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Non c'è quindi una legge di natura che costringa l'uomo nelle sue catene
di causalità necessaria. Il determinismo è confutato innanzitutto sul
piano della esperienza concreta e poi su quello più propriamente
scientifico.
La difesa della libertà umana condotta da Chesterton
affronta però anche un altro opposto avversario. Il determinismo era un
clima consolidato contro cui si ergevano anche alcune teorie che
Chesterton ugualmente contesta. Egli le fa risalire a Nietzsche e per
certi altri aspetti a Tolstoj; i loro seguaci inglesi, contro cui più
strettamente polemizza sono principalmente G. B. Shaw, il poeta John
Davidson e per certi aspetti H.G. Wells.
Il punto comune delle loro
teorie era l'affermazione, contro il razionalismo deterministico, della
Volontà, ma della volontà intesa come sostrato divino del mondo, Volontà
di potenza come nuovo principio etico opposto alla morale corrente,
volontà come autoaffermazione e autoesaltazione dell'uomo.
Questi autori, dice Chesterton
“Sono
dei fanatici, e ne hanno ben donde: con questa dottrina della divina
autorità del volere, essi si illudono di poter uscire dalla dannata
fortezza del razionalismo. Pensano di poter evadere.
Ma non possono. Questo orgoglio della Volontà finisce nello stesso sfacelo e nello stesso vuoto del puro procedimento logico”. (GKC, Ortodossia, pag. 54)
Queste dottrine della Volontà infatti fraintendono profondamente la natura della volontà.
“Non
si può ammirare la volontà in generale perchè l'essenza della volontà è
di essere particolare. [...] Tutti costoro parlano della volontà come
qualcosa che erompe, che si espande. Ma è proprio vero il contrario:
ogni atto di volontà è un atto di auto limitazione. [...] Scegliendo una
cosa, voi rifiutate tutte le altre.
L'obiezione che i fautori di
questa teoria sogliono fare all'atto del matrimonio, è un’ obiezione a
qualunque atto. Ogni atto rappresenta una scelta e un'esclusione
irrevocabile. Quando sposate una donna, rinunziate a tutte le altre,
così come quando prendete una decisione rinunciate a prendere le altre.
Se diventate Re d'Inghilterra, voi rinunciate al posto di bidello a
Brompton. Se ve ne andate a Roma, sacrificate una ricca e attraente vita
a Wimbledon”. (GKC, Ibidem, pag. 55 e 56)
E' questa deficienza
di analisi razionale che condanna le dottrine della Volontà: come
l'esaltazione della ragione razionalista ha condotto alla paralisi del
pensiero, così l'esaltazione della volontà e quindi dell'azione per sé
stessa conduce alla paralisi fisica
“Il volere del Tolstojano è
reso frigido da un istinto buddista che ogni azione determinata sia
male; il volere del nietzschiano è ugualmente immobilizzato dalla sua
stessa idea che ogni determinata azione sia bene; giacché se ogni azione
è bene nessuna azione si distingue da un'altra. Sono fermi, l'uno e
l'altro, a un crocevia, dove l'uno rifiuta tutte le strade e all'altro
invece piacciono tutte.
La conclusione non è difficile ad immaginarsi: rimangono fermi al crocevia”. (GKC, Ibidem, pag. 59 e 60)
In
parole povere, quella libertà o volontà che essi esaltano non ha nulla a
che vedere con la reale libertà umana, che è capacità di scelta tra
possibilità diverse ma pur sempre finite. La libertà umana pur
possedendo una sorta di onnipotenza, non permette all'uomo di evadere
dall'ambito del finito; ogni scelta infatti lega l'uomo più strettamente
alla sua finitudine, determinandolo in un particolare. L'errore che
accomuna la dottrina della volontà di potenza con il pacifismo
tolstoiano è il loro identico atteggiamento di ripulsa verso il finito.
Poiché
il loro errore nasce da una mancanza di analisi razionale, vale a dire
di realismo, il loro rifiuto dell'intellettualismo finisce precisamente
nell'intellettualismo: rinunciare alla ragione non è ragionevole e
conduce allo stesso risultato cui conduce ogni posizione irragionevole:
il fallimento
“Questo estremo tentativo per sfuggire
all'intellettualismo finisce nell'intellettualismo e perciò nella morte.
La liberazione non c'è stata.
L'anarchismo sciolto da tutte le leggi
e il materialismo costretto nei lacci di una legge fatale arrivano allo
stesso risultato negativo”. (GKC, Ibidem, pag. 59)
Nella
polemica contro queste posizioni su un solo aspetto della definizione
della libertà Chesterton insiste: la libertà non è mancanza di limiti.
La libertà non è qualcosa che supera un limite, espandendosi, ma
qualcosa che fissa un limite, determinandosi.
“Ebbi l'impressione
che il mondo concepisse la libertà come qualcosa che agisce verso
l'esterno. lo l'ho sempre concepita come qualcosa che agisce verso
l'interno”. (GKC, Autobiografia, pag. 106)
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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