di Francesco Dipalo
Durante
una sessione della sera il maestro esordì con la seguente spiegazione:
“A volte e necessario eliminare la persona, ma non le circostanze della
persona, altre volte e necessario eliminare le circostanze della
persona, ma non la persona. A volte e necessario eliminare entrambe: la persona e le sue circostanze. Altre volte non eliminate né la persona né le sue circostanze”.
In
seguito un monaco chiese: “Cosa significa eliminare la persona, ma non
l’oggetto delle percezioni della persona?”. II maestro rispose: “II sole
sorge facendo della terra un ricamo. I capelli del fanciullo cadono
bianchi come fili di seta”.
Il
monaco chiese: “Allora cosa significa eliminare l’oggetto della persona
e non la persona?”. II maestro rispose: “I comandi del re vengono
trasmessi a ogni parte del mondo. Gli ufficiali di frontiera hanno
dissipate le nubi di fumo”.
Il
monaco chiese: “Allora cosa significa eliminare sia la persona sia
l’oggetto?”. II maestro rispose: “I due distretti di Bun e di Phan non
sono in comunicazione. La gente e isolata nel proprio mondo”.
Il
monaco chiese: “Cosa significa non eliminare né la persona né
l’oggetto?”. II maestro rispose: “II re entra nel palazzo di gemme.
Anziani cantano nella campagna”.
COMMENTO
Questa parte
dell’insegnamento è chiamata: “Le quattro vie per aiutare le persone” o
“Le quattro relazioni”. Ogni relazione è un modo diverso di rispondere
al discepolo. La relazione che usi per dare la risposta dipende dalla
situazione e dal livello di pratica del discepolo. Le quattro relazioni
sono: rimuovere il soggetto senza rimuovere l’oggetto; rimuovere
l’oggetto senza rimuovere il soggetto; rimuovere sia il soggetto sia
l’oggetto; non rimuovere né il soggetto né l’oggetto.
La prima relazione
Un monaco chiese: “Cosa
significa eliminare la persona senza eliminare l’oggetto della
percezione della persona?”. Sta domandando come possiamo rimuovere il
soggetto (la persona) senza rimuovere l’oggetto. Il maestro rispose: “II
sole sorge, facendo della terra un ricamo. I capelli del fanciullo
ricadono bianchi come fili di seta”.
Tendiamo a concentrarci
sull’oggetto e lo chiamiamo realtà. Non notiamo quanto la nostra mente
intervenga nella nostra percezione. In filosofia questo si definisce
‘realismo ingenuo’. Per esempio guardiamo a un fiore come a una realtà
indipendente. A volte, è meglio lasciare che i principianti continuino a
praticare il buddhismo con questo modo di pensare. Per esempio, se
qualcuno ci domandasse: “Perché c’è tanta sofferenza nella mia vita?” e
volessimo rispondere usando la prima relazione (che rimuove il soggetto
senza rimuovere l’oggetto), non diremmo: “La tua mente fa sorgere queste
sensazioni di sofferenza”. Ci concentreremmo invece sugli oggetti
concreti della sua vita che gli causano sofferenza e lo aiuteremmo a
comprendere meglio quegli oggetti della sua percezione.
II maestro non sta
dicendo che concentrarsi sull’oggetto sia una cosa cattiva. II sorgere
della luce del sole, il fiorire dei fiori e il verde degli alberi creano
un paesaggio che sembra un ricamo. Questo è un oggetto della percezione
ed è bello concentrarvisi. Intanto un fanciullo gioca nel sole e i suoi
capelli sono come seta bianca. Nella Cina antica i capelli dei bambini
erano sempre neri. Cosi il maestro sottolinea le contraddizioni che
sorgono quando ci concentriamo sull’oggetto senza il soggetto. Infatti,
se non consideriamo il ruolo della nostra mente e ci concentriamo
semplicemente su ciò che vediamo come una realtà indipendente intorno a
noi, ci saranno contraddizioni.
