Da "http://www.filosofico.net/index.html" :
A cura di Diego Fusaro
Gli
uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza,
hanno risolto, per vivere felici, di non pensarci. (Pensieri, n° 348)
LA VITA E LE OPERE
Su
Biagio, figlio di Stefano Pascal, autoritario e rigido, nacque a
Clermont, in Alvernia (Francia centrale), il 19 giugno 1623 da famiglia
altolocata. La madre morì quando lui aveva tre anni (1626); ebbe due
sorelle: Gilberte e Jacqueline. Fu Gilberte a lasciarci una Vita di B.
Pascal, scritta poco dopo la morte del fratello, e pubblicata la prima
volta nel 1684, a Amsterdam. Il padre lo educò tenendolo dapprima
lontano dalla matematica, per fargli prima ben apprendere le lettere
classiche, ma Biagio si rivelò capace di leggere Euclide di nascosto e
di capirlo da solo, costringendo il padre ad arrendersi all'evidenza di
una vocazione più scientifica che umanistica del figlio. Così il padre
lo condusse regolarmente alle riunioni di scienziati che si tenevano
presso il P. Mersenne. Pascal manifestò un vero genio matematico e già a
16 anni scrisse un Traité des Coniques. Comunque la sua formazione non
fu solo scientifica. La stessa sorella Gilberte dice che il fratello
continuava a studiare il latino e il greco, ed oltre a ciò, "durante o
dopo il pasto, mio padre lo intratteneva ora sulla logica, ora sulla
fisica e sulle altre parti della filosofia". Dunque, prima che filosofo,
Pascal fu scienziato e inventore. Nel 1639 per dare una mano al padre,
mandato a riscuotere le tasse nella turbolenta Alta Normandia (a Rouen),
inventò una macchina calcolatrice. A ventitré anni, avendo appreso
l'esperienza di Torricelli, fece diversi esperimenti sul vuoto e preparò
un Trattato sul vuoto. Non ne uscirono, se non più tardi (nel 1663) che
due estratti: De l'équilibre des liqueurs e De la pesanteur de l'air.
Ma ci resta un Frammento del Trattato sul vuoto del 1647, che -sostiene
la Vanni Rovighi- "è interessante perché ci fa vedere l'atteggiamento di
Pascal per quel che riguarda la conoscenza scientifica. È il medesimo
atteggiamento che troviamo in Galileo, in Bacone, in Cartesio. Quando si
tratta di fisica, di studio della natura, è vano rivolgersi agli
antichi, per sapere che cosa abbiano pensato: la testimonianza degli
altri, degli antichi servirà per le conoscenze storiche, non per la
fisica." Anche nel suo interesse scientifico fu uomo dal forte
attaccamento all'esperienza concreta; Sciacca (cit., p. 24) sottolinea
come, a differenza di Cartesio, più astratto e interessato all'algebra,
Pascal fosse attratto dalle, più concrete, fisica e geometria. Nel 1646
il contatto con Guillebert, parroco di Ronville, che poi diventò
direttore spirituale di tutta la famiglia Pascal, e che era giansenista,
determinò quella che si suole chiamare la prima conversione di Pascal.
