Da "http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/010913.htm" :
di PIERGIORGIO ODIFREDDI
Se un nome e un luogo possono essere associati alla storia della filosofia analitica, sono quelli di Gottlob Frege e dell'Inghilterra. A entrambi è legato Michael Dummett,
probabilmente il più rappresentativo esponente vivente di questa
tradizione. Dummett è stato infatti professore a Oxford, la città in cui
vive, e con molti e fortunati volumi ha contribuito più di ogni altro a
rivalutare il ruolo del pensiero di Frege nella filosofia del
linguaggio e della matematica.
Dummett è un autore prolifico e piacevole da leggere, come dimostrano gli ultimi suoi libri appena usciti in Italia: Origini della filosofia analitica (Einaudi) e La natura e il futuro della filosofia
(Melangolo). Famoso anche per la sua vena polemica, che ha potuto
sfogare in molti interventi anche su giornali italiani, non si smentisce
neppure in occasione di questa intervista.
Lei considera la filosofia come una disciplina
puramente accademica. Questo può suonare strano in Italia, dove imperano
i filosofi di corte e di palazzo: da Marcello Pera a Rocco Buttiglione, da Gianni Vattimo a Lucio Colletti.
"Quelle sono eccezioni. La maggioranza dei filosofi, anche
in Italia, sta in università. Anzi, io dubito che oggi la filosofia
possa fiorire indipendentemente dall'ambiente accademico".
Parlando di baroni, mi viene in mente che lei è diventato baronetto nel 1999. Per quali meriti?
"Per "contributi alla filosofia e alla giustizia
razziale". Fin dagli anni Sessanta ho lavorato in comitati per
l'integrazione razziale e contro la discriminazione, e sono stato tra i
fondatori del Comitato di Assistenza per l'Immigrazione. Bisogna
lavorare molto, a livello politico e giornalistico, per alimentare
rispetto e simpatia verso rifugiati e immigranti, invece di odio e
paura".
Veniamo alla filosofia, che lei identifica con
l'analisi del linguaggio. Per quale motivo dovremmo imparare qualcosa
dell'uomo in generale, o addirittura del mondo esterno, dall'analisi di
specifici linguaggi naturali (indoeuropei)?
"Frege diceva che gli uomini possono concepire soltanto
pensieri linguistici, ma non escludeva che per altri esseri questo
potesse non essere vero. Secondo me, esagerava: io non credo che una
creatura possa concepire un pensiero che non sia in grado di esprimere.
In ogni caso, se anche lo studio del linguaggio non fosse l'unico mezzo
possibile per l'analisi del pensiero, certamente è uno strumento
indispensabile. E poiché è attraverso il pensiero che noi concepiamo la
realtà, il suo studio ci chiarifica qualcosa anche del mondo esterno".
Ma non sono piuttosto le filosofie, così come le
visioni del mondo, a riflettere i linguaggi in cui sono espresse? Ad
esempio, la filosofia analitica l'inglese, quella continentale il
tedesco, quella indiana il sanscrito, e così via?
"Frege diceva anche che, se l'espressione dei pensieri
fosse l'unico scopo del linguaggio, tutte le lingue avrebbero la stessa
grammatica. Ancora una volta, esagerava: in fin dei conti, i testi di
filosofia si possono tradurre abbastanza fedelmente. Almeno, lo spero,
visto che alcuni dei miei sono tradotti in italiano!".
Le sue citazioni di Frege mostrano che lei è stato
molto influenzato dalla logica matematica. Si tratta soltanto di una
contingenza personale, oppure di una necessità filosofica?
"Frege ha trovato un simbolismo che permette di esprimere
adeguatamente la struttura del pensiero. Non è perfetto, ma è il
migliore che abbiamo. Per questo tutti i filosofi analitici, e anche gli
altri, dovrebbero conoscere almeno i rudimenti della logica matematica.
