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La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 8 aprile 2014

Buddha ed Epicuro

Da "http://www.bodhidharma.info/insegnamenti.htm" :

Questo scritto, che introduce il dialogo tra il Buddhismo e la Filosofia Classica, ha lo scopo, da un lato, di creare un ponte fra i due mondi e, dall'altro, di mettere in luce, sotto la lente del Dharma, quegli elementi culturali già esistenti in Occidente affini alla pratica buddhista.


Il Buddhismo può essere praticato a vari livelli a secondo delle predisposizioni karmiche e delle capacità di comprensione di un individuo.

Normalmente il Dharma è suddiviso in due aspetti: quello mondano, che mira a creare buon karma e felicità e comporta un equilibrio delle proprie passioni ed emozioni; e quello sovramondano, che mira all’illuminazione e comporta il distacco sereno da tutte le passioni mondane.

Il primo, quello mondano, è probabilmente quello che si sta affermando di più nell’occidente moderno, tecnologico, scientifico, edonista. Molti sono quelli interessati ad apprendere il Dharma per motivi di salute fisica e mentale o per trovare più serenità nella propria vita, ma pochi farebbero una scelta di vita che li portasse a rinunciare ai propri possedimenti materiali e affettivi.

Sotto questo aspetto è interessante fare un parallelismo con una delle radici della cultura occidentale: l’epicureismo che ritorna sempre più attuale, soprattutto sul piano etico della vita moderna.

L’epicureismo è stato un movimento prevalentemente ateo dato che già il suo fondatore Epicuro, nel IV secolo AC pur confermando l’esistenza degli dei, aveva negato loro la possibilità di intervenire nella vita degli uomini, relegandoli quindi a puri modelli ideali di virtù. Per Epicuro non ha infatti alcun senso rivolgere loro le preghiere o averne timore dato che sono totalmente indifferenti al destino degli uomini. E in seguito molti epicurei, avendoli ridotti a mera esistenza formale, faranno a meno di celebrarli.

Lucrezio, epicureo romano del I sec AC. nella sua opera De rerum natura, mostra come gli dei siano creazioni dell’immaginazione umana per giustificare i timori causati dai fenomeni naturali come le siccità, le inondazioni, le tempeste marine, ecc…

Parallelamente il Buddha, nei suoi vari sermoni mette in guardia i praticanti dal rivolgersi a lui come a una divinità e, contemporaneamente, a non rivolgersi alle divinità del ricco pantheon tradizionale indù con preghiere di supplica dato che queste nulla possono fare per soddisfarle.
Gli dei sono posti dal Buddha, al pari di tutti gli altri esseri, nella sfera del Samsara, il ciclo di nascita e morte, quindi in una condizione di impermanenza: anche loro un giorno esaurito il karma positivo rinasceranno in altre sfere di esistenza inferiore. In questo senso, il loro status è da loro stessi riconosciuto come inferiore a quello del Buddha che, anche se umano, ha trasceso la condizione del divenire. Questa superirità è riconosciuta per esempio da Indra, uno degli dei più potenti,che si inchina al cospetto del Buddha per chiedergli il Dharma.
Ma ciò che più è importante sottolineare è l’aspetto etico che accomuna le due filosofie di vita.

L’epicureo Lucrezio, basandosi sulle concezioni fisiche epicuree del tempo aderisce a un materialismo meccanicista (teoria degli atomi indivisibili e pieni) secondo cui anche l’anima, al pari del corpo, ma in modo più sottile, è un aggregato materiale di atomi. Tuttavia, distanziandosi da Epicuro, Lucrezio ammorbidisce la visione rigidamente deterministica lasciando un certo spazio alla contingenza e al libero agire umano, quindi alla morale.

La morale epicurea, fondamentalmente consiste nel tentativo di ricercare una felicità terrena senza l’ausilio di un dio. Questa felicità si identifica in quello stato di serenità interiore e equllibrata saggezza che è l’atarassia. L’assenza del dolore fisico e del turbamento (inquietudine) morale deve essere ricercato dal saggio senza superficialità o dissolutezza perché causerebbe più mali che piaceri.