Pascal era sempre stato religioso, ma da quel momento decise, secondo
Gilberte, di rinunciare alle soddisfazioni mondane e di dedicarsi
totalmente alla ricerca di Dio. Continuò però i suoi studi scientifici, a
Parigi si incontrò con Cartesio (1647) col quale ebbe discussioni sul
vuoto. Contemporaneamente si recò dai "solitari" di Port-Royal ed ebbe
modo di trattenersi con loro. Nel 1651 morì il padre di Pascal; la
sorella Jacqueline, dopo esserne stata ostacolata dal fratello, entrò
come monaca a Port-Royal (1652). Cominciò invece per Biagio un periodo
"mondano", durante il quale Pascal divise il suo tempo fra la ricerca
scientifica e le conversazioni, il divertissement, con le persone di
mondo. Uno di questi "mondani", il Cavaliere di Méré, ci ha lasciato una
versione un po' strana, e probabilmente non del tutto attendibile, del
rapido mutamento di Pascal che, dall'atteggiamento di totale astrazione
nelle matematiche, sarebbe passato all'apprezzamento delle qualità che
fanno l'uomo di mondo, l'honnête homme, nel linguaggio di allora. "Al di
sopra delle regole, della riflessione, Méré pone qualche cosa che egli
si rifiuta di definire e a cui dà i nomi di sentimento, di cuore, di
esperienza e di istinto, tutti nomi che si ritroveranno con frequenza
sotto la penna di Pascal" (Br. min., p. 116). Essere "honnête homme" o
"galant homme" vuol dire aver tatto, saper trattare gli uomini, avere
senso del concreto. Altro personaggio col quale Pascal ebbe a che fare
in questo periodo fu Miton, mondano disincantato e pessimista, che
suscitò l'ammirazione di Pascal. Forse appartiene al periodo mondano di
Pascal, se è suo, il Discours sur les Passions de l'amour, nel quale
troviamo già la distinzione fra esprit géométrique e esprit de finesse,
che sarà ripresa nei Pensieri. Secondo Gilberte fu la sorella
Jacqueline, religiosissima, ad essergli di esempio: "gli aprì il cuore
alla Grazia". Preparato da tale influsso, un evento molto importante
nella sua vita fu la cosiddetta seconda conversione, incentrata nella
"Nuit de feu" del 23 novembre 1654, e testimoniata dal Memoriale, un
foglio che Pascale portava cucito nei suoi abiti, e che riportiamo qui
di seguito: " Fuoco Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe non dei
filosofi e dei dotti. Certezza. Certezza. Sentimento Gioia Pace Dio di
Gesù Cristo Deum meum et Deum vestrum. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblio
del mondo e di tutto, tranne Dio. Egli non si trova se non nelle vie
indicate nel Vangelo. Grandezza dell'anima umana. Padre giusto, il mondo
non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto. Gioia, gioia, gioia,
lacrime di gioia. Me ne sono separato "
LA FILOSOFIA ESISTENZIALISTA
Pascal
é importante sia come filosofo sia come scrittore e rappresenta uno dei
più remoti precursori della filosofia esistenzialista ; indubbiamente
egli é un pensatore piuttosto anomalo ed isolato nel suo contesto , che é
andato a toccare corde non strettamente legate alla fase storica in cui
stava vivendo , che vedeva l' affermarsi sempre più netto del
meccanicismo . Egli vive nella generazione immediatamente successiva a
Cartesio , il quale aveva appena dato al meccanicismo la veste più netta
e radicale . Pascal é un filosofo anomalo nel 1600 perchè , a
differenza di tutti gli altri , non si inserisce nel filone
meccanicistico , non perchè non nutra interessi scientifici ( egli era
anzi bravissimo in matematica e in fisica ) , ma perchè riconosce una
netta differenza tra le due dimensioni , quella filosofica e quella
scientifico-matematica . Ecco allora che la sua filosofia non sarà molto
attenta alle questioni gnoseologiche , bensì si occuperà di quelle
esistenziali , delle problematiche che riguardano l' esistenza dell'
uomo . La concezione stessa che Pascal ha di Dio é radicalmente diversa
da quella dei pensatori del suo tempo : il suo Dio non é quello dei
filosofi e degli scienziati , un puro e semplice garante dell' ordine
nel mondo ( il Dio cartesiano e aristotelico , per intenderci , la cui
esistenza é dimostrabile razionalmente e la cui funzione consiste
esclusivamente nel dare l' impulso iniziale al mondo ) ; il Dio in cui
crede Pascal é quello di Abramo , di Isacco , di Giacobbe . Il Dio di
stampo aristotelico ( il motore immobile ) , quello dei filosofi e degli
scienziati é un Dio che serve esclusivamente per spiegare l' origine
