Nati sotto Saturno
Mercoledì 2 Giugno 2010
di  
Interviene sul nostro Mensile ‘Nati sotto Saturno’ il giornalista e 
autore Gian Carlo Zanon, di Roma. Prendendo vari spunti da una lezione 
svoltasi all’Università di Chieti (Pescara), che aveva per tema la 
pedofilia, descrive una pericolosa deriva culturale a favore della 
pedofilia, presente nella cultura italiana e europea. Nell’articolo, tra
 i vari rimandi, vi è, tra gli altri, quello tra un fatto di cronaca 
vero, il caso Chiatti, e una famosa rappresentazione cinematografica del
 tema,  M - Il mostro di Düsseldorf .
Il 7 di maggio 2010 all’Università degli studi G. D’Annunzio di 
Chieti-Pescara, si è svolta una preziosa lezione che aveva per tema la 
pedofilia. Alla lezione sono intervenuti: il Prof. Andrea 
Masini-psichiatra, la Prof.ssa Annamaria Zulli-psicologa, Federico 
Tulli-giornalista, Francesco Dall’Olio-magistrato, Clementina 
Ruggeri-avvocato.
Il tema, molto delicato, soprattutto dopo lo scandalo dei preti 
pedofili, ormai scomparso solo dalle pagine dei giornali, è stato 
scandagliato da tutti i punti di vista in modo interdisciplinare. Dai 
docenti, che si sono avvicendati, sono uscite conoscenze importati e 
sconcertanti. Dal punto di vista psichiatrico è stato affermato più 
volte che il crimine di pedofilia devasta la psiche del bambino spesso 
in modo irreparabile tanto da farne a sua volta un criminale pedofilo. 
Uno di questi è Luigi Chiatti, il Mostro di Foligno: lui stesso aveva 
lasciato vicino al primo bambino violentato ed ucciso un biglietto 
farneticante scritto con il normografo firmandosi “il mostro”: «Aiuto!
 Aiutatemi per favore. Il 4 ottobre ho commesso un omicidio. Sono 
pentito ora anche se non mi fermerò qui. (… ) “PS.: non cercate le 
impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei 
guanti. Saluti, al prossimo omicidio”.»
Sconvolgenti sono le affinità tra questo fatto di cronaca e il film M - Il mostro di Düsseldorf
 , del 1931, diretto da Fritz Lang. Il protagonista, Hans Beckert, 
pedofilo e assassino seriale, nella famosa deposizione davanti al 
tribunale popolare, composto dalla criminalità locale e dalle madri 
delle bambine uccise, si accusa dei crimini dicendo che è una voce che 
gli comanda di uccidere: «Che cos’è che sento urlare dentro al mio 
cervello? E come uccido: non voglio! Devo! Non voglio! Devo! E poi sento
 urlare una voce, e io non la posso sentire! ( …) Soltanto quando 
uccido, solo allora... ( la voce si placa n.d.r.) E poi non mi ricordo più nulla.»
Nel dibattito che è seguito alla lezione di Chieti è emerso chiaramente 
la malattia psichica coattiva che “obbliga” il pedofilo alla violenza 
sui minori ancora fisicamente e psichicamente non atti al rapporto 
sessuale. Il pedofilo è un “serial killer”  ha 
affermato il Giudice Dall’Olio confortato dall’esperienza sul campo 
dello psichiatra Andrea Masini, quindi, un malato di mente grave e 
pericoloso che, se non arriva ad uccidere fisicamente, “uccide psichicamente”.
Il 28 dicembre 1994 Luigi Chiatti viene condannato a 
due ergastoli. Ma la vicenda non è conclusa: l’11 aprile 1996 la corte 
d’Assise d’Appello di Perugia riforma la sentenza di primo grado, lo 
ritiene seminfermo di mente e lo condanna a 30 anni di reclusione. 
Determinante si rivelerà la testimonianza di un giovane che aveva 
trascorso diversi anni in brefotrofio con Chiatti il quale racconterà di
 violenze sessuali subite da entrambi da parte di un prete.
Inoltre ciò che è venuto sorprendentemente alla luce, durante la 
lezione, è da far tremare i polsi: una certa parte di uomini della 
cultura sono, e sono sempre stati, se non dichiaratamente pedofili come 
molti filosofi greci, da Socrate in poi, dalla parte dei pedofili, 
quindi complici della violenza sui minori.
Una pericolosa deriva culturale, che va dalle velate e “veniali” affermazioni di un filosofo tanto acclamato come Umberto Galimberti
 che svogliatamente chiama la perversione che devasta i bambini 
“attrazione erotica verso i bambini”, svuotando in questo modo di senso 
la tragedia della pedofilia, alle reiterate affermazioni di Michel Foucault,
 il ”grande filosofo” francese, il quale sosteneva che il bambino, è un 
seduttore che cerca il rapporto sessuale con l’adulto e che quindi ha 
tutto il diritto di fare l’amore con gli adulti.
