Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

giovedì 19 settembre 2013

Herman Hesse

Da WikiQuote:

Di una storia è vero solo quello che l'ascoltatore crede.

In Leonardo come in Goethe è l'amore il mistero che sta alla base dell'universalità.

Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli.

Fa parte delle imperfezioni e delle rinunce della vita umana il fatto che la nostra infanzia debba diventarci estranea e cadere nell'oblio, come un tesoro sfuggito a mani che giocavano, e precipitato in un pozzo profondo.

Gesù aveva dodici anni quando confuse i dottori nel Tempio.
Noi tutti, a dodici anni, abbiamo confuso i nostri insegnanti e dottori; eravamo più saggi di loro, più geniali di loro, più coraggiosi di loro.

Il lato diabolico della malinconia è quello non solo di far ammalare le sue vittime, ma anche di renderle presuntuose e miopi, addirittura quasi superbe.
Si crede di essere come Atlante che da solo deve reggere sulle proprie spalle tutti i dolori e gli enigmi del mondo, come se mille altri non sopportassero gli stessi dolori e non vagassero nello stesso labirinto.


Da "Knulp, storie di un vagabondo":

Due persone possono andare d’accordissimo, parlare di tutto ed essere vicine.
Ma le loro anime sono come fiori, ciascuno ha la sua radice in un determinato posto e nessuno può avvicinarsi troppo all’altro senza abbandonare la sua radice, cosa peraltro impossibile.
I fiori effondano il loro profumo e spargono il loro seme perché vorrebbero avvicinarsi, ma il fiore non può fare niente perché il seme giunga nel posto giusto; tocca al vento che va e viene come vuole.


Da "http://viadellebelledonne.wordpress.com/2010/02/26/un-vagabondo-di-hesse/" :

Un vagabondo di Hesse
“Knulp, storia di un vagabondo” è un romanzo breve, o meglio l’unione di tre capitoli, ciascuno dei quali potrebbe essere un racconto indipendente che narra un episodio della vita di Knulp, simpatico personaggio, allegro in apparenza ma triste e solitario nel suo intimo; fu pubblicato da Hermann Hesse nel 1915, sei anni prima del famosissimo “Siddharta”, divenuto in seguito romanzo epocale, uno dei più letti in assoluto specialmente negli anni Sessanta.
Nel 1911 era già stato in India, e del resto sua madre era nata in India, da padre tedesco e madre svizzero-francese.
Il tema del viaggio e del vagabondare è presente fin dai primi racconti di Hesse; la sua profonda inquietudine interiore e la sua sensibilità esasperata lo portavano ad amare questo tema, sia per il gusto puro e semplice della narrazione nei suoi colorati e panici risvolti paesaggistici e per gli spunti umani e sociali, sia per le innumerevoli possibilità simboliche ed allegoriche che potevano essere intrecciate al motivo del viaggio.
Bisogna aggiungere che gli itinerari di Hesse sono prevalentemente a piedi, nascono da esperienze personali, raccontate a volte in prima persona, e che non soltanto i personaggi bizzarri o irregolari, o ispirati come Siddharta, percorrono camminando le strade della Svizzera, dell’Italia, della Germania e del mondo, ma anche normalissimi borghesi per una piacevole e rilassata vacanza, o per cercare i luoghi del passato e dei ricordi – altro tema principe di Hesse.
Knulp, come personaggio, è in apparenza quanto di più dissimile si possa immaginare da Siddharta; il racconto si dipana tra paesini ridenti, campagne pittoresche, foreste, stagioni della Germania, fra case alte e strette, piazze e fienili, osterie e gente che fa i mestieri più semplici, eppure, nonostante la puntuale e saporita precisione dei dettagli, la narrazione si configura sempre di più, procedendo verso il finale, come una sorta di “fiaba” simbolica della vita e del destino dell’uomo. 
Attraverso la primavera e l’estate, che fungono da sfondo ai primi due capitoli, si arriva all’autunno e all’inverno del vagabondo Knulp, che, a differenza del principe Siddharta, non cerca consapevolmente nelle esperienze della vita una propria maturazione interiore, ma dopo l’infanzia felice e densa di spontanei sapori, azioni e visioni indimenticabili, durante l’adolescenza giunge a un punto di rottura con l’armonia del mondo, e si estranea dal tessuto sociale, si lascia vivere.
Si scoprirà verso la fine che il motivo scatenante, ma non sufficiente a spiegare il destino di Knulp, è stato un amore non corrisposto, congiunto con un equivoco e con il suo carattere ostinato e fatalista.
Percorrerà le strade del suo paese osservando gli altri e godendo in semplicità la natura, le stelle notturne e l’ombra nei prati, un pranzo e un’ospitalità offerte con gioia in cambio di una conversazione spiritosa, una canzone, una poesia, una battuta.
Knulp è un vagabondo speciale, che attraversa la vita come un signore, cura il suo aspetto e i suoi abiti nei limiti del possibile; le ragazze sono attirate dai suoi modi distinti e dalla sua allegria, non gli mancano gli amici sparsi dappertutto.
Nasconde a tutti la fatica e la malattia; non si lega a nessun luogo e a nessuna persona.
Dovunque arrivi, poco dopo riparte. Libero e solo.
Visto che tutto finisce, Knulp non si vuole aggrappare a nulla, fuorchè alla sua condizione di perpetuo viaggiatore, senza fissa dimora; e tuttavia conosce alcuni limiti ben precisi, infatti Knulp, pur attratto dal fascino dei paesaggi nordici, finisce sempre per ritornare nella Germania meridionale, e il suo ultimo pellegrinaggio, quando sa di dover morire di tubercolosi di lì a poco, sarà verso e nel suo paese natale, e poi intorno ad esso in cerchi concentrici fino al momento della morte, assiderato nella neve ma in sorridente colloquio con il buon Dio.
I momenti più intensi del libro sono i momenti di comunione fra il protagonista e la natura, sotto forma di paesaggi colorati e ben precisi, e due colloqui: quello finale, che ho appena citato, e quello con il suo amico che parla in prima persona nel capitolo centrale, e che si svolge in un cimitero.
Qui si raggiungono vertici di raffinata e filosofica introspezione, sotto forma di racconto, drammatico o scherzoso.
Nessun intellettualismo, niente retorica, ma una perfetta semplicità e la sensazione di scendere nel cuore dei problemi essenziali dell’uomo.
Un altro timbro caratterizzante di questo agile volumetto di Hesse è il tono umoristico che trapela in molte scene; lo scrittore mette in rilievo le contraddizioni di una società estremamente attaccata alle proprie abitudini e tradizioni, ma sempre con tolleranza ed empatia.
In fin dei conti, Hesse è Knulp, rivoluzionario senza acredine.

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