del mondo , ma che sul piano religioso é totalmente inutile : non é
certo un Dio che si può pregare nè , tanto meno , un Dio con cui si può
parlare . E' il Dio in cui crederanno , nel periodo illuministico , i
cosiddetti deisti , un Dio che rientra nei limiti della ragione e che
non necessita di un atto di fede . Pascal non sente il bisogno di
credere in un Dio del genere , e preferisce il Dio delle Scritture , un
Dio-persona con cui si può parlare e a cui si possono rivolgere
preghiere : egli é quindi teista e non deista . Va ricordato a proposito
un' esperienza personale vissuta da Pascal nel corso della sua vita :
egli dice di aver vissuto un' esperienza intensissima , quasi mistica ,
che l' ha segnato profondamente . Tuttavia non volle pubblicare una
vicenda tanto personale e allora , dopo averla messa per iscritto , se
la fece cucire all' interno della giacca cosicchè ne siamo entrati in
possesso solo dopo la sua morte . Si tratta di una vera e propria
invocazione a Dio , a quello che egli chiama , come accennavamo , il Dio
di Abramo , di Isacco , di Giacobbe e non il Dio dei filosofi e degli
scienziati . D' altronde , se guardiamo alla filosofia di Pascal , un
Dio come quello aristotelico non può avere alcun significato
esistenziale . Il Dio di Pascal agisce e credere in lui o meno mi cambia
radicalmente il rapporto con il mondo e con la vita ; il Dio
aristotelico , viceversa , che io ci credessi o meno , non faceva alcuna
differenza : egli si limitava a pensare a se stesso e ad agire come
oggetto di amore da parte dei pianeti . Certo anche Pascal si cimenta
nel dimostrare l' esistenza di Dio , ma il vero problema che lo assilla ,
più ancora che se Dio esista o meno , é se valga la pena credere in Dio
, quale atteggiamento debba assumere l' uomo per dimostrare l'
esistenza di Dio . A lui più che sapere se Dio esista o meno , gli
interessa sapere quale risvolto abbia sulla vita dell' uomo il crederci o
il non crederci . Bisogna anche qui specificare una cosa sulla vita di
Pascal : egli , fin dalla giovinezza , é stato tormentato da mali
insopportabili che non l' hanno abbandonato per tutto il corso della
vita , conclusasi , in un travaglio fisico e morale , quando egli aveva
appena 39 anni . In un certo senso vale per Pascal lo stesso discorso
che si tende a fare per Leopardi : avendo trascorso una vita tra
tormenti morali e fisici incessanti , é ovvio che abbiano elaborato una
filosofia pessimistica ed esistenzialista . Senz' altro questo é in
parte vero . Tuttavia bisogna prestare attenzione a non commettere l'
errore ( piuttosto frequente ) di dire che essi , per via dei loro
tormenti , hanno finito per elaborare una filosofia pessimistica
eccessiva , quasi come se avessero deformato la realtà . A spiegarci il
suo atteggiamento filosofico pessimistico ed esistenzialista é Pascal
stesso : egli sapeva benissimo di parlare in modo drammatico e
pessimistico per via del proprio tormento , tuttavia egli sosteneva di
non deformare affatto la realtà : diceva che il suo stesso stato morale e
fisico gli avessero impedito di essere distratto ( egli usa il termine "
divertito " nel senso etimologico latino : " devertere " , allontanare )
dalla realtà . Non é che la sua situazione di sofferenza fosse peggiore
rispetto a quella degli altri uomini apparentemente felici , egli dice ;
tutti noi ( l' intero genere umano ) siamo nella stessa condizione di
infelicità e di sofferenza , ma non tutti ce ne accorgiamo ; solo chi
davvero soffre ( Pascal stesso ) non si lascerà distrarre e potrà capire
fino in fondo come la nostra vita non sia altro che un' ininterrotta
sofferenza , una sofferenza che di volta in volta assume sfumature
diverse ( quando uno desidera qualcosa , ad esempio , e non può averlo ,
ecco che soffre ) . Chi vive " felice " , in mezzo a gioie e a piaceri ,
in realtà , non si trova in una condizione migliore rispetto a chi
soffre : soffre tanto come chi soffre , però non se ne rende neppure
conto , é ignaro di ciò che gli sta succedendo . Secondo Pascal la
condizione dell' uomo é intrinsecamente miserabile ; certo ci sono
quelli messi da Dio in situazione particolarmente pesanti ( Pascal
stesso ) , ma essere in tali situazioni disgraziate é positivo perchè
anche chi non pensa di esserlo lo é allo stesso modo , ma non riesce a