Anche Nichi Vendola, l’attuale Governatore della Regione Puglia, in un’intervista di Stefano Malatesta apparsa sul quotidiano La Repubblica il 19 maggio 1985 affermava senza ombra di dubbio: «Non
 è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, 
cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere 
rapporti tra loro, o con gli adulti … ». Ora Vendola è in lizza per 
dirigere la sinistra alle prossime elezione, qualcuno potrebbe 
chiedergli se la pensa ancora così o se erano state le cattive letture e
 le cattive compagnie a suggerirgli questa frase che, ora, è un’apologia
 di reato. Se la pensa ancora così potrebbe dare una mano ai camerati 
del Pdl e della Lega i quali zitti zitti, nel disegno di legge sulle 
intercettazioni avevano infilato l’emendamento 1.707, quello che 
introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei 
confronti di minori.
Certo che di cattive compagnie ce ne sono state molte tra i “maestri del
 pensiero”. Primo fra tutti Freud il “grande pensatore” ancora osannato 
sulle pagine dei giornali nonostante la demolizione operata da una parte
 della cultura francese, l’ultima bordata è di Michel Onfray,
 che denunciano il suo non-pensiero, che, tra le altre nefandezze, lo 
portava a scrivere a Mussolini definendolo: “un’eroe della cultura“. Ma 
c’è anche una parte della cultura francese che ha alzato gli scudi per 
difendere sia Freud sia il ministro della cultura Frederic Mitterrand che nel suo libro autobiografico «La Mauvaise Vie», narrava i suoi rapporti pedofili, facendo un’apologia del turismo sessuale e affermando che forse «sono relazioni sbagliate ma non crimini.»
Sigmund Freud è uno dei principali colpevoli di questa ambivalenza,
 che tanto ha corrotto il pensiero culturale, nei confronti del crimine 
di pedofilia. Il “cosiddetto scopritore dell’inconscio” ripropone la 
credenza religiosa del peccato originale, definendo il bambino un 
“polimorfo perverso”. Per Freud tutti i bambini sono geneticamente 
perversi, e inoltre, scrisse di “seduzione infantile” verso gli adulti e
 affermò che il bambino molto spesso fantasticava la violenza o la 
manipolazione subita, favorendo, in questo modo, l’impunibilità dei 
pedofili e togliendo al bambino la verità, prezioso strumento di cura 
dal trauma psichico subito.
In questa brutta storia sulla violenza ai minori che da sempre avvelena 
la cultura vi sono molti complici. Nell’ottobre 2009 un articolo di 
Mario Gamba, sul quotidiano L’Altro, strillava in prima pagina: ”Roman Polanski, per favore non chiamatela pedofilia”.
 L’articolo giustificava la violenza del regista, il quale stuprò una 
ragazzina di tredici anni, e difendeva il sesso con i minori. Il 6 
ottobre, il quotidiano Terra, pubblicò la presa di 
distanza di molti politici e intellettuali di sinistra, bloccando sul 
nascere la legittimazione alla pedofilia. In questo appello interveniva 
anche Vendola dicendo che « … quello de L’Altro è solo un brutto 
incidente, di cui gli autori si prendono la responsabilità … (…) SL non 
farà nessun dibattito sul tema.»
Legittimazione
 che invece corse sui giornali, invisibile ai più, nel 2005 per le 
celebrazioni culturali del trentennale dalla morte di Pasolini. Adriano Sofri, La Repubblica, venerdì 21 ottobre 2005,  citava Pasolini il quale affermò: “Io, come il dott. Hide, ho un’altra vita »
 . Pasolini sbagliò la citazione, era il dott. Jekill lo scienziato 
buono che cercava di fermare la cattiveria degli esseri umani; era 
mister Hide il suo doppio cattivo che faceva del male, soprattutto alle 
donne. Infatti sul supplemento Queer di Liberazione, di domenica 16 
ottobre 2005, in un articolo di Renzo Paris, viene accennato dei 
ricoveri  di Pasolini in strutture psichiatriche per sdoppiamento di 
personalità: dott. Jekill faceva l’intellettuale acclamato, mister Hide 
sfruttava sessualmente i ragazzi di vita spesso minorenni come, poi lo 
vedremo,  raccontano i suoi compagni di merenda sui giornali senza 
rendersi conto di ciò che dicono.
Ma Pasolini chi era? Cosa faceva agli esseri umani? Sempre nello stesso articolo, altra citazione di Pasolini che scriveva: “Non c’è disegno di carnefice che non sia suggerito dallo sguardo della vittima”.
