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All'uomo è chiesto dunque di farsi piccolo, non per scomparire, ma per
esistere.
Di questo il bambino è l'emblema e il modello, e ad esso
Chesterton si richiama spesso, non per una esaltazione
dell'infantilismo, ma proprio perché il bambino è l'esemplificazione
migliore di questa condizione morale.
Quella condizione di dipendenza
che abbiamo visto essere la natura stessa dell'uomo è nel bambino
evidente e incontestabile.
Per il bambino il chiedere non è umiliazione
anche se è riconoscere la propria insufficienza; non è umiliazione
perché è l'unica condizione per crescere.
Poiché crescere è il compito
che la sua stessa natura gli impone, il bambino ricerca ciò di cui ha
bisogno per crescere e obbedisce alle condizioni che il mondo impone
alla sua ricerca.
Egli è così anche il modello della ricerca
intellettuale; la sua stessa natura lo pone nella posizione più idonea
alla scoperta della verità; la sua povertà lo lascia senza nulla da
difendere.
Per il bambino il mondo è nuovo ed egli lo accetta senza
pregiudizi, per quello che è, senza potervi proiettare le sue
anticipazioni e senza doverlo costringere in uno schema preconcetto, che
stabilisce cosa può o non può accadere.
Per questo l’infanzia è il
regno della chiarezza intellettuale:
Per me, tutta la mia
fanciullezza possiede una certa qualità, che può essere difficile a
descriversi, ma che non è in nessun modo vaga. E' alquanto più
determinata della differenza che passa fra il nero pece e la luce del
giorno, o tra l'avere il dolore di denti e il non avere il dolore di
denti. [...]. L'attributo più generale di questa qualità positiva era la
chiarezza.
E qui non sono d'accordo, ad esempio con Stevenson, che
ammiro tanto caldamente, e che parla del ragazzo come colui che si muove
con la testa in una nube. Egli discorre del fanciullo come colui che
vive, di regola, in un sogno ad occhi aperti, che lo stordisce e nel
quale non può distinguere la fantasia dal fatto [...] La mia memoria mi
presenta una specie di luce bianca su ogni cosa, che staglia ogni cosa
chiarissimamente, piuttosto intensificandone la solidità. In quella luce
bianca v’era un che di meraviglioso, quasicché il mondo fosse nuovo
come me: ma non quasi che il mondo fosse tutt'altro che reale. (GKC, Autobiografia, pag. 50)
Il
sintomo di questa semplicità di cuore è la meraviglia.
La più grande
preoccupazione dello scienziato e del filosofo dovrebbe essere quella di
salvaguardare la propria capacità di meravigliarsi; senza la meraviglia
non vi è autentica scienza né autentica filosofia; ai sostenitori della
vita semplice che si preoccupavano della dieta e degli abiti che
potessero aiutare l'uomo nella sua elevazione spirituale, Chesterton
replicava che l'unica cosa che conta è la semplicità del cuore,
salvaguardata la quale, le condizioni materiali nulla importano:
Non
è molto importante che si mangi un pomodoro cotto o crudo; quello che
conta è l'animo con cui lo si mangia.
Il solo genere di semplicità che
si deve conservare è quella del cuore, quella che sa accettare tutto con
gioia [...]
C'è più semplicità nell'uomo che mangia caviale, per
impulso, che nell'uomo che mangia una pagnotta, per principio. (GKC, Eretici, pag. 108)
Di
lì alla pagina seguente, ritornano le stesse parole, con una aggiunta
significativa: la salvaguardia della semplicità di cuore che è capacità
di meravigliarsi richiede un cambiamento, un mutamento interiore che
porti a vedere le cose dal giusto punto di vista.
La sola
semplicità che conta è quella del cuore [...] Il bambino è in verità, in
questo e altri casi, la guida migliore. [...] La nostra conclusione è
che in sostanza è necessario un mutamento nei punti di vista, nella
filosofia e nella religione, e non un cambiamento esteriore [...]
Abbiamo bisogno di una esatta visione del destino e della società umana. (GKC, Eretici, pag. 109)
Con
questo sfioriamo già i contenuti del prossimo capitolo; c'è ancora da
fare una ulteriore sottolineatura, che è una conseguenza di metodo e di
stile: se il bambino è il paradigma dell'intellettuale perché è in lui
naturale l'atteggiamento della meraviglia, in quanto le cose sono per
lui nuove, per recuperare l'innocenza intellettuale uno dei metodi potrà
essere recuperare il senso della novità delle cose.
Ci sono infatti due
modi per realizzare appieno il significato di una cosa, per esempio di
un cavallo: il primo è esservi cresciuto in mezzo e conoscere e amare i
cavalli fin dalla più tenera infanzia; il secondo è fingere di non
averne mai veduto uno e descriverlo come un fantastico quadrupede con il
collo più lungo della testa e ornato da un cresta di peli come una
barba fuori posto, e il piede tutto d'un pezzo.
L'unico atteggiamento
sbagliato in quanto impedisce la ricerca è ritenere di saper già tutto
ciò che conta sui cavalli, senza in verità saperne quasi nulla.
Allora è
piuttosto meglio: vedere nel cavallo un mostro che un cattivo surrogato dell'automobile. (GKC, L'uomo eterno, pag. 13)
Quando
l'uomo ha una visione sana del mondo, nata dall'esperienza ed in
accordo con essa, come l'uomo cresciuto in mezzo ai cavalli sa tutto dei
cavalli e ne ha una visione esatta, allora questa forzatura di cercare
di vedere le cose come inconsuete e mostruose non è necessaria; ma
quando le teorie in voga hanno confuso la situazione, impedendo di
arrivare ai fatti, allora: bisogna sforzarsi di riacquistare il
candore e lo stupore dei fanciulli, il realismo e l'obiettività
dell'innocenza; e se questo non è possibile dobbiamo almeno scuotere la
nuvolaglia delle abitudini e vedere le cose come nuove. (GKC, L'uomo eterno, pag. 11)
Questo
spiega certi virtuosismi di Chesterton nel descrivere le cose più
comuni rivestendole di un aria di stravaganza e di bizzarria, che spesse
volte i suoi critici hanno trovato pesante: tutto in Chesterton si
rivela però ordinato al pensiero, anche certe stravaganze di stile che
avrebbero potuto anche apparire gratuite.
Egli cerca di risvegliare
nell'annoiato uomo moderno la meraviglia propria dell'infanzia, quale
sprone ad una ricerca irrinunciabile nella quale è contenuta la
possibilità della gioia e della chiarezza intellettuale.
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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