Sospetto che il nostro tempo non sia semplicemente o principalmente un’età di follia ma un’età di psicopatia. Più precisamente: penso che una nota chiave della nostra epoca sia la manipolazione psicopatica di ansie psicotiche. Si fa leva sull’annichilimento apocalittico e su altri terrori catastrofici, approfittandosene.
Michael Eigen, "Età di psicopatia", Milano: Angeli, 2007, p. 15.
Non
deve dunque meravigliarci il fatto che molti psicopatici occupino delle
posizioni di comando; ci meraviglia il fatto che in tali posizioni non
ce ne siano in numero ancora maggiore...uno dei grandi problemi di ogni
società, di ogni istituzione politica o di altre grandi istituzioni,
consiste nell'impedire che, con il tempo, degli psicopatici privi di
scrupoli, compensati e socialmente integrati, prendano in mano il
potere...sono convinto che una
democrazia nella quale i cittadini non siano in grado di smascherare
gli psicopatici sia destinata a essere distrutta da demagoghi assetati
di potere.
In Svizzera, la "resistenza" contro le grandi personalità, la
preferenza in politica per le figure mediocri sono connesse alla
naturale tendenza a impedire, in ogni caso, che gli psicopatici prendano
il potere...Questi "grandi criminali" (Alessandro Magno, Gengis Khan,
Napoleone, Guglielmo II, Hitler, Stalin....) distruggono la vita di
milioni di persone…Soltanto
attraverso il dominio distruttivo e la seduzione dei popoli essi
riescono a illudersi di non essere più degli emarginati.
Adolf
Guggenbühl-Craig, "Deserti dell'anima: riflessioni sull'eros e sulla
psicopatia", Bergamo: Moretti & Vitali, 2001, pp. 177-179.
Si
ritiene che la politica mondiale sia tremendamente complicata e quindi
incomprensibile, ma si tratta solo di un poker per il potere, spesso
incredibilmente semplice, grossolano, primitivo. L’unica cosa che
conferisce ai politici un alone di superiorità è il fatto che essi
mantengono segrete le loro mosse e poi ci mettono di fronte ai fatti
compiuti. La nostra sorpresa e il nostro stupore ci inducono a pensare
che dietro il tutto debbano esserci state manovre estremamente
complicate, ma in realtà la cosa si distingue appena dai giochi di
guerra dei bambini: si tratta solo di un gioco di banditi, di assassini
di massa, di psicopatici. […]. Basta solo leggere le biografie degli
uomini di Stato, dei condottieri, dei magnati dell’industria, per
rimanere colpiti dalla banalità, dalla scarsità di variazioni nei motivi
che li spingono ad agire.
Peter Weiss, „Notizbücher 1971-1980“, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1981, p. 600.
Chi
è privo di scrupoli morali, chi è pronto a mentire e a farsi strada
fino alla vetta con l’imbroglio, chi fa promesse che non potrà mantenere
e può [arrivare persino a uccidere] i propri rivali, ha un grande
vantaggio su quanti sono frenati dal concetto di onestà…la brama di
potere spesso serve a compensare qualche aspetto peculiare, fisico o
psicologico.
Hugh Freeman, “Le malattie del potere”, prefazione di Giorgio Galli. Milano : Garzanti, 1994.
La
personalità psicopatica (antisociale) si organizza sulla manipolazione
cosciente degli altri e sulla ricerca di potere sugli altri. Si tratta
di persone con elevati gradi di aggressività predatoria, e poiché sono
incapaci di esprimere emozioni esse agiscono invece di parlare. A
livello profondo presentano una mancanza di attaccamento alle altre
persone, che vengono quindi considerate come pedine, utilizzate per
dimostrare il proprio potere. le personalità psicopatiche non
riconoscono le emozioni e le associano alla debolezza ed alla
vulnerabilità. La loro infanzia è spesso caratterizzata da insicurezza e
caos, un insieme confuso di estrema severità ed eccesso di indulgenza. I
bambini che diventano psicopatici sono stati materialmente viziati ed
emotivamente deprivati….Gli psicopatici da bambini hanno prima
sviluppato un senso irrealistico di superiorità e in seguito, nella
vita, attraverso l’esercizio del potere cercano di ripristinare la loro
traballante autostima. Un sentimento profondo degli psicopatici è
l’invidia primitiva, per questo essi cercano di distruggere ciò che li
attrae. E’ noto che gli psicopatici psicotici uccidono ciò che li
attrae. Essi tendono a svalutare e a disprezzare ciò che appartiene alla
sfera della tenerezza perché ne sentono inconsciamente la mancanza. Le
principali difese delle personalità psicopatiche sono il controllo
onnipotente, l’acting out unito spesso alla dissociazione…Un indice
diagnostico cruciale di psicopatia è la minimizzazione (dissociazione)
delle azioni compiute che porta a considerare gravi azioni violente come
“leggeri diverbi”,fino all’amnesia totale dei crimini violenti.