E non solo di quella classica, ma anche della logica intuizionista e
dei suoi motivi per rifiutare il principio del terzo escluso".
Matematici e scienziati sembrano avere poco
interesse per la filosofia della matematica e della scienza. Si tratta
solo di mancanza di sensibilità? O non è piuttosto la consapevolezza che
i filosofi si concentrano su problematiche irrilevanti?
"Gli specialisti che snobbano le analisi filosofiche non
sono molto più rispettabili degli ignoranti che snobbano l'attività
intellettuale. Le discussioni sui fondamenti della meccanica quantistica
mostrano che c'è una bella differenza tra usare una teoria che
"funziona", e capire che cosa essa significhi".
A me sembra che molti scienziati abbiano dedotto dalla "beffa Sokal" che la filosofia è indistinguibile dalla propria parodia.
"Credo che la "beffa Sokal" dimostri soltanto che un certo
tipo di sociologia è indistinguibile dalla propria parodia. Comunque
questa è una bella frase: complimenti!".
A proposito di parodie, Borges diceva che la
teologia è una forma di letteratura fantastica. Leggendo il suo ultimo
libro, sono rimasto scioccato nel sentire che lei si dichiara cattolico.
"Questa, invece, è un'espressione di trionfalismo
antireligioso. Se io rimanessi scioccato nel sentire che lei si dichiara
ateo, sarei considerato arrogante. Poiché l'ateo si sente
maggioritario, almeno fra gli intellettuali, si permette atteggiamenti
di superiorità verso i credenti".
Intendevo dire che sono rimasto molto sorpreso di
questa dichiarazione, alla fine di un libro in cui lei attacca duramente
la Chiesa sulla limitazione delle nascite e la prevenzione dell'AIDS.
"Le mie critiche sono rivolte alla politica del Vaticano,
che è spesso mal concepita e a volte molto sbagliata. Il mio dissenso
col Papa sulla pillola riguarda un insegnamento che non ha fondamento né
storico né dottrinale".
Come concilia, comunque, le sue idee filosofiche e religiose?
"Lei crede che essere cattolico sia in conflitto con l'essere filosofo?".
Con l'essere un filosofo analitico, si. E anche con l'essere scienziato.
"E perché?".
Anzitutto, perché la religione cattolica si basa su
dogmi. E poi perché questi dogmi non hanno né senso né significato,
tanto per usare la terminologia di Frege.
"Certo il credente ha problemi che il non credente non ha.
Ad esempio, l'Eucarestia, la Resurrezione e l'Immacolata Concezione, su
ciascuno dei quali ho scritto un articolo. O l'Assunzione, sulla quale
un socialista come Aneurin Bevan poteva solo commentare: "Beh, era il
minimo che Cristo potesse fare per sua madre"... Io credo che un
filosofo debba seguire i suoi ragionamenti dovunque lo portino, anche
contro la sua fede. O contro la sua mancanza di fede. E se arriva a
negare qualcosa alla quale non può rinunciare, deve onestamente
riconoscere di non essere in grado di accettare le conclusioni. La
filosofia sta più nei ragionamenti che nelle conclusioni".
Per finire in maniera più leggera, lei ha scritto vari libri sui tarocchi. Come mai questa passione?
Molti anni fa ero in vacanza in Francia con la mia
famiglia. Abbiamo comprato dei tarocchi francesi e ci siamo
appassionati. Poi ho scoperto che in Austria c'era un gioco dello stesso
genere, ma molto diverso. Mi sono chiesto come si giocasse negli altri
paesi, e poiché gli esperti che ho consultato non lo sapevano, ho
cominciato a fare ricerche per conto mio. Nel 1980 ho pubblicato in
inglese Il gioco dei Tarocchi, che tratta dei vari tipi di gioco. Nel 1993 ho invece pubblicato in italiano Il mondo e l'angelo (Bibliopolis), che tratta dei vari tipi di carte. E sono diventato un giocatore entusiasta, benché non buono".
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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