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"La Nascita della Tragedia dallo Spirito della Musica" (1872) è la prima opera matura del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
Concepito inizialmente come un testo di breve respiro, viene redatto e allargato su suggerimento di Richard Wagner, all'epoca amico di Nietzsche, e contiene già in nuce molti dei temi della filosofia matura del filosofo tedesco: la teorizzazione del Dionisiaco come forma di pessimismo antidecadente, la critica al razionalismo socratico, la ricerca di una palingenesi morale della società tedesca ed europea, ricerca che sfocerà più avanti nella teorizzazione del Oltreuomo.
Il testo, per la novità delle interpretazioni proposte, ricevette inizialmente forti critiche e Wilamowitz in persona si mosse per attaccare Nietzsche.
Nonostante sia tra i suoi testi più letti e studiati, "La Nascita della Tragedia" sarà più tardi parzialmente ripudiato da Nietzsche, che esprimerà per esso un'autocritica in "Ecce Homo".
In parte già caratterizzata dall'esposizione asistematica tipica delle opere più mature, "La Nascita della Tragedia" esprime un percorso parallelo tra la storia della tragedia e quella della società greca, un percorso di ascesa e decadenza che Nietzsche ascrive all'espressione di dinamiche comuni.
Da questo primo parallelismo Nietzsche prende spunto per una riflessione sulla decadenza dello spirito europeo e sulla necessità di una palingenesi che si aspettava provenire da un rinato spirito dionisiaco della musica tedesca.
Il testo inizia in medias res ponendo la questione dell'origine del pessimismo greco, qualora questo sia da interpretare necessariamente come un sintomo di decadenza o se non possa invece esistere una forma di pessimismo "nobile" e non decadente.
Per giustificare questa tesi Nietzsche introduce il lettore alle forze opposte e simmetriche di Apollineo, simbolo del Sogno, delle arti plastiche, della calma magnificenza delle divinità olimpiche, e Dionisiaco, simbolo invece dell'Ebbrezza, della musica, della frenesia orgiastica delle feste di Dioniso.
In quest'ultimo Nietzsche identifica la ragione e l'origine del pessimismo greco e la sua natura non decadente: per Nietzsche Dionisiaco è anche "gettare lo sguardo nell'abisso", confrontarsi con l'orrore dell'esistenza senza esserne piegati, accettandolo e, secondo una formulazione successiva, "dicendo sì alla vita".
Energie opposte e in opposizione dialettica nello spirito greco, Apollineo e Dionisiaco si trovano in equilibrio nella Tragedia attica a formare una suprema forma d'arte.
Particolarmente innovativa nell'opera è l'interpretazione della dualità tra attore tragico e coro, considerate trasfigurazioni di Dioniso e dei suoi Satiri; se Dioniso, l'attore tragico, è calato nell'azione, il coro dei satiri funge per lo spettatore, che in esso si identifica, come un ‘’muro vivo’’ per ripararsi dall'orrore della scena.
Se l'equilibrio tra Apollineo e Dionisiaco diede origine alla tragedia attica e la portò al suo massimo nella tragedia sofoclea, il progressivo perdere terreno del dionisiaco e l'emergere di una nuova forza, il "socratico", la condusse alla decadenza.
Una forza che, con il suo impeto razionalistico, si sostituiva al dionisiaco nel ruolo di "giustificare il mondo" all'uomo greco.
L'ottimismo socratico della possibilità della conoscenza e della possibilità di arrivare a comprendere l'interezza dell'universo con la ragione si sostituì all'accettazione dell'incomprensibilità e dell'irrazionalità dell'esistenza umana che erano rappresentate dal Dionisiaco.
Nell'introdurre la figura di Socrate nel discorso e collegandola a quella di Euripide, simbolo della tragedia decadente, il parallelo tra società greca e tragedia attica viene esplicitato, andando a dimostrare come lo spirito razionalistico socratico, e con esso la nascita dell'uomo teoretico, abbia minato l'equilibrio tra forze Apollinee e Dionisiache nella società greca, una degenerazione che si è espressa anche nella trasformazione della tragedia dionisiaca nella tragedia euripidea.