rendersene conto : ci é dentro fino al collo , ma manco sa di esserci ,
perchè é distratto , divertito da altre cose che non gli permettono di
concentrarsi a fondo sulle condizioni umane , che sono assolutamente di
sofferenza e di miseria . Ecco allora che nella filosofia di Pascal é
centrale il concetto di divertimento , che va inteso come distrazione (
dal latino devertere ) , come lasciarsi distogliere dalla realtà e dalla
vera condizione umana . Divertimento é qualsiasi attività in cui l'
uomo si cala e che lo porta a non riflettere sulla propria condizione
miserabile : quando si esce con gli amici , quando si fa qualsiasi cosa
che ci distragga . D' altronde , fa notare Pascal , la cosa che l' uomo
maggiormente evita é la solitudine , il trovarsi a faccia a faccia con
se stesso a riflettere sulla propria condizione ; quando uno si ferma e ,
da solo , riflette é preso dall' angoscia , che invece non sente quando
é indaffarato e si diverte . Pascal é il secondo pensatore ad avvalersi
della parola " angoscia " : già Lutero l' aveva adoperata per indicare
la totale perdizione derivante all' uomo da un' esperienza religiosa
vissuta fino in fondo , quando l' uomo capisce di non essere nulla : l'
angoscia é proprio il sentimento del nulla . Quando si ha paura si teme
qualcosa , quando si ha angoscia si teme il nulla . L' uomo , una volta
nato , può sfuggire all' angoscia fin tanto che si divertirà , ossia fin
tanto che non rifletterà tra sè e sè . Ma divertirsi non é certo una
cosa positiva , proprio perchè ci impedisce di renderci conto della
nostra reale situazione di miseria . Pare quindi che la miseria del
genere umano sia un vicolo cieco , nel quale l' uomo é destinato a
soccombere . Ma per Pascal la via d' uscita c' é ed é di tipo religioso ,
ma per poter uscire bisogna conoscere effettivamente la condizione in
cui ci si trova e chi si diverte , fin tanto che persiste nel divertirsi
, non la saprà mai . La sofferenza fisica e morale di Pascal diventa
allora uno strumento conoscitivo che consente di guardare con lucidità
alla nostra situazione . Pascal risulta un pensatore anomalo se inserito
nel suo contesto storico anche per il suo particolare rapporto nei
confronti della ragione umana . Siamo negli anni in cui il rigido
meccanicismo e il freddo razionalismo cartesiano avevano toccato l'
apice e avevano coinvolto mezzo mondo : Cartesio arriva a dire che l'
uomo può avere una scienza quantitativamente non grande come Dio , ma
qualitativamente precisa come quella di Dio ; ecco allora che l'
esaltazione della ragione umana trova in questi anni la sua massima
espressione . Pascal si pone invece in una prospettiva diversa ; certo
egli non disprezza la conoscenza razionale perchè ne capisca poco in
merito , perchè , anzi , egli era un matematico eccellente ( é l'
inventore della calcolatrice ) e praticava l' uso della ragione . Il
problema che lui si pone é di ravvisare i limiti del sapere
scientificamente argomentato . A suo avviso l' ambito della conoscenza
umana in termini razionali si esaurisce tutto nella dimostrazione ; può
sembrare già tanto , ma comunque , a ben pensarci , rimangono escluse
parecchie cose e poi Pascal stesso finisce per escluderne altre all'
interno della scienza stessa . La dimostrazione non é altro che la serie
di passaggi da una verità ad un' altra ; però , come già aveva notato
Aristotele , se si ripercorre la catena argomentativa senza prendere
nulla per buono non si arriverà mai da nessuna parte , ma si continuerà a
fare passaggi da una verità all' altra per l' eternità . Bisogna
trovare una verità che non derivi da nessun' altra e che faccia derivare
tutte le altre . Questo é evidente soprattutto in geometria , ma pure
in matematica : facendo una serie di passaggi argomentativi arrivo alla
verità 2 + 2 = 4 e la prendo per buona , senza proseguire ulteriormente
la catena argomentativa . E' come se si cogliesse il principio del
ragionamento geometrico e , proprio per questo , é un procedimento non
fino in fondo razionale , é una facoltà che ricorda il sentimento : si
sente immediatamente che certe cose sono vere e vanno prese per buone :
questo é vero perchè é vero . Questo paragone con il sentimento ci fa
pensare all' ambito delle problematiche che sfuggono alla ragione : essa
può dimostrare , ma non cogliere i principi se non in modo scientifico .