Fabbro Franco, "Neuropsicologia dell'esperienza religiosa", Astrolabio Ubaldini. 2010, p. 431.
Non
si chiede agli Israeliani di dare qualcosa, ma di restituire ai
Palestinesi ciò che è loro, la terra, l’autostima ed i loro diritti.
Nessun ladro può pretendere qualcosa per restituire il maltolto. Solo
uno psicopatico sarebbe pronto a distruggere un condominio o un intero
quartiere per eliminare dei malviventi. Ma è quel che succede a Gaza.
Gideon Levy, "Demands of a thief" Novembre 2007 [http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/demands-of-a-thief-1.233907]
Chi non sa
riconoscere il male che alligna dentro di sé e quello che c'è negli altri -
ossia la carenza o, com'è il caso degli psicopatici, addirittura l'assenza di
empatia - è condannato ad infliggerlo e subirlo.
Lo psicopatico è, molto semplicemente, una persona priva di coscienza e di empatia, ossia una persona amorale, un predatore naturale. Gli psicopatici più di successo sono quelli che indossano la maschera della santità, come "V", di "V per Vendetta":
Nella
seconda guerra mondiale, dopo 60 giorni di combattimento continuo, il
98 per cento dei soldati doveva essere ricoverato per problemi psichici.
Solo un 2% rimaneva in prima linea. Erano i soldati caratterizzati da
una personalità psicopatica.
Le
ricerche sulla psicologia infantile indicano che esiste una moralità
innata, una grammatica universale con diverse declinazioni locali. I
bambini sono dotati dei fondamenti morali universali sin dalla nascita
perché sono empatici, si immedesimano e avvertono i sentimenti altrui,
li fanno propri (Gopnik, 2010; Tomasello, 2010). Esiste però una
categoria di bambini estremamente sfortunati che è indifferente alle
espressioni facciali di paura e tristezza. Fa fatica a riconoscerle e si
mostra sensibile solo a rabbia e disgusto. Negli altri bambini
“normali”, si attiva l’amigdala, in loro no. Fin da piccoli manipolano
con freddezza le emozioni altrui per ottenere ciò che vogliono (es.
minacciare di uccidere un animale domestico se non li si lascia guardare
la TV). Non
sono in grado di capire la differenza tra fare del male ed infrangere
le regole. Sono invece perfettamente capaci di capire gli altri, i loro
desideri e credenze, ma se ne servono per manipolarli (Gopnik, 2010;
Tomasello, 2010).
CARATTERIZZAZIONE DELLO PSICOPATICO
Il cervello di uno psicopatico non funziona al meglio perché le connessioni che normalmente collegano corteccia cingolata anteriore, ippocampo ed amigdala
sono interrotte o carenti. Per questo la persona agisce sulla base di
capricci e desideri, senza realmente tener conto dell’altra persona, che
diventa un oggetto, non un essere umano con sentimenti, significato e
dignità (Grossi & Trojano, 2005; Stracciari, Bianchi e Sartori,
2010). Almeno il novanta per cento degli esseri umani non soffre di
questa disfunzione patologica. La restante parte (tra il 2% ed il 6-8%)
non sa di aver un problema e ritiene di essere speciale, che sono gli
altri ad avere un problema, perché sono ancora prigionieri delle
convenzioni sociali, della manipolazione educativa, di norme di senso
comune e civiltà che non condividono e che a loro paiono insensate
(perché repressive ed inibitorie). Gli altri esistono solo per servire i
loro fini. Mentre tutti gli esseri umani sono egocentrici – in diversa
misura – gli psicopatici lo sono a livello patologico, trasformano
l’egotismo in una scienza ed un’arte. Sono difficili da distinguere
dagli altri perché, di norma, sono persone eccitanti, divertenti,
affascinanti, piene di interessi e sembrano stabili ed equilibrate
(conseguenza della loro assenza di coscienza, scrupoli e rimorsi),
finché non sono ostacolati.
