Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 20 agosto 2013

Manlio Sgalambro

Da WikiQuote:

Che io debba essere governato: ecco da dove inizia lo scandalo della politica.

La politica è la tutela dei minorati.

Nell'uomo politico si incarna lo stato medio di una società, i vizi, le mediocrità, i difetti, come se egli ne assorbisse i mali alla maniera dei vecchi stregoni che succiano la ferita purulenta succhiandone anche il maleficio.
Così i loro vizi, le turpitudini, il malaffare, sanno di qualcosa di diverso.
È come se essi imbrigliassero tutto ciò che di turpe vi è in una convivenza e ne liberassero gli altri.

Solo chi conserva i valori li perde, e solo chi non può che sovvertirli in realtà li conserva.

Vero, la società dovrebbe salvarci dall'universo che ci ingoia. Ma cosa ci salva dalla società?

("Dell'indifferenza in materia di società", 1994)


Ci si trascina di notte per le vie e si parla tra sé.
Il dialogo alligna di giorno e risuona dei suoi traffici ignobili.
Di notte si monologa.
Come dei re.

Ciò che vi è di altro nel bello è il suo effetto distruttore.
La felice tensione di una poesia fa scoppiare, se essa entra in te, il tuo povero cuore.
Tu ne sei la vittima che accoglie devota l'acuminato coltello con cui il bello di immola.
Nessuno dev'esserci dov'è la bellezza, questo essa sembra dire e con gesto sdegnoso ti volta le spalle.
Chi vede il volto della bellezza muore, sì, ma non disperato.

Il primo venuto che vuol dire la sua vanta il diritto all'autonomo pensiero a cui è stato educato. Lasciate che parli: si impiccherà da sé.

La modestia è la vile riuscita di chi si annulla ma solo un pochino e proprio così si mette in risalto.

Perché mi ostino a definirmi "filosofo" benché né i filosofi mi vogliono né io voglio loro?
Perché in questa disciplina, nella sua venerata regola, entrai fanciullo e mai venne meno la mia fedeltà.
Per più di cinquant'anni l'ho studiata non distratto da altro.
Ne ho carpito segreti e reticenze, ho visto esaltazioni e declini, eccessi e dimenticanze.
Filosofi sull'altare e poi scagliati giù.
Ho assistito al loro regno, e al dominio delle loro idee, e l'ho studiato più che quello di duci e condottieri.
Ho avuto amori duraturi, ho imitato modelli (ma come si può imitare l'Idea, ahimè).
Sono invecchiato lì dentro.
Di essa conosco tre o quattro cose meglio dei miei contemporanei.
Non ho altro da aggiungere.

Se Karl Kraus avesse scritto Il capitale lo avrebbe fatto in tre righe.

Se rubi ti arrestano; se affermi che esiste Dio è solo un'opinione. Ciò mi ha sempre meravigliato.

Si perdonano coloro che ci hanno offeso perché così il conto torna: un'offesa ciascuno.
Ma quest'ultima è mortale.

Vera disciplina nelle cose dell'intelletto è una spietata intransigenza contro lo spirito di discussione.
Ogni concessione fatta in nome della reciproca eguaglianza è un tradimento della verità su cui si fa prevalere la cortesia.
Pensare divide.

("Del pensare breve", 1991)


Colui che è stato educato al pessimismo e ne è divenuto il discepolo, e per giunta, in qualità di epigono, intende trasportarlo nel proprio tempo, vede in esso un tema classico, un tema eterno.
Sa bene quello che il pessimismo esige e quello che si esige da esso.
Egli è il pessimista della verità, se così si può chiamare costui.
Il pessimismo onora la verità: questa la tesi generale.
Questo pessimista ha seguito il retto cammino dell'onore.
Egli ha onorato la verità.
Questo è il pessimismo che vogliamo con tutte le nostre forze, egli dice: percorrere il cammino che percorre ogni uomo che si sia accostato alla verità sino al suo nucleo più crudele, là dove essa non è più con lui.
Perché la verità è il tutto contro la parte, il tutto contro di te.

("De mundo pessimo", 2004)


Se vuoi ancora che tragga fuori questa oscura mia evidenza e gli dia una qualche luce, comune io vedo, per dirtene una, il principio di non contraddizione, l'imperativo categorico, comuni i principi della scienza, il sapere circa il nostro sistema solare, quel tanto che basti per guardare in faccia la nostra sorte, intendo della specie.
È a questo comunismo che mi riferisco.

Socrate muore perché ha violato la legge.
È sciocco dire che egli era un galantuomo, dice giustamente Hegel.
Se filosofo è colui che mette l'individuo contro il mondo non possiamo non provarne ripugnanza, egli aggiunge.

("Dialogo sul comunismo", 1995)


Depreco egualmente il trionfalismo di Kant e in genere di quelle filosofie che, trovando necessario partire dall'io, inneggiano ad esso come se fosse una grande conquista e non invece la miserabile sorte che ci è toccata.

Il compito della teodicea fu assolto nello stesso momento in cui essa scomparve, non per averlo fallito ma per esserci riuscita in pieno.
In ultima analisi essa fece sparire la nozione stessa di male.

Un'idea non mi sembra veramente attendibile se non appaga anche i miei sensi.

Uomo giusto è chi sa questo: che egli deve annullare Dio quotidianamente affinché la misura dell'eterna giustizia quotidianamente si compia.

("Dialogo teologico", 1993)


Che non ci sia niente di peggiore del mondo, non si deve dimostrare.

Il discorso pessimistico appartiene al genere oratorio, e questo perché presuppone un uditorio che può gridare e agitarsi.

Il meglio non è altro che la realtà così com'è. Questo fu il pessimismo di Hegel.

L'arte del filosofare viene alla luce anche grazie al comportamento mimetico di chi la esercita.

Le discoteche sono piccoli nirvana dove il solenne fragore del rock fa assaporare il piccolo nulla al figlio di Siddharta.
Non essere per un poco è tutto quello che si chiede.
Piccoli "niente" di cui la vita dell'individuo odierno ha bisogno per rinascere e vivere un'altra settimana.

Nella musica "industriale" è immanente l'irreversibilità del tempo.
Essa è musica entropica, musica che si distrugge da sé.
La musica leggera è la fattispecie dell'autodissolvimento della musica.
E tuttavia è l'unica forma di musica che ha senso per tutti.
Sul ciglio dell'abisso, Mahler compone "Il canto della terra" ma canticchia una canzone napoletana.

("La conoscenza del peggio", 1982)


Il bello è nell'attimo stesso in cui si avverte che un bello non è più. Per sempre ormai, possibile.

La verità, compito di chi si occupa di filosofia, non è il dialogo fra due che filosofano, ma un muto cenno che viene rivolto alla vittima designata.

Non si può essere reazionari perché non c'è dove tornare; non si può essere progressisti, perché non c'è dove andare.

("La morte del sole", 1982)

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