V era anche il nome delle armi naziste di rappresaglia (Vergeltungswaffen 1 e 2) lanciate sul sud dell’Inghilterra e poi sul porto di Anversa, a partire dal 1943.
Il
terrorismo può mobilitare la popolazione – come vorrebbe farci credere
il film – oppure sortisce l’effetto contrario? È moralmente accettabile
seminare il terrore?
In
sintesi il film si riduce a questo: L’eroe odia una tirannia che
tortura ed elimina i suoi nemici o chi non si allinea. L’eroe, per
combatterla, tortura ed elimina i suoi nemici o chi non si allinea. Non
si nota alcuna differenza tra le due parti. Perché mettersi nelle mani
di un “salvatore” del genere? V si giustifica spiegando che è stato il
regime a disumanizzarlo, anche lui è un prodotto della violenza
tirannica e non può agire diversamente. Dunque ammette di essere un
automa, o un fantoccio, o comunque una persona che non è nella posizione
di guidare un popolo alla riscossa e verso la libertà. Non è un
partigiano liberatore, è un kamikaze. Ma si spaccia per liberatore. Evey
gli dev’essere grata per essere stata rapita, tenuta prigioniera,
ingannata, umiliata, picchiata e torturata, perché quello era l’unico
modo per emanciparla dal sortilegio della paura del regime. Una persona
che ragiona in questo modo è un mostro, un qualcuno che usa il pretesto
della lotta contro un terribile nemico per gratificare i suoi desideri
più bestiali e poi razionalizza i crimini che commette. Se Evey lo segue
è solo perché è vittima della Sindrome di Stoccolma (o Sindrome di
Giobbe), quel fenomenale e terrificante meccanismo della psiche umana
che ci spinge a parteggiare per i nostri carnefici, ad identificarci con
loro, a riverirli, a detestare i loro avversari (che in realtà
sarebbero dei soccorritori). Primo Levi ci insegna che è successo anche
nel luogo più improbabile di tutti, ad Auschwitz. Si ama ciò che si teme
(Thanatos ed Eros sono intrecciati). Gli psicopatici ne approfittano
sempre, ed incolpano le vittime della loro violenza (come la moglie o il
figlio vittime di violenze domestiche che le giustificano e si
convincono che sono meritate). Così nasce un legame psicologico
deteriore e malato tra l’aguzzino e la vittima, completamente svuotata
di autonomia psichica e che non può fare altro, se vuole rimanere viva,
che cercare protezione in chi in quel momento assume, quasi
letteralmente, gli attributi dell’onnipotenza. D’altronde gli
psicopatici più di successo sono quelli che indossano la maschera della
santità, proprio come V.
Chi
giustifica V e lo ritiene comunque un eroe non è forse in grado di
immedesimarsi a sufficienza nella situazione, di pensare come reagirebbe
se fosse lui stesso o qualche persona a lui cara al posto di Evey. Ma
per farlo serve una notevole dose di empatia, di immaginazione
identificativa, simpatetica e non tutti ce l’hanno. Alcuni, perciò,
preferiscono credere che il male vada combattuto con il male, perché il
bene deve sottostare a troppe “regole d’ingaggio” e perciò non riuscirà
mai a prevalere. Mi riesce difficile credere che un bene che si rende
male per contrastare un altro male possa poi purificarsi, come se niente
fosse. Questa motivazione sembra più che altro una trappola per ingenui
benintenzionati. Ma anche accettando queste premesse logiche e morali,
non si capisce perché un male minore possa prevalere su un male
maggiore, dato che dovrà comunque regolamentarsi più di quest’ultimo, se
non vuole diventare indistinguibile dal suo avversario.
Altri
sottolineano che non ci sono alternative: quando uno non ha più niente
da perdere, neppure la paura, finirà per combattere per la sua libertà
con qualunque mezzo, perché libertà non è sicura, non è gentile, non è
piacevole, finché non la si è ottenuta. Le forze che operano nel mondo
sono incontrollabili: azione e reazione, violenza autoritaria e violenza
libertaria. Sono processi al di là del bene e del male, che
appartengono all’ambito della necessità. Ma V non si libera solo della
paura, si libera anche della sua umanità e questo è un prezzo troppo
alto da pagare. Non contento, sottopone Evey al medesimo trattamento da
lui subito ad opera del regime.
Il
motto di V è che la gente non dovrebbe avere paura dei governi,
dovrebbero essere i governi a temere i cittadini. Si rifà ad una
citazione attribuita a Thomas Jefferson: “quando i popoli hanno paura
dei loro governi, c’è tirannia; quando sono i governi a temere I popoli,
c’è libertà”. Peccato che la “Thomas Jefferson Foundation” non abbia
mai trovato alcun indizio del fatto che Jefferson possa aver detto
qualcosa del genere. Si tratta di una delle numerosissime citazioni
apocrife di Jefferson che circolano in rete e che hanno completamente
stravolto la percezione che la gente comune si è fatta del suo pensiero
su molti temi.
