Sebbene non fosse riconducibile ad una scuola precisa ma solamente a un atteggiamento generale, la sofistica si può distinguere per i seguenti punti:
1. Il relativismo, per cui la conoscenza si riduce all'opinione e il bene all'utilità. La verità e i valori morali non sono più certezze, ma si ammette che verità e valori possano mutare a seconda dei luoghi e dei tempi;
2. Il concentrarsi maggiormente sui problemi dell'uomo, e un minore interesse per le questioni teoretiche legate alla ricerca del principio e della giustificazione del mondo;
Questi primi due punti sono riconducibili in special modo a Protagora e Gorgia, mentre per la seconda fase del sofismo si possono distinguere altri due punti centrali:
3. L'eristica, ovvero l'abilità di sostenere e confutare contemporaneamente argomenti tra loro contraddittori;
4. La contrapposizione tra la natura e la legge, e il riconoscimento che in natura vige la legge del più forte;
Dunque, centrale è il tema del relativismo, ovvero la consapevolezza che la realtà è filtrata e interpretata da ogni uomo in modo diverso. Nel sofismo l'argomento polemico dell'impossibilità della verità deriva dalla constatazione che ogni conoscenza è frutto di una contrapposizione tra tesi contrarie, e che tali tesi, ognuna sostenuta dalle diverse scuole di pensiero, impongono le proprie conclusioni sulle altre (come verità). Tali dissidi insanabili portano i sofisti a dichiarare l'impossibilità da parte della conoscenza umana di raggiungere la certezza e la verità universale (la verità è l'opinione).
Col tempo tale atteggiamento divenne quasi una forma di estetismo della ragione, per cui la logica non era più al servizio della verità ma al servizio della confutazione e della dimostrazioni di tesi ad hoc, attraverso l'uso della retorica come strumento tecnico codificato. Molti sofisti, infatti, soprattutto nella seconda fase del movimento, organizzavano regolarmente vere e proprie esibizioni pubbliche in cui davano sfoggio delle loro abilità retorica: lo spettacolo preferito erano le antinomie, ovvero la contemporanea dimostrazione di una tesi e del suo contrario (vedi eristica, punto 3).
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PROTAGORA
(491-? a.C.)
PROTAGORA
(491-? a.C.)
Protagora nacque ad Abdera ma conobbe la sua fortuna ad Atene, dove Pericle, suo estimatore, gli diede l'incarico di scrivere le leggi della colonia di Turi. Purtroppo il suo periodo aureo si interruppe ben presto, quando affermò che non poteva ammettere, secondo logica, l'esistenza degli dei, cosa che gli valse l'esilio in Sicilia. Morì naufragando durante la fuga.
L'opera principale di Protagora si intitola Antilogie, ovvero "discorsi antitetici", dove ad ogni argomento corrisponde il suo contrario, in modo da dimostrare come la verità sia impossibile da raggiungere proprio nell'ambito della ragione stessa (la ragione ha in sé l'errore, per cui è impossibile dimostrare qualsiasi verità razionalmente).
L'uomo è misura di tutte le cose. Non esiste altro criterio per stabilire la verità se non l'esperienza stessa che si pone di fronte in modo diverso a uomini diversi. Solo ciò che i sensi percepiscono è reale, ciò che non percepiscono non esiste. L'uomo è misura di tutte le cose, ovvero, ciò che viene percepito dall'uomo è il solo criterio per giudicare la realtà (e la verità).
Da ciò deriva che non esiste una sola verità, perché lo stesso fenomeno percepito in un certo modo da un uomo, può essere percepito diversamente da un altro, in tal caso entrambi i giudizi costituiscono verità (ad esempio, se un uomo percepisce l'acqua di un fiume come calda, mentre allo stesso tempo e nello stesso luogo un altro uomo la percepisce fredda, entrambi gli uomini hanno ragione).
Il compito del filosofo. Se ogni uomo raggiunge la verità con i propri mezzi (seguendo le proprie percezioni), compito del filosofo non è più la ricerca della verità assoluta, che non esiste, ma quella di aiutare le persone a migliorare l'esposizione delle proprie idee e i propri giudizi, così da predisporli verso un sapere più ampio. Compito del filosofo è quindi quello di elevare l'uomo a livelli di civiltà superiori, non tanto perché costituisca verità nei confronti di civiltà inferiori, ma in quanto l'elevarsi a civiltà superiore conviene in senso utilitarista.
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GORGIA
(485-377 a.C. circa)
GORGIA
(485-377 a.C. circa)
Gorgia nacque a Lentini, in Sicilia. Si procurò fama di grande oratore, capace con la sua dialettica di rovesciare il senso comune e battere qualsiasi avversario. Questa grande capacità oratoria gli permise di accumulare una ingente fortuna economica, tra l'altro sperperata prima della sua morte, e di avere un grande seguito di allievi. Morì all'età venerabile di 108 anni a Larissa, in Tessaglia.
Gorgia era in grado di confutare qualsiasi tesi a richiesta, spesso nemmeno lui si curava troppo di credere in ciò che sosteneva, ma questo non era importante visto che, da buon sofista, predicava una verità diversa per ogni diversa situazione. Scopo della sua filosofia, non la ricerca del vero assoluto, ma la scelta delle parole più utili che gli garantissero di prevalere nello scontro dialettico.
Gorgia diede prova di grande perizia dialettica sul tema parmenideo dell'essere e del non-essere, dimostrando che:
1. Nulla esiste;
2. Se anche qualcosa esistesse, non potrebbe essere comprensibile all'uomo;
3. Se anche qualcosa fosse comprensibile, sarebbe incomunicabile.
1. Che nulla esiste è dimostrabile nel fatto che se esistesse qualcosa sarebbe o l'essere o il non-essere, oppure entrambi. Escludendo il non-essere, che non è, si passa all'analisi dell'essere. Esso sarebbe infinito o generato. Se fosse infinito allora non è in alcun luogo preciso e quindi non esiste. Se fosse generato allora lo sarebbe dal non-essere, e non potrebbe, o dall'essere. Ma l'essere lo è già e non può generare. Quindi nulla è.
2. La seconda tesi è dimostrabile in questo modo: se non possiamo dire che le cose pensate esistono, non potremmo neanche dire che si può pensare l'essere, e se l'essere non è pensabile allora non è nemmeno comprensibile.
3. La terza tesi è spiegabile tenendo presente che l'uomo comunica solo attraverso i sensi, più precisamente trasmette l'idea di un oggetto con la parola. Ma la parola non può trasmettere l'oggetto stesso, essendo la parola solamente un simbolo. Ciò che non è espresso non può essere realtà.
La difesa di Elena. Altro argomento che diede fama a Gorgia fu la difesa di Elena, ritenuta colpevole di aver scatenato la guerra di Troia.
Ne L'encomio di Elena, Gorgia sostiene che essa fu convinta a tradire il marito Menelao dalle affabulazioni verbali di Paride: ella non aveva quindi proprie colpe specifiche che ne danneggiassero la virtù.
In sostanza, Gorgia riconosceva alla parola il potere di ipnotizzare l'interlocutore fino a fargli perdere la ragione. La difesa di Elena può considerarsi, storicamente, un omaggio alla parola come edificatrice di verità, omaggio che non poteva non provenire da un sofista doc quale era Gorgia.
Scheda di Synt - Ultimo aggiornamento Maggio 2004
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