Per Epicuro l’atarassia è uno stato di delicato equilibrio interiore che se praticato da tutti può generare una società sana, giusta e armoniosa.

“ E poiché il piacere è il nostro primo e congenito bene, anche per questo non scegliamo ogni piacere, ma talvolta passiamo sopra a molti piaceri, quando ne consegua a noi maggior molestia; e molti dolori noi consideriamo superirori ai piaceri quando, a noi consegua maggior piacere dall’averli per molto tempo sopportati (…) Infatti un vile sapore apporta un piacere pari a quello di una mensa sontuosal, una volta eliminata la sofferenza provocata dal bisogno… E pane e acqua danno il supremo piacere quando li riceve chi ne ha un effettivo bisogno. Avere la consuetudine di cibarsi semplicemente e non sontuosamente non solo ci garantisce la buona salute e fa sì che l’uomo affronti senza indugio le inevitabili occupazioni della vita , ma anche ci dispone meglio ad assaporare le mense sontuose che di quando in quando ci sopraggiungono e ci rende impavidi dinanzi alla sorte. Quando dunque noi diciamo che il piacere è il compimento supremo della felicità, non intendiamo riferirci alla voluttà dei dissoluti ed ai godimenti sensuali, come pur vogliono alcuni per ignoranza o dissenso o fraintendimento, intendiamo bensì l’assenza di sofferenza fisica e l’imperturbata tranquillità dell’anima”.

Con la natura vi è un rapporto equilibrato per garantire la più alta serenità d’animo. I desideri e le passioni non sono totalmente banditi ma assecondati nella misura in cui portano beneficio e non sofferenza. La piena responsabilità dell’agire umano è data all’individiuo proprio come fa il buddhismo, dandogli in tal modo piena dignità. L’inferno consiste nelle angosce e i timori che risiedono nella coscienza.

Nel Buddhismo il concetto di Via di Mezzo, il giusto equilibrio fra gli estremi dell’ascetismo e del sensualismo, permea i principi etici laici e quindi della sfera mondana. Nel Sigalovada Sutta per es il consiglio dato ai laici di praticare il Dharma senza bisogno di rinunciare ai propri beni ( come invece è detto nel Vangelo: abbandona tutto e seguimi ) è quello di saperli gestire saggiamente e senza avidità.

Nel terzo precetto riguardante la sessualità, non si esige l’astinenza completa o il rapporto sessuale ai soli fini procreativi, ma un rapporto corretto con l’altro/a, preferibilmente accompagnato da sinceri sentimenti d’affetto e rispetto.

Nel cibarsi non si consiglia di fare digiuni prolungati o evitare tutto ciò che è considerato “leccornia” ma di mangiare con consapevolezza e moderazione.
La possibilità di essere vegetariani è una scelta etica basata sulla compassione verso tutti gli esseri. Ciò che rende molto forte e attraente l’etica buddhista, e che la distanzia da altre filosofie è infatti la compassione e la non violenza verso tutte le forme di vita.

Quindi in molti punti l’etica buddhista coincide con quella epicurea, soprattutto per ciò che concerne la saggezza mondana, quella che permette di vivere in questo mondo del Samsara in modo meno sofferente possibile. L’epicureismo del resto afferma che le ultime angosce, quelle esistenziali cessano solo con la morte, che per loro è la fine dell’individuo.

Il Buddhismo invece, ricorda agli esseri che tutte le gioie sperimentate in questa vita, per quanto elevate e sublimi, non durano a lungo e, inevitabilmente, una volta cessate, lasciano il posto all’esperienza opposta di frustrazione e dolore. Così si continua a perpetuare il Samsara, il ciclo di nascita e morte. La condizione di totale distacco dalle proprie passioni ed emozioni, la pace e beatitudine, si realizza seguendo il Dharma sovramondano che conduce alla perfetta liberazione dal Samsara, lo stato del Nirvana e dell’illuminazione completa.

Taeri sunim _/|\_

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