Questo eccesso razionalistico avrebbe portato ad una degenerazione della nostra società, della sua capacità creativa, del suo rapporto con la conoscenza (che Nietzsche definisce Alessandrino) e con la vita.
Lo Spirito dionisiaco
Lo Spirito dionisiaco è un concetto introdotto dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche nella sua prima opera matura, "La Nascita della Tragedia", e rimarrà uno dei temi fondamentali della sua filosofia matura.
Concetto sfuggevole e multiforme, è contrapposto allo Spirito Apollineo e indica, genericamente parlando, l'impulso alla vita, alla volontà di potenza presente nell'uomo.
Nel contesto della nascita della tragedia, tuttavia, il termine assume un significato più profondo, che esprime una modalità di relazione con la realtà che, secondo Nietzsche, squarcerebbe il velo di Maya, annullerebbe il principio individuationis e proporrebbe una modalità di relazione con la realtà non-mediata e quindi diretta.
Lo spirito dionisiaco ne "La Nascita della Tragedia"
Per comprendere il pessimismo greco, che Nietzsche avvertiva essere forte e radicato ma allo stesso tempo non decadente, Nietzsche riconosce come l'uomo greco percepisse a fondo la negatività e la caducità dell' esistenza, ma anche, sulla scorta del pessimismo schopenhaueriano, come riuscisse, tramite lo spirito dionisiaco, a superare il nichilismo che questo avrebbe comportato e a risollevarsi con un "pessimismo del coraggio".
La tragedia attica di Eschilo e Sofocle, secondo Nietzsche, avrebbe rappresentato un perfetto equilibrio tra dionisiaco e apollineo.
Questa armoniosa simmetria di contrasti avrebbe consentito al pubblico di immedesimarsi spontaneamente nell'eroe tragico, riscoprendo così l'unità del genere umano nella condizione precaria e caduca dell'esistenza.
Ciò che porterà la tragedia alla decadenza sarà la sconfitta e la ritirata del dionisiaco: gli imputati principali sono Euripide e Socrate, colpevoli di avere esasperato l'interpretazione razionale del mondo, sostenendone la comprensibilità ed un' ottimistica positività, elementi che annullarono il dionisiaco, di cui esso era l'antitesi per eccellenza, e portarono alla decadenza della tragedia in Euripide.
Al di fuori della metafora della società greca, Nietzsche propone come soluzione al crescente nichilismo e pessimismo dei suoi tempi l'accettazione senza remore e l'abbandono completo al flusso della vita.
Essa è incomprensibile, è un continuo generare e distruggere, senza che l'uomo possa comprenderne il senso (mostrando così l'influenza di Anassimandro, Anassagora e soprattutto Eraclito).
La concezione deterministica dell'universo e consequenzialmente della vita per Nietzsche è fallace: la vita non è un meccanismo, una rigida sequenza di cause ed effetti che l' uomo può scomporre e ricomporre, anzi, ogni tentativo dell'uomo di "impadronirsene", ovvero di comprenderla, non può che fallire, dal momento che la vita non è sottoposta a un ordine razionale superiore.
L' espressione che Nietzsche usa in questo senso è natura rerum, una natura delle cose che l' uomo può forse comprendere solo in parte, ma di cui certamente non si può appropriare per l' evidente trascendenza alla mente umana che la caratterizza.
Quindi l'unico modo per reagire alla dolorosissima presa di coscienza che la vita non ha senso, né tantomeno uno scopo e una fine, è abbandonarsi in toto a essa, con un coraggioso "dire di sì".
Storia del concetto
Il termine dionisiaco deriva dalla figura del dio greco Dioniso il quale impersonava, in età classica, il delirio mistico e l'ebbrezza, in particolare quella generata dal consumo di vino.
In Nietzsche, tuttavia, il riferimento è a Dioniso come immagine mitologica dell'impulso vitale, della creatività, del desiderio colto nel suo aspetto più produttivo e pre-razionale.
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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