Ecco i loro tratti caratteristici: 1.
privo di empatia; 2. uso frequente di affermazioni contraddittorie ed
incoerenti non facili da individuare; 3. bugiardo patologico; 4.
seduttore e magistrale manipolatore (riesce a dare la colpa alle sue
vittime); 5. incapace di provare scrupoli e rimorsi; 6. emotivamente
superficiale; 7. misantropico ed irresponsabile; 8. sessualmente
promiscuo; 9. impulsivo, non sa controllarsi; 10. narciso, megalomane.
Questi sono i tratti distintivi dello psicopatico. È
una griglia interpretativa (costellazione di tratti) riportata
nell'Oxford Handbook of Psychiatry (2005) ed impiegata nello studio di
questo disordine mentale in senso generale, ma non necessariamente
utilizzata nella diagnosi clinica. Come sempre avviene (e come è giusto
che sia), non esiste un consenso universale su fenomeni così complessi.
In aggiunta, possiamo dire che la
loro percezione della realtà è distorta, le loro reazioni istintive ed
emotive sono basate sulla menzogna e la loro mente interpreta le
medesime generando altre falsità. Mostrano
una comprensione superficiale delle conseguenze dei propri atti,
immaginano di poterla fare franca, sopravvalutano se stessi e
sottovalutano gli altri. Operano per dogmi e stimoli-reazioni invece di
sviluppare la facoltà empatica e l’altruismo. La psicopatia
è un’alterazione innata del carattere che comporta l’assenza di un
codice morale interiore: lo psicopatico recita la parte della persona
affabile, ma è indifferente, emotivamente freddo, i legami
interpersonali sono debolissimi. Adulano con grazia, passare la serata
con loro è rilassante e distensivo. Lasciano il vuoto dietro di sé
perché sono vuoti.
Non s’incontrano quasi mai psicopatici puri, ma quasi nessuno è privo di tratti psicopatici.
Gli psicopatici sono un estremo di una linea continua di coscienza
morale di cui facciamo parte tutti noi. Tratti di psicopatia esistono
nella maggior parte delle persone, ma non sono esageratamente sviluppate
come nello psicopatico.
Gli
psicopatici non mostrano alcuna crescita interiore, nessuna
maturazione: rimangono gli stessi col passare del tempo: stessi sogni,
nessuna trasformazione, psiche statica, inerzia, incapacità di
progredire. Possono essere assassini ed infuriarsi per i maltrattamenti
degli animali, si possono fare portavoce amorali della morale. Simulano i
gesti attraverso i quali si esprime il senso morale (es. si fissano con
l’onore senza sapere cosa sia). Sono maestri nell’immedesimarsi negli altri, ma solo come forma di mimesi per manipolarli meglio.
Questi
tratti caratteriali aiutano a prendere il potere, ma non aiutano a
mantenerlo. Sono eternamente angosciati e tormentati perché non si
fidano del prossimo, quindi sono fredde
macchine solo all’apparenza. In realtà sono vulcani attivi in attesa di
esplodere di rabbia repressa, l’unico sentimento che provino, assieme
al senso di frustrazione quando non ottengono ciò che vogliono. Gli
psicopatici drammatizzano le emozioni ma non sentono quasi mai
alcunché, salvo la dissonanza di vedere che le loro manipolazioni sono
neutralizzate. La
persona consapevolmente malvagia è perciò molto più pericolosa dello
psicopatico, che invece assomiglia molto allo scorpione della famosa
fiaba: “Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo
nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con
voce dolce e suadente, le disse: "Per favore, fammi salire sulla tua
schiena e portami sull'altra sponda." La rana gli rispose "Fossi matta!
Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!" "E per quale motivo
dovrei farlo?" incalzò lo scorpione "Se ti pungessi, tu moriresti ed io,
non sapendo nuotare, annegherei!" La rana stette un attimo a pensare, e
convintasi della sensatezza dell'obiezione dello scorpione, lo caricò
sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un
dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta
dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese
all'insano ospite il perché del folle gesto. "Perché sono uno
scorpione..." rispose lui "E' la mia natura". Nel lungo termine, lo
psicopatico è autodistruttivo.