 Aveva imparato bene la lezione di Freud  il quale, come affermato nella
 lezione di Chieti, scriveva che la maggior parte degli stupri 
raccontati dai bambini non erano altro che loro fantasie e che comunque 
erano loro stessi a suscitare perversioni pedofile negli adulti.
Sempre sullo stesso giornale, Antonio Gnoli intervista Alberto Arbasino su Pasolini. Arbasino: “In
 quegli anni non c’erano termini che designassero omosessualità o 
pedofilia. (…) Allora non esisteva il nome e dunque non esisteva neppure
 la cosa”. Dunque, secondo Arbasino, se non esiste la parola 
pedofilia – e non è vero, dato che la parola esiste da almeno tremila 
anni - non esiste il fatto che un minorenne violentato da un adulto sia 
un individuo rovinato psichicamente, forse per sempre?
Più avanti sempre Arbasino: “Pier Paolo amava i minorenni, un’inclinazione che oggi sarebbe oggetto di una riprovazione assoluta”. Un inclinazione, che, dice Arbasino, oggi, solo oggi, “sarebbe oggetto di una riprovazione assoluta”.
 Trenta e quarant’anni fa non era un crimine? Oggi, finalmente, questa 
che, con un eufemismo, Arbasino chiama “inclinazione”, si chiama invece 
“crimine di pedofilia” e viene perseguito duramente; con le nuove leggi,
 Pasolini non solo sarebbe stato espulso dall’insegnamento e dal PCI, 
come è accaduto allora, ma sarebbe andato in galera per una decina 
d’anni. E c’è voluto il mostro di Marcinelle per fare leggi più severe. 
Quindi, secondo Arbasino, una violenza sessuale su un minore, ora, e 
solo ora, sarebbe oggetto di riprovazione assoluta, e invece  trent’anni
 fa non lo era?
Pazzesco, vero, “eppure Arbasino è un uomo d’onore” direbbe Antonio, il 
retore, cercando di convincerci che le violenze sui  bambini, come dice 
un Ministro della Cultura europea « forse sono relazioni sbagliate ma non crimini.»
Gian Carlo Zanon vive da trent’anni a Roma. Pubblica da
 quindici anni su giornali e riviste: Terra, Quattro Passi ecc. articoli
 che trattano di vari argomenti ma soprattutto recensioni letterarie. 
Scrive, per siti on-line, come Avances, Agorà Vox e molti altri, 
articoli di cronaca e di natura politica, filosofica, sociale, 
letteraria. Ha pubblicato in cataloghi d’arte della pittrice Roberta 
Pugno: la prima introduzione, Confini … volto di donna corpo di eroe per il la mostra Materia e respiro del 1999 svoltasi a Roma nel Palazzo Barberini; la seconda, Da nessun limite costretto, per la personale “L’audaci imprese io canto” svoltasi a Il Mauriziano, Reggio Emilia nel 2000. Nel marzo del 2003 una sua opera teatrale Ribellione è messa in scena al Tetro dell’Accademia delle Belle Arti di L’Aquila. Recentemente ha aperto un sito on-line, L’uomo in rivolta,
 dove la sua poetica, centrata sul tema della ribellione, viene messa a 
nudo attraverso articoli, poesie, recensioni letterarie e altro. Egli 
soprattutto è ciò che scrive.
Questa citazione di Camus è, per lui, valida come poetica e ricerca inesausta del rispetto della verità nel giornalismo.
«Ho cercato in particolare di rispettare le parole che scrivevo, giacché, per mezzo di esse, rispettavo coloro che le potevano leggere e che non volevo ingannare. (…) Dai miei primi articoli fino al mio ultimo libro io ho tanto, e forse troppo scritto, solo perché non posso fare a meno di partecipare alla vita di tutti i giorni e di schierarmi dalla parte di coloro chiunque essi siano, che vengono umiliati e offesi. (…) mi pare che non si possa sopportare quest’idea, e colui che non può sopportarla non può neppure addormentarsi in una torre. Non per virtù, ma per una sorte di intolleranza quasi organica, che si prova o non si prova. Da parte mia ne vedo molti che non la provano, ma non posso invidiare il loro sonno. »
«Ho cercato in particolare di rispettare le parole che scrivevo, giacché, per mezzo di esse, rispettavo coloro che le potevano leggere e che non volevo ingannare. (…) Dai miei primi articoli fino al mio ultimo libro io ho tanto, e forse troppo scritto, solo perché non posso fare a meno di partecipare alla vita di tutti i giorni e di schierarmi dalla parte di coloro chiunque essi siano, che vengono umiliati e offesi. (…) mi pare che non si possa sopportare quest’idea, e colui che non può sopportarla non può neppure addormentarsi in una torre. Non per virtù, ma per una sorte di intolleranza quasi organica, che si prova o non si prova. Da parte mia ne vedo molti che non la provano, ma non posso invidiare il loro sonno. »
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