Ma buona parte della vita é fatta di relazioni umane e non solo di
matematica : questo aspetto Pascal lo colse anche per la sua stessa vita
. Finì per dedicarsi con troppo impegno a certi studi che non fecero
altro che aggravare le sue condizioni fisiche e il dottore gli consigliò
una vita più mondana cosicchè Pascal conobbe molta gente e si accorse
che esistono due diversi tipi di intelligenza : quella che mi fa capire
la geometria e quella che mi fa capire le persone . Quindi Pascal
elaborò la celeberrima contrapposizione tra spirito di geometria e
spirito di finezza , espressioni che rendono bene l' idea : abbiamo da
un lato le argomentazioni che riguardano il ragionamento di tipo
cartesiano ( geometrico ) delle verità evidenti ( che per Pascal sono di
" carattere intuitivo " e parenti dello spirito di finezza ) , e ,
dall' altro lato , lo spirito di finezza che fa cogliere le varie
sfumature . Se prestiamo attenzione ci accorgiamo che é esattamente l'
opposto di Cartesio: per lui le verità o sono nette o non sono verità ;
per Pascal , invece , esiste la capacità di cogliere le sfumature ,
ossia quelle realtà non chiare e distinte . C' é poi un altro aspetto da
chiarire sui limiti della ragione dimostrativa : nella scienza i
princìpi fondamentali derivano , come dicevamo , dall' intuizione , che
Pascal accosta al sentimento ; ma Pascal fa anche notare come nell'
ambito stesso del ragionamento matematico non entra in gioco solo la
necessità , ma anche la possibilità . In una filosofia esistenzialista
come quella pascaliana diventa importante non ciò che avviene
necessariamente ( ossia quello che avviene e basta , senza che si possa
cambiare ) , bensì ciò che avviene nell' ambito della possibilità ( ciò
che può avvenire ) proprio perchè é qui che noi possiamo effettuare le
nostre scelte . Certo per spiegare come vada il mondo entra in gioco il
necessario , ma se mi pongo quesiti esistenziali subentra il possibile e
assurge ad una posizione predominante . Pascal non solo rivaluta la
possibilità , ma arriva addirittura ad introdurla dove sembra fuori
luogo , applicandola in ambito matematico e dando vita al calcolo
probabilistico . Dal punto di vista biografico , questo suo
interessamento al calcolo probabilistico venne fuori quando , su
consiglio del dottore , egli si diede alla vita mondana , che già gli
aveva suggerito l' idea di spirito di finezza . Durante le sue
esperienze di vita mondana , Pascal venne a contatto con il gioco d'
azzardo : ci si trova a fare una serie di puntate e , ad un certo
momento , quando il gioco non é ancora finito , si decide di smettere di
giocare . Ma a chi bisogna dare la posta in palio ? Non si può sapere
chi avrebbe vinto , ma si può sapere chi aveva più probabilità in quel
determinato momento di vincere . Si può dividere la posta in gioco tra i
giocatori calcolando la probabilità di vincere di ciascuno di essi e
distribuire la posta in modo proporzionale alla possibilità di vincere .
Così fece Pascal quando gli venne posto il problema da alcuni suoi
amici che si erano trovati ad abbandonare la partita prima che finisse .
E' interessante notare come questo procedimento faccia fare un
ragionamento matematico non su quello che avverrà necessariamente , ma
su quello che potrebbe avvenire . Pascal quindi introduce la possibilità
in ambito matematico . Non dobbiamo assolutamente pensare che egli
fosse poco bravo in matematica : egli era bravissimo ed era anche
arrivato alla costruzione del primo calcolatore meccanico , che sarà poi
rivisto da Leibniz . Lo stesso sistema del computer ha due padri ,
Hobbes e Pascal , vissuti grosso modo nello stesso periodo , un' epoca
in cui l' indagine del mondo veniva condotta in termini meccanicistici e
la matematica era predominante : Hobbes arriverà a dire che pensare
significa sempre calcolare ( la rana é verde : alla rana aggiungo l'
attributo verde ; la rana non é verde : alla rana sottraggo l' attributo
verde ) . Ora , i computer funzionano grazie al sistema binario e per
quanto siano complessi le operazioni che svolgono sono sempre
riconducibili ad un " bivio " : sì o no . Ecco che con Hobbes e Pascal
nasce l' idea che si possa limitare il pensiero tramite strutture
fisiche elementari ( il calcolatore ) . Per Hobbes questo vale per
qualsiasi pensiero , per Pascal vale solo per gli spiriti di geometria .
Nell' affermazione di Hobbes c' é il presupposto di creare macchine per
imitare il pensiero e Pascal lo risolve dal punto di vista pratica
dando vita al calcolatore , che opera calcoli in modo meccanico e che ,
non a caso , nasce nel 1600 , il secolo del meccanicismo , che vuole
ogni pensiero riconducibile ad una macchina .
LA SCOMMESSA SU DIO
Estremamente
importante nella filosofia di Pascal risulta anche l' argomento della
scommessa su Dio , riguardante la sua esistenza . Non é importante
dimostrare che Dio esista , ma é fondamentale dire se valga o no la pena
puntare sull' esistenza di Dio . Quando uno ha le carte in mano , non
potrà mai sapere se vincerà o perderà , può solo sapere se ha un grado
di probabilità di vittoria alto o basso e può sapere se vale la pena
giocare con quelle carte o no . Magari in termini di probabilità non mi
converrà giocare , tuttavia non é impossibile che io vinca ( anche se
improbabile ) ; sono poi spinto a giocare dal fatto che il premio in
palio é così grande che , se vinco , mi cambia la vita ; c' é un
rapporto infinito tra quello che possiedo e quello che posso possedere
vincendo : é proprio questo che mi fa venir voglia di giocare . Così
vanno anche le lotterie : la possibilità é una su un milione ( o anche
meno ) , le probabilità di vittoria sono bassissime , tuttavia gioco
perchè c' é un rapporto infinito tra il premio in palio e quello che
possiedo : la vittoria mi cambierebbe la vita ; in ogni caso vale la
pena giocare . Supponiamo che la posta in gioco sia un infinito guadagno
: qualsiasi fosse la posta da giocare e qualsiasi fosse la probabilità
di vincere , varrebbe sempre e comunque la pena giocare . Pascal fa una
scommessa del genere puntando sull' esistenza di Dio ; nella sua
religione di derivazione giansenista e antigesuitica , é chiaro che
scegliere Dio comporta una radicale rinuncia al mondo : ecco allora che
Pascal sui piatti della bilancia mette da una parte Dio , dall' altra il
mondo . A lui , come detto , non interessa dimostrare l' esistenza di
Dio , che sa peraltro indimostrabile , come indimostrabile é l'
inesistenza di Dio . Ciascuno di noi , a seconda che creda o no , é
capace a portare argomentazioni pro o contra Dio ; ma si tratta sempre
solo di argomentazioni e non di prove conclusive : il credente dirà che
il mondo presenta un ordine che deriva da Dio , l' ateo dirà che se c' é
il male come può esserci Dio , e così via . Pascal spiega , illustrando
queste posizioni appena citate , che la fede é una scelta : ci si mette
volontariamente in gioco , una scommessa dove ci si gioca tutto . Non
possiamo dire se Dio esista o se non esista , come non possiamo neanche
dire che sia più probabile che esista o che non esista , ma una cosa la
possiamo dire con certezza : il rapporto tra le probabilità che esista e
quelle che non esista sarà sempre un rapporto finito : non so ( nè
posso sapere ) se sia di 5 a 50 , di 70 a 30 , di 1 a 99 , di 1 a un
miliardo ; in assenza di una prova il rapporto é sempre finito . Se
fosse un rapporto infinito allora sarebbe come avere la certezza che Dio
esista o non esista : se dico che il rapporto tra esistenza e non
esistenza é di 1 ad infinito , é come se avessi la certezza che non
esiste . Nella scommessa su Dio uno può puntare su Dio ( rinunciando al
mondo ) o sul mondo ( rinunciando a Dio ) . Esaminiamo entrambi i casi :
punto sul mondo ; Dio non esiste e vivo come se non esistesse , dandomi
interamente al mondo e alla vita terrena . Se punto su Dio , invece ,
se vinco , vinco una realtà infinita , una felicità infinita ( la
beatitudine ) ; mettiamo il caso che Dio non esista ; io che ho puntato
sulla sua esistenza ho perso , ma che cosa ? Perdo l' infinito ( Dio ) e
mi rimane il finito ( il mondo ) . Pascal gioca tutto sul fatto che il
rapporto di probabilità tra esistenza e inesistenza di Dio é finito ,
mentre infinito é il rapporto tra Dio e mondo ( ossia tra le cose
puntate ) . Conviene sempre puntare su Dio perchè se non esistesse avrei
comunque sempre a mia disposizione il mondo finito ; ma se esistesse
oltre al mondo finito , guadagnerei anche l' infinito ( Dio ) . Chi non
punta su Dio vince il mondo finito , ma se Dio esistesse , allora
perderebbe l' infinito . Qualche possibilità che Dio esista ci deve
essere per forza , dice Pascal , ( anche solo una ) , altrimenti chi
sostiene che Dio non esista dovrebbe essere in grado di dimostrare in
modo razionale che non c' é ( ma non é possibile ) . Quindi , magari le
probabilità che Dio esista saranno bassissime , ma conviene puntare su
di lui perchè quello che si vince , nel caso esista , ( e quello che si
perde nel caso non si punti su di lui e lui esista ) é talmente grande (
infinito ) che vale la pena giocare , qualunque siano le probabilità di
vincere . Ricordiamoci che questa di Pascal é solo una prova : non mi
dimostra nè che Dio esista nè che non esista , mi dice solo che vale la
pena credere che esista . Possiamo fare ancora una volta il confronto
tra il Dio cartesiano ( quello dei filosofi e degli scienziati ) e
quello pascaliano ( il Dio di Abramo , di Isacco e di Giacobbe ) : tutti
e due i filosofi giocano in qualche modo sull' idea di infinitezza
presente in noi enti finiti . La differenza però sta nel fatto che
Cartesio dimostra l' esistenza di Dio , Pascal argomenta in favore della
scelta di credere in Dio , convinto che l' esistenza di Dio non sia
dimostrabile razionalmente ( Pascal ha meno fiducia nella ragione umana
rispetto a Cartesio ) . Il Dio persona di Pascal ( che é poi quello
cristiano ) , non va dimostrato razionalmente , ma va accettato e basta ;
il Dio teistico non chiede all' uomo di capire tutto , bensì gli chiede
di fare l' atto di fede e di compiere scelte : non a caso é il Dio di
Abramo , colui che sacrificò , su consiglio di Dio , il proprio figlio
Isacco : le vicende di Abramo non sono altro che quelle della scommessa
pascaliana vissuta in termini tragici : Abramo punta tutto su Dio ,
perfino il proprio figlio ; scommette tutto su Dio e riesce vincitore
cosicchè vince il mondo finito ( gli viene restituito il figlio ucciso )
e l' infinito ( Dio ) . Pascal scrive: " Poiché scegliere bisogna,
vediamo ciò che vi interessa di meno. Voi avete due cose da perdere: il
vero e il bene; e due cose da impegnare nel gioco: la vostra ragione e
la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la
vostra natura ha due cose da fuggire: l'errore e la miseria. (...)
Valutiamo questi due casi: se guadagnate, voi guadagnate tutto; se
perdete, non perdete niente. Scommettete dunque che egli esiste, senza
esitare ". Sempre a riguardo della fede in Dio , vi é un altro curioso
argomento elaborato da Pascal : egli immagina che un non credente gli si
rivolga confessandogli di non riuscire a credere in Dio e , per questo ,
di vivere male la sua vita . Essere credenti , in fondo , é più facile
perchè si ha una speranza in qualcosa e chi non crede , spesso , vive
male il fatto stesso di non credere. Pascal consiglia al non credente di
agire in tutto e per tutto come se credesse , quasi come se , abituando
il corpo alla fede , anche l' anima , un poco alla volta , si abituasse
a credere . Agisci come se credessi e vedrai che la fede viene da sè :
può essere così riassunta l' argomentazione pascaliana . Si deve forzare
la macchina corpo ad abituarsi alle cose di Chiesa ( messe ,
processioni e riti vari ) finchè anche l' anima si adatterà e arriverà a
credere . Dobbiamo fare la nostra scommessa puntando su Dio : se non c'
é non ci perdiamo nulla , ma se c' é abbiamo solo da guadagnarci . Con
l' idea dell' adeguarsi forzatamente alla fede , prima col corpo e poi
con l' anima , Pascal vuole dire che la fede ce l' abbiamo tutti , basta
trovarla : chi cerca la fede ( come il non credente ) in fondo già la
possiede proprio perchè la sta cercando . Uno che non avesse l' idea
infinita di Dio in sè non si porrebbbe il problema della ricerca della
fede . E Abramo stesso , che aveva puntato tutto su Dio , non aveva
forse fatto un atto di ricerca della propria fede affidandosi
completamente a Dio ? La situazione tipica dell' uomo é di essere un
ente finito e di avere la consapevolezza di essere un ente finito ; ma
sapere di essere finiti implica che l' uomo abbia presente in sè l' idea
di infinito ( Dio ) : come faccio a sapere di essere finito se non so
che cosa sia l' infinito ? Già Cartesio si era servito di quest'
argomentazione . Quindi la fede in ultima istanza l' abbiamo tutti , si
tratta solo di cercarla , magari anche forzando . Il non credente si
sente insoddisfatto proprio perchè non é ancora riuscito a trovare la
sua fede . Quello che caratterizza l' uomo é di essere un ente finito e
di sapere di essere un ente finito : questo permette a Pascal di
elaborare la teoria della miseria del genere umano , miseria che
colpisce esclusivamente il genere umano : non ne sono affetti nè Dio nè
gli altri esseri del creato . Viene spontaneo controbattere che ci sono
esseri assai inferiori e quindi più sventurati dell' uomo : ma essere
miseri per Pascal implica non solo avere dei limiti , ma anche esserne
coscienti : solo l' uomo si rende conto della sua sofferenza e dei suoi
limiti . Ha dei limiti , ma ha anche una sua grandezza : l' uomo per
Pascal é un mostro , un essere ibrido , incomprensibile , una realtà che
non é semplice ma che é misera : é piccolo perchè é debole ed é grande
perchè sa di essere debole . Non a caso Pascal diceva : Io esalto l'
uomo quando lo si vuole umiliare e lo umilio quando lo si vuole esaltare
; soffre e sa di soffrire l' uomo : é allo stesso tempo l' essere più
grande e più sventurato . La più famosa metafora elaborata da Pascal per
delineare la condizione dell' uomo é quella del giunco pensante in
balìa del vento : l' uomo é una pianta debole soggetta alle intemperie :
proprio come un giunco può essere facilmente sradicato e ucciso : il
vento ( e in generale l' universo che lo attacca ) é estremamente più
potente di lui , ma lui ha un vantaggio : é pensante . L' universo che
lo schiaccia senza neanche accorgersene é più forte fisicamente , ma
proprio perchè non si accorge di cosa fa ( non ha coscienza ) é
infinitamente più debole rispetto al giunco sul piano della coscienza :
il giunco pensante fisicamente é debole , ma in ambito di coscienza é
fortissimo perchè ha coscienza di essere schiacciato e distrutto dal
vento ( l' universo ) , che manco si accorge di ciò che fa . Un secolo
dopo Pascal , Kant riprenderà questa concezione ambivalente dell' uomo
per elaborare la sua teoria del sublime , quel sentimento che l' uomo
prova e che risulta allo stesso tempo piacevole e insopportabile : é l'
uomo che si pone di fronte alla natura e se ne compiace , tuttavia sente
di essere a lei inferiore e soffre : l' immagine usata da Kant sarà
quella del mare in tempesta ; l' uomo che lo vede dalla riva prova un
sentimento piacevole perchè in effetti é uno spettacolo meraviglioso ,
tuttavia soffre sentendo la propria impotenza e inferiorità rispetto
alla natura , che può schiacciarlo senza neanche accorgersene . Questa é
la miseria dell' uomo . Ecco come esprime Pascal questo concetto: "
L'uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna
pensante. Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo:
un vapore, una goccia d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo
lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide,
perché sa di morire e conosce la superiorità dell'universo su di lui;
l'universo invece non ne sa niente. Tutta la nostra dignità consiste
dunque nel pensiero. E' con questo che dobbiamo nobilitarci e non già
con lo spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di
pensare bene: questo è il principio della morale " (fr. 347).
Ricordatevi che di qualsiasi scritto, dove nasce da una idea un conflitto,
bisogna coglierne della logica l'essenza, per un sano spunto di partenza.
Se non si è schiavi di una religione, una idea anche se forte,
può far utilizzo della ragione, come del pennello ne fa l'arte.
(LexMat)
Quanto rimane, è un destino dove solo la conclusione è fatale.
Ed a dispetto della morte, tutto è libertà, un mondo di cui l'uomo è il solo padrone.
(Albert Camus)
Presentazione
La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.
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