Le
persone normali sono spaventate da eccessi di colpa, masochismo,
auto-immolazione, auto-repressione. Colpa, ansia e vergogna inibiscono
l’aggressività. Al contrario gli psicopatici non provano nulla, non si
sentono colpevoli, tengono gli occhi incollati sul proprio interesse
(Eigen, 2007).
Alcuni
arrivano a promuovere l’egoismo come ideale “esoterico”, pretendono di
essere gli unici che dicono le cose come stanno, laddove i “solidali”
sono moralisti ipocriti. Sono fermamente convinti che solo gli idioti
hanno una coscienza e che se uno vuole sopravvivere deve farne a meno.
Per questo si comportano come vampiri/parassiti, come dei predatori. Se non ci fossero vittime, si autodistruggerebbero.
Adolf
Guggenbühl-Craig, in “Deserti dell’anima”, descrive lo psicopatico
compensato (o socializzato). È una persona che sospetta che ci sia
qualcosa che non va in lui (o lei) ed iniziano a compensare questi
deficit diventando moralmente rigidi, estremamente insistenti riguardo
alle virtù. Esibiscono la loro moralità ma sono privi di amore. Ipermoralisti,
difendono i sistemi morali in modo ossessivo perché temono che venga a
galla la loro assenza di morale. Seguono pedissequamente le ricette
morali come chi è un pivello culinario. È facile notare la loro rigidità
morale, l’adempimento forzoso dei propri doveri, l’osservanza
puntigliosa di tutte le norme, la scrupolosità esagerata. Vedono
il mondo in termini rigidi e manichei: quel che non gli piace lo
detestano, quel che gli piace lo ammirano. La loro sofferenza è
martirio, un’ideologia: “nessuno ha mai sofferto quanto
me!”.Contemporaneamente la loro fiducia nel prossimo è scarsa o nulla.
Secondo loro l’umanità in generale è debole, egoista ed inaffidabile.
Non vedono nulla di intrinsecamente meritevole o prezioso nel prossimo,
che è solo una risorsa da sfruttare. In genere non lo ammetteranno mai,
anzi, dichiareranno il contrario, pur continuando a razionalizzare il
bene che vedono negli altri come una proprietà transitoria o una
debolezza da sfruttare.
La
violenza generalizzata è l’habitat perfetto per i mostri, per gli
psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si
fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e
quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente
morale. Una loro tragedia personale, da compatire, ma con esiti
assolutamente devastanti per tutti gli altri. Sono infatti perfetti
strumenti e promotori di tirannie. Saint-Just, protagonista del terrore rivoluzionario francese, è un caso esemplare. Infatti un elemento che li accomuna è un’idea assoluta di giustizia in cui chi non la pensa come loro è un malvagio incorreggibile e va rimosso.
Un altro caso emblematico è Adolf Eichmann,
una figura tutt’altro che banale.
[http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/michael-seifert-e-adolf-eichmann-il.html]:
la sua dedizione al dovere tradisce il suo senso di alienazione dal
mondo ed il suo odio per chi non è come lui. Come il comandante del
lager che va a dormire turbato perché le circostanze non gli hanno
permesso di “smaltire” la sua quota giornaliera di Ebrei. Nessuna
tirannia funzionerebbe se i quadri dirigenziali fossero occupati da
psicopatici puri, servono quelli compensati.
Una
delle ragioni per cui attaccano le persone che perorano delle cause
degne di nota è perché le cause generano fama e popolarità, sono un
perfetto strumento di produzione di senso, quel senso che bramano.
S’impadroniscono della causa come un virus prende il controllo di una
cellula. Sono dei dirottatori straordinari perché la causa permette loro
di mimetizzarsi.
In
senso generale, gli psicopatici sono “fallimenti” evolutivi, genetici o
ambientali, anche se si comportano come se fossero un elemento
legittimo del processo evolutivo. Una specie innatamente sociale non è
compatibile con il loro atteggiamento. Per questo sono costretti a
forzare gli schemi “naturali”per ricavarsi un posto al sole. È
un’imposizione esistenziale per tutti gli altri, che pagano lo scotto
della negazione della realtà dei primi. Ciò detto, sarebbe
da psicopatici non provare pietà per loro e riproporsi di internarli o
sterminarli. Sono esseri umani e meritano rispetto. Non hanno certo
scelto loro di essere così ed è difficile non compatire chi si sente
completamente estraneo a questo mondo, del tutto fuori posto. Si deve
invece essere intolleranti nei confronti della psicopatia.
Per
la maturazione della coscienza è di fondamentale importanza il dialogo
interiore, specialmente se colorato da pensieri ed immagini emotivamente
pregnanti: è da lì che hanno origine il senso di colpa, il senso della
moderazione e del limite, nonché il rimorso ed il coraggio morale.
Questo è qualcosa che uno psicopatico non potrà mai capire, poiché tende
a dare per scontato che la sua forma mentis sia la medesima delle altre
persone. Gli studi indicano che i pensieri degli psicopatici sono
organizzati in piccoli pacchetti mentali, che sono utili per ingannare
ma rendono impossibile l’elaborazione di pensieri profondi. Il loro
panorama interiore è banale, dilettantesco, slavato, anonimo. Lo
psicopatico non pensa di avere alcun problema emotivo e psicologico, e
non vede alcuna ragione per cambiare. È soddisfatto di sé, non trova
nulla di sbagliato in quel che è e in come si comporta e non si
preoccupa delle conseguenze delle sue azioni, se non nei termini del
conseguimento dei suoi obiettivi. Si sente un essere superiore in un
mondo ostile in cui il prossimo è un concorrente per il potere e le
risorse. Lo
psicopatico non si cura del giudizio altrui, se non nella misura in cui
un’impressione positiva può agevolare le sue manipolazioni. Purtroppo, anche per questa ragione la struttura della sua personalità è estremamente solida e difficile da alterare.
Certe
persone sono moralmente ignoranti. Agiscono pensando di fare la cosa
giusta ed eticamente permissibile, mentre ciò che fanno è immorale. I
mostri morali invece sanno che quel che stanno facendo è immorale ma lo
fanno ugualmente. Sono consapevolmente malvagi. Gli psicopatici non
distinguono tra bene e male perché non hanno coscienza, i mostri morali
ne hanno una corrotta (torsione di anime individuate). Vedono il mondo
come privo di valore e significato, o assolutamente mediocre: la
malvagità lo nobiliterebbe (cf. Nietzsche). In loro si verifica
un’inversione della gerarchia di valori, nel classico senso di quel tipo
di autocoscienza che produce una falsa concezione del reale valore
delle cose.
Gli
psicopatici danno sempre la colpa alle vittime. Se funziona, le vittime
si sentono in colpa e sono ulteriormente depotenziate (es. figlio
vittima di padre violento che si scusa con lui per averlo disturbato e
pensa che le botte sono meritate perché è cattivo e inutile come gli ha
detto il padre). Nella Sindrome di Stoccolma la vittima si
identifica col carnefice e finisce per riverirlo e per detestare i suoi
avversari (che sarebbero i soccorritori). È un insano legame che si
instaura tra un uomo completamente svuotato di autonomia psichica e che
non può fare altro, se vuole rimanere vivo, che cercare protezione in
chi in quel momento assume, quasi letteralmente, gli attributi
dell’onnipotenza. Tutto questo può accadere su scala collettiva.
COME SI RESISTE?
Dobbiamo
perciò concludere che la presenza o l’assenza di coscienza è la più
significativa distinzione umana, molto più importante di quella
incentrata sui parametri dell’intelligenza, della razza e persino del
genere. La psicopatia costituisce un ampio spettro di potenziale
entropico e corruttore. Una persona individuata (cf. Jung) può diventare
uno psicopatico se sufficientemente traumatizzata durante l’infanzia,
la repressione della sua indole può causare la sostituzione di ciò che
c’è di buono con qualcosa di oscuro e maligno. Un gregario-autoritario
psicotico è un perfetto burattino aggressivo, ma una persona individuata
e poi traumatizzata ha il potenziale di trasformarsi in un piccolo
“anticristo”.
I
traumi possono riguardare intere società, quando le crisi e le tirannie
introducono discontinuità nella maturazione della personalità, fatta di
dissociazione, rabbia latente e gregariato, tipica strategia di un
autoritarismo votato alla soppressione dello spirito critico,
dell’autonomia di giudizio, della voce della coscienza. Un programma di
condizionamento pensato per de-umanizzare e per togliere di mezzo la
“sacralità” della sovranità interiore, l’empatia e la dignità. Lo
psicopatico brama l’auto-affermazione, le lodi altrui, impone l’ordine
non per conservare una data struttura ma perché lo può fare. Il potere
per lui è l’abilità di costringere gli altri a riconoscere la sua
superiorità e modellarli in modo tale da farli rispecchiare la loro
autorità. Aspira alla divinità in terra.
Se
analizziamo attentamente la situazione presente potrebbe sorgere il
sospetto che, in un certo senso, gli psicopatici stiano “terraformando”
la civiltà umana per renderla più adatta alle loro esigenze, per
conquistare e mantenere un dominio assoluto, come durante l’era dei
totalitarismi, nel secolo scorso. Le grandi crisi epocali li
avvantaggiano, perché generano caos e sconcerto. La fantasia dello
psicopatico, lo abbiamo già visto, è quella di essere un dio e rifare il
mondo a sua immagine e somiglianza.
La
promozione della disperazione è il modus operandi del male. Lo
psicopatico è come il ragno o la vespa che paralizza la preda prima di
consumarla. Paralisi da paura, confusione e senso di colpa. Tuttavia,
mentre il sistema crolla, l’universo continua ad essere un luogo di
crescita e creatività. Chi si allinea con questa tendenza è un cittadino
dell’universo, protagonista e non pedina o burattino manipolato dagli
psicopatici al potere. La vigilanza, la circospezione sono il nostro
scudo, l’autocompiacimento e la certezza della nostra rettitudine sono
la nostra vulnerabilità [“Sì, sì. Un difetto sempre più comune tra i Jedi. Troppo sicuri di sé essi sono. Anche i più vecchi, più esperti tra loro” (Yoda, Guerre Stellari)].
IL RUOLO DELL’EMPATIA
Una
mucca se ne frega se calpesta un fiore o un insetto, molti di noi no.
Un gatto non si addolora nel vedere un passerotto schiacciato per
strada, noi sì (e non perché l'ha ucciso uno di noi, ma perché ci
dispiace e basta). Quest'enorme risorsa che è la nostra coscienza
empatica (e che, secondo me, indica la presenza di un'anima), non
appartiene a tutti gli esseri umani nella stessa misura.
-
Gli psicopatici ne sono completamente privi e ciò permette loro di
salire rapidamente le gerarchie (la coscienza inibisce ed affligge chi
ce l'ha). Forse dopo morti si disgregheranno come hanno cercato di
disgregare ciò con cui sono entrati in contatto. Rientreranno nel ciclo
evolutivo cosmico partendo dal fondo, atomizzati nella materia grezza,
dopo essere stati dei buchi neri nel corso della loro miserevole e
deplorevole esistenza.
-
Una percentuale ancora maggiore di esseri umani è stata
"psicopatizzata" pur non essendolo per natura, in seguito ad abusi, ecc.
Il loro comportamento imita quello degli psicopatici, ma potrebbero
ancora riscattarsi, se la società moderna fosse meno predatoria.
-
Poi ci sono gli esseri umani che si comportano come membri di un
branco. Possono esitare a fare certe cose, nutrire dei dubbi e degli
scrupoli, ma alla fine obbediranno agli ordini, si conformeranno al
comportamento altrui. La loro coscienza viene dopo.
-
Infine ci sono le persone coscienziose, quelle che riflettono sulle
conseguenze e moralità delle loro azioni. Commettono degli errori ma
cercano di rimediare, imparare, migliorare. Respingono la logica del
riflesso condizionato che meccanizza il pensiero e l'agire umano.
Tendono a prediligere la condizione di libertà responsabile e solidale.
Non è una vera scelta: è una condotta spontanea, in genere rafforzata
dall'esperienza e dalla conoscenza (se non intervengono gravi traumi).
BIBLIOGRAFIA
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Dario
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Adolf Guggenbühl-Craig, Deserti dell'anima: riflessioni sull'eros e sulla psicopatia, Bergamo: Moretti & Vitali, 2001.
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Robert D. Hare, La psicopatia: valutazione diagnostica e ricerca empirica, Roma : Astrolabio, 2009.
J. Reid Meloy, The psychopathic mind: origins, dynamics, and treatment. Northvale, NJ: Jason Aronson Inc., 1988
Martha Stout, The sociopath next door, New York: Broadway Books, 2005.
Andrea Stracciari, Angelo Bianchi, Giuseppe Sartori, Neuropsicologia forense. Bologna: Il mulino, 2010.
Michael Tomasello, Altruisti nati: perché cooperiamo fin da piccoli, Torino: Bollati Boringhieri, 2010.
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