II poeta vietnamita
Nguyen Du diceva: “Quando una persona è triste, lo scenario non è mai
felice”. II modo in cui ci sentiamo determina il modo in cui vediamo il
mondo. Perché ci sono persone capaci di provare felicità guardando la
luna e vedendone la bellezza mentre altri osservano la stessa luna come
qualcosa di triste e deprimente? Non si può rispondere a questa domanda a
meno che non si tenga conto sia del soggetto sia dell’oggetto.
La seconda relazione
II monaco chiese:
“Allora che significa eliminare l’oggetto e non la persona?”. Sta
domandando che cosa significa rimuovere l’oggetto senza rimuovere il
soggetto. Viene chiamata manifestazione. Secondo questo punto di vista,
tutto è una costruzione dalla mente. È il punto di vista della
psicologia buddhista. Il maestro rispose: “I comandi del re sono
trasmessi a ogni parte del mondo. Gli ufficiali di frontiera non hanno
visto nubi di fumo”.
Tutto ciò che vediamo,
sentiamo e ascoltiamo è la manifestazione della nostra coscienza. In
questo caso riconduciamo la domanda alla nostra mente. Le cose che
vediamo, ascoltiamo, sentiamo, ci causano sofferenza, ci portano via.
Comunque, non sono realtà indipendenti al di fuori di noi, sono create
dalla nostra mente. Così, con questa relazione ritorniamo alla mente per
guardare ad essa e non riconosciamo come reali gli oggetti esterni alla
mente. Rimuoviamo la realtà dell’oggetto, in modo che la persona possa
tornare alla sua coscienza.
Per illustrare questo
punto, il maestro Linji usò l’esempio dell’intero paese in allerta,
nonostante i soldati alla frontiera non potessero vedere né fumo né
polvere ovvero i segnali di guerra. Il maestro Linji viveva nella Cina
nordoccidentale, non lontano dalla frontiera dove gruppi invasori
minacciavano la sicurezza del paese; così questa immagine del fumo e
della polvere era pratica e reale per lui, qualcosa che aveva visto e di
cui aveva avuto esperienza. I soldati dovevano salire sul tetto del
forte per scrutare l’orizzonte. Nuvole di polvere avrebbero indicato un
esercito invasore e segnali di fumo sarebbero stati mandati per
segnalare il pericolo. Avrebbero bruciato escrementi di lupo secchi in
quanto capaci di produrre un fumo molto nero. Il fumo poteva essere
visto da un altro forte lontano dieci o venti chilometri, dal quale
sarebbe stato mandato di nuovo un segnale di fumo al forte successivo e
così via di forte in forte, sino a che la notizia non avesse raggiunto
il palazzo del re.
Nella risposta del
maestro Linji c’è una contraddizione. Da una parte, a tutti è stato
ordinato di prepararsi per la guerra; dall’altra parte non ci sono
segnali di guerra. Allora non è neanche corretto dire che c’è solo la
mente e non c’è l’oggetto della mente. Non ci può essere la mente senza
l’oggetto della mente. La mente e l’oggetto della mente sorgono insieme.
Se non c’è l’oggetto non può esserci il soggetto, la mente. E se non
c’è mente, come può esserci l’oggetto? Il soggetto e l’oggetto esistono
sempre insieme. Quando diciamo: ‘vedo’, dobbiamo vedere qualcosa. Quando
diciamo che ascoltiamo, stiamo ascoltando qualcosa. Quando diciamo che
stiamo pensando, stiamo pensando a qualcosa. Allora soggetto e oggetto
sono inseparabili.
Che rimuoviamo il
soggetto o l’oggetto, a seconda della situazione, usiamo questo modo di
vedere come uno strumento nella nostra pratica personale così come nella
guida di un’altra persona.
La terza relazione
II monaco chiese:
“Allora cosa significa eliminare sia la persona sia l’oggetto?”. In
questo caso sia il soggetto sia l’oggetto vengono rimossi. II maestro
rispose: “I due distretti di Bun e Phan non sono in comunicazione, la
gente è isolata nel proprio mondo”.