Il
messaggio del film è, complessivamente, inquietante: si può uccidere o
usare violenza contro chiunque, se giudichi che il fine sia nobile. A
quel punto ogni persona può diventare un mezzo senza che ciò corrompa la
tua coscienza e degradi la tua morale. Violenza e sadismo sono
razionalizzati, per rendere morale e seducente quel che non lo può
essere. È come subire un sottile, inebriante, eccitante lavaggio del
cervello. Si prende un qualcosa di universalmente condiviso (libertà
civili) e gli si appunta sopra l’archetipo della violenza – l’eroe
salvatore che interviene con una soluzione spiccia ma efficace: la
libertà ha un valore così precipuo che si possono sacrificare le vite di
molti se ciò permette di garantirla ai più (ma questa garanzia chi ce
l’ha?). Anche i torturatori e i cecchini la pensano a quel modo: la loro
non è una violenza indiscriminata e serve a spianare la strada al bene
comune. Il film esplicita l’inganno di chi attende l’avvento di un
messia-pastore che spieghi alle masse ovine cosa devono fare e prenda
l’iniziativa. Abbiamo già avuto duci e fuehrer e lider maximi a
sufficienza.
In
breve, V è uno psicopatico, o un sociopatico (ossia una persona resa
psicopatica da una serie di traumi) e il film non condanna le sue
azioni, anzi le esalta, come esalta le “imprese” di Guy Fawkes, un
terrorista fondamentalista ante-litteram. V infatti indossa la sua
maschera, il volto di un cattolico protagonista di un complotto che
intendeva far saltare la Camera dei Lord, uccidendo tra gli altri un
sovrano relativamente tollerante per quei tempi, per poi effettuare un
colpo di stato e restaurare il cattolicesimo come religione di stato,
insomma una teonomia. Forse la religione era persino un pretesto per
giustificare agli occhi della popolazione un cambio di regime prodotto
da una lotta tra gruppi d’interesse. Fatto sta che, tradizionalmente, la popolazione inglese, il 5 novembre, festeggiava la sua sconfitta, non il suo “nobile martirio”.
Il
vero eroe del film dovrebbe essere l’uomo che, senza maschere e senza
anonimato, si espone e manifesta la sua disubbidienza civile, a costo
della sua vita.
La
visione del mondo di V è che chi lo segue è sostanzialmente buono e chi
gli si oppone è malvagio e può essere ucciso. Il problema sono le
istituzioni, non la natura umana. Per questo è convinto che
distruggendole tutto si sistemerà. È edonista e nichilista ed evidenzia
un errore di fondo: l'idea che se ci sono fascisti/nazisti oggi è solo
perché non si sono fatti i conti con il passato ieri. Quest'idea
presuppone che il fascismo sia un virus che vada debellato e che
colpisce anche persone relativamente buone. Ma è una sciocchezza. Se ci
sono nazifascisti oggi è perché la diversità umana contempla anche
l'esistenza di indoli autoritarie, che poi diventano fasciste, naziste o
comuniste a seconda delle circostanze. Berlusconi non è fascistoide
perché non conosce la storia, è fascistoide perché è nella sua natura
esserlo. Per la stessa ragione è assolutamente risibile credere che non
ci sarà mai un'altra tirannia in Austria o Germania (o nelle nazioni che
hanno combattuto il nazismo ed il comunismo). Questo è un pericoloso
auto-inganno.
Non
è assolutamente vero che il film fa pensare. Semmai è vero il
contrario: spegne il cervello somministrando la minestrina insipida e
velenosa dell’utilitarismo (il fine giustifica i mezzi) e della
manipolazione simbolica (distruggi un simbolo e cambierai il mondo,
diventerai un modello per tanti altri, le tue idee saranno immortali).
Idealista,
un crociato contro l’ingiustizia e il dispotismo, oppure un terrorista,
un nichilista autoritario come certi personaggi di Dostoevskij e Camus?
La violenza è OK se credi di essere nel giusto: “io sono quello che di
me hanno fatto” (con le loro sperimentazioni). Quali sono le idee a
prova di bomba del nostro? Perché le idee dovrebbero essere più
importanti degli esseri umani in carne ed ossa? Proclami e simbolismi
non sono forse il pane quotidiano dei regimi dispotici? E perché una
massa di persone mascherate dovrebbe essere in grado di creare
istituzioni migliori di quelle distrutte dall’attentato? Perché la voce
di Nessuno dovrebbe parlare a nome di Tutti?
Un
film per adolescenti infatuati preferiscono la violenza ribelle e
codarda alla matura disobbedienza di un Martin Luther King, che si
eccitano con la fantasia virile della conversione della donna al proprio
volere tramite imprigionamento ed abuso.
L’idea
che un pugno di audaci avanguardisti possa guidare le masse verso un
mondo migliore è una fantasia narcisistica, megalomane, elitista e
misantropica, cioè perniciosa, corruttrice e spregevole. La rivoluzione
diventa fine a se stessa, ha valore perché esiste. Nulla di diverso dal
movimentismo perpetuo del nazisfascismo, l