
Tu
sei
uguale a me e se venissi quel giorno a passeggiare, vorresti rifarlo
ricominciando daccapo mai stanca; solo questo e nient’altro, per sempre.
Vorrei anche andare con te d’Estate in una valle solitaria,
continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti
dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate.
Fermarci
sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del
telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e
chissà dove andrà mai.
E strappare i fiori dei prati e qui, distesi
sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le
bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.
Tu diresti “Che
bello”.
Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro
corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se
fossero nate allora.
E tu ti guarderesti
attorno annuendo senza paura, preoccupata di fare
ritorno e che tutto potesse finire.
E diresti “Che bello!”, e tante altre piccole ma grandi cose che a me importano.
Perché sei fatta così, uguale a me ed a Mamma.
E saremmo felici per sempre.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare
le grandi vie della città in un tramonto d'Autunno, quando il cielo è
di puro cristallo.
Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole
e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme
di inquietudini.
Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano
sopra la terra, lasciando dietro di sè una specie di musica.
Con la
candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e
migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto.
Noi manderemo senza
saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per
invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà,
per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo.
E tu guarderai il cielo di cristallo e gli aerei
colonnati battuti dall’estremo sole, senza fermarti a guardare le
vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine.
E ti
accorgerai quindi dei fantasmi, e dei presentimenti che passano, ti
sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa.
Udresti quella specie
di musica, e capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.
Tu
penseresti al tuo domani e sopra di te le statue
d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi.
Ma un giorno sarai
sola.
Sia quel che
sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia.
Ed io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere per sempre felici, come una volta, con molta semplicità, padre con figlia.
Ed un giorno accanto ritorneremo,
ai confini dello Spazio e del Tempo,
e per sempre insieme saremo.
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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