Il maestro Linji usò
un’altra immagine di guerra e di isolamento, nella quale il contatto tra
i due distretti di frontiera era stato interrotto. La gente di ogni
distretto era isolata nel proprio mondo. Non potevano mandare notizie o
ricevere ordini dal governo centrale. Non c’èra contatto con la realtà.
La persona sedeva sulla montagna, persa nella sua meditazione, senza
sapere cosa stesse accadendo a lui e all’ambiente circostante. In questa
terza relazione, sia il soggetto sia l’oggetto sono rimossi. Non può
esserci alcuna percezione quando non ci sono né il soggetto né l’oggetto
della percezione. Ciò che pensiamo sia reale in realtà non lo è, non
c’è. E non esiste nemmeno ciò che chiamiamo mente, la sorgente di ogni
cosa. Come ci può essere la mente senza gli oggetti della mente, le
cose? E come possono esserci gli oggetti della mente senza la mente
stessa?
Questo non è un buono
stato in cui stare sempre. Era pericoloso per i due distretti non essere
in comunicazione l’uno con l’altro. Ma, per un momento, rimuovere sia
il soggetto sia l’oggetto può aiutarci a vedere le cose in maniera
differente come quando entriamo in una meditazione molto profonda, una
profonda concentrazione chiamata stato di non percezione e non
non-percezione. Dopo essere stati in questa concentrazione possiamo
essere vivificati e vedere le cose più chiaramente.
La quarta relazione
II monaco chiese: “Cosa
vuol dire non eliminare né la persona né l’oggetto?”. In questo caso sia
il soggetto sia l’oggetto sono attivi. II maestro rispose: “II re entra
nel palazzo di gemme. Anziani cantano nella campagna”.
Questo è il quarto caso
in cui non si rimuovono né il soggetto né l’oggetto. L’immagine evoca
pace dopo un periodo di guerra. Il re incontra i suoi sostenitori e sale
sul trono. Ovunque in campagna la gente comune canta. Persino gli
anziani escono nelle strade per cantare con i bambini. Questo è il
ristabilirsi della relazione tra soggetto e oggetto. Non c’è più
separazione tra loro. Ci sono sia il soggetto sia l’oggetto, ma non
siamo vincolati dal guardare solo all’oggetto o solo al soggetto come
nel primo o nel secondo caso, né rimaniamo intrappolati nel nichilismo
del terzo caso.
Nello zen si dice:
“Prima di diventare un praticante vedevo le montagne come montagne e i
fiumi come fiumi. Quando ho cominciato a praticare, non ho più visto le
montagne come montagne e i fiumi come fiumi e ho cominciato a vedere la
loro natura interdipendente. Una volta sul sentiero ho visto di nuovo le
montagne come montagne e i fiumi come fiumi, ma ora la mia visione e
più chiara, la mia comprensione è più luminosa, non sono più catturato
dalla visione che la montagna sia solo la montagna e che il fiume sia
solo il fiume. Ora li vedo realmente, vedo la loro vera natura”.
Le persone comuni
tendono a essere catturate dall’oggetto della mente, mentre i praticanti
del sentiero tendono a essere catturati dalla mente stessa. Quando sia
la mente sia l’oggetto sono rimossi, una volta superati sia la mente sia
gli oggetti della mente, allora c’è il vero Dharma. Rimuovere l’oggetto
è facile, ma rimuovere la mente e molto difficile. È facile per noi
dire che non ci sono oggetti della mente e che c’è solo la mente. Ma
dire anche che non c’è la mente è molto difficile, perché abbiamo paura
di cadere nel nulla. La gente non osa lasciare andare la mente, si
aggrappa alla mente. Riesce a lasciare andare gli oggetti della mente,
ma non osa lasciare andare la mente. Perché? Abbiamo paura di cadere in
un luogo dove crediamo che non ci sia nulla da sentire, da toccare, da
raccogliere. Siamo spaventati che non ci rimanga niente. Ma il vuoto non
significa il nulla. II vuoto è il primo vero mondo del Dharma. II primo
vero mondo del Dharma è la quarta relazione e si tratta di un ritorno
al realismo, a un realismo che non nega il soggetto o l’oggetto, ma che
vede piuttosto la loro natura interdipendente.
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