Da "http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020905.htm" :
di ARMANDO TORNO
Parla Sir Michael Dummett, celebre
filosofo della matematica a Oxford Le confessioni di un pensatore conquistato
dai simboli del gioco «che li contiene tutti»
È uno dei massimi esperti di logica. E di tarocchi. Sir Michael Dummett,
professore a Oxford, lo si intervista sempre con un sorriso, lo si incontra
ogni volta con piacere.
Soprattutto se si ripensa ai soffitti secenteschi della
Biblioteca Bodleiana, dove un motto latino scandisce il lavoro secolare della
ricerca oxoniense: «Dominus illuminatio mea», il Signore è la mia luce.
Fu
scritto troppo tardi perché lo potesse leggere Roberto Grossatesta, che qui,
nel XIII secolo, insegnò teologia.
Un autentico innamorato della luce e un fine
esegeta della volontà, così come Sir Dummett ha cambiato prospettive di
pensiero con i suoi studi su Frege e con la ricerca di una «teoria
sistematica del significato».
Ma anche con quel grosso tomo, edito in Italia da
Bibliopolis, intitolato Il Mondo e
l’Angelo.
I Tarocchi e la loro storia. E ora esce presso il melangolo la
nuova edizione de I Tarocchi siciliani.
Professor
Dummett, i tarocchi hanno un’origine islamica?
«Le carte da gioco sono arrivate in Europa nel ’300 dal
regno mamelucco di Egitto e Siria. Giunsero prima a Valencia e a Venezia. Ma il
mazzo di tarocchi è invenzione italiana, fatta probabilmente nella corte
viscontea di Milano o in quella estense di Ferrara verso il 1425».
In che consisteva l’invenzione?
«Nell’addizione di 26 carte a un mazzo italiano di 52: una quarta figura,
la Regina, in ciascuno dei quattro semi; una serie di 21 "trionfi",
ciascuno con l’immagine di un soggetto - il Papa, l’Amore, la Giustizia, il
Diavolo, la Luna, l’Angelo - e una singola carta, il Matto».
Dei soggetti dei trionfi colpisce sempre
l’Impiccato...
«È raffigurato capovolto per un piede, è affascinante. Era intelligibile
nel Rinascimento. Fu a Milano, a Roma, soprattutto a Firenze che si dipinsero
così in luoghi pubblici criminali e traditori dello Stato».
Ma perché i trionfi e il Matto sono
stati aggiunti al mazzo?
«Nel gioco dei tarocchi i 21 trionfi funzionano da briscole: di fatto
l’invenzione di queste carte è anche quella delle briscole. Prima esistevano
giochi di prese, senza briscole; si praticavano in Persia e anche nell’impero
mogol in India. Insomma, l’aggiunta dei trionfi consentì di giocare un nuovo
ruolo. Il Matto funzionava quasi come il nostro Jolly».
Allora i tarocchi non nacquero per
predire il futuro...
«No, e nemmeno per praticare altri fini occulti. Di fatto, la predizione
applicata alle carte da gioco ebbe origine solo nel ’700 a Bologna e qualche
anno dopo, indipendentemente, in Francia. Verso la fine del XIX secolo la
pratica di predire il futuro per mezzo dei tarocchi si estese a Inghilterra e
Stati Uniti. Da qui ritornò in Occidente ».
Come si diffusero in Italia?
«I tre primi centri del gioco furono Milano, Ferrara e Bologna. Entro il
1450 erano conosciuti a Firenze, e a Roma probabilmente prima della fine del XV
secolo. Correva il 1663 quando il vicerè di Sicilia introdusse il gioco
nell’isola».
E nel resto d’Europa?
«All’inizio del ’500, quale conseguenza delle guerre francesi per Milano, i
tarocchi arrivarono in Francia e Svizzera. Nel ’600 penetrarono nei territori
di lingua tedesca, poi nel resto d’Europa. Qualche eccezione c’era: la penisola
iberica, le isole britanniche e i paesi sotto il dominio turco. Disperdendosi,
il gioco sviluppò molte varianti, che mantenevano caratteristiche tipiche».
Tornando all’idea di briscola , deriva
veramente dai tarocchi?
«Avanti il ’500 in Francia e nei primi anni del secolo in Inghilterra,
Germania e Spagna, si cominciavano a praticare giochi con il mazzo ordinario,
in cui le carte di un seme fungevano da briscole. Erano chiamati
"Triomphe" (in Francia), "Triumph" (in Inghilterra) e
simili altrove. Quello inglese era l’antenato del Whist, e perciò del Bridge; e
la parola inglese "trump" è una corruzione di "Triumph". Questi
giochi non avevano nulla in comune tranne l’uso di briscole. I loro nomi affini
a "Trionfi" indicano che avevano preso la nozione di briscola dal
gioco dei tarocchi. La stessa parola "tarocchi" è un neologismo del
XVI secolo; nel XV era chiamato "Trionfi" e il mazzo "carte da
trionfi"».
Che ne pensa di chi sostiene l’origine
egizia dei tarocchi?
«Rispondo: non è vero. Perché sono nati, lo ripeto, nell’Italia del ’400. Nel
’700 il loro gioco era tramontato a Parigi e sopravviveva soltanto nell’est
della Francia, in Borgogna e Provenza. Nel VII volume del suo Mondo primitivo (1781), Antoine Court de
Gébelin propone la teoria che i tarocchi siano stati inventati da sacerdoti
egizi per simboleggiare le loro dottrine religiose. Su questa base l’indovino
Etteilla disegnò un nuovo mazzo di tarocchi, con cui praticava la divinazione. Si
era ispirato al Pimander , attribuito
a Ermete Trismegisto. La produzione non si fermò, e mazzi divinatori di
"Tarocchi egizi" si diffusero molto nella Francia dell’800».
Ma c’è un legame fra tarocchi e mondo
esoterico?
«Nel 1854 l’occultista Eliphas Levi propose una nuova teoria: queste carte
sono di origine ebraica e si devono interpretare alla luce della Cabala. Una
simile ipotesi, poi molto seguita, fornisce simboli a volontà. Così i tarocchi
sono diventati una componente forte delle teorie magiche. Il fenomeno fu
limitato, almeno per circa 35 anni, alla Francia; poi sbarcò in Gran Bretagna e
quindi trovò fortuna in tutto il mondo occidentale. E questo anche se
storicamente tali carte non hanno un legame con la magia, sono semplicemente
strumenti per giochi ingegnosi. Le interpretazioni occultistiche dei tarocchi
non hanno bisogno di prove, sono assiomi».
Quando ha cominciato a occuparsi del
gioco dei tarocchi?
«Intorno al 1965 mia moglie ed io eravamo in vacanza con i figli in
Normandia e abbiamo comperato un mazzo di queste carte con le annesse
"regole del gioco". Lo abbiamo trovato molto interessante. Tornato in
Inghilterra, ne ho comperato un mazzo austriaco, che proponeva un gioco diverso
da quello francese, sebbene con somiglianze manifeste. Ho cercato di scoprire
come si giocava in Italia, ma nessuno sapeva informarmi. Allora mi sono
documentato io stesso, attraverso i libri antichi di giochi, sino a trasformare
queste ricerche nel 1980 in un saggio, The
Game of Tarot ».
Lei ha viaggiato in Sicilia per conoscere e giocare ai tarocchi...
«Non so più quanti viaggi ho fatto in vent’anni, accompagnato dal
giornalista Marcello Cimino, un caro amico. Mi diede un aiuto inestimabile. Dirò
che nel 1900 il gioco era conosciuto in tutta la Sicilia, dal 1950 circa
sopravvive in 4 paesi disparati. Sia il mazzo, sia il gioco siciliano dei
tarocchi hanno assunto forme sorprendenti, diverse da tutte le altre. Il più
bel ricordo l’ho a Calatafimi, in un circolo, i cui membri sono stati
gentilissimi con me».
In che consiste il fascino di questo
gioco?
«Forse nel fatto che non è unico, perché ne contiene molti. Ed è sempre
un’invenzione di genio. I mei preferiti sono i tarocchi bolognesi, siciliani,
ungheresi e danesi».
Intingo l’ultima domanda nel
patriottismo: continuano i giocatori stranieri a usare carte italiane?
«No. Intorno al 1750 i fabbricanti tedeschi introdussero un nuovo tipo di
tarocchi, nel quale i semi francesi di picche, fiori, cuori e quadri
sostituivano quelli italiani. I soggetti tradizionali dei trionfi erano
rimpiazzati da animali o da scene della vita quotidiana; i trionfi erano
identificati soltanto per grandi numeri, romani o arabi. Alla fine del ’700
questi nuovi tarocchi erano stati adottati dappertutto, tranne che in Italia,
Francia e Svizzera. I giocatori francesi cominciarono a utilizzare tarocchi con
i loro semi solo all’inizio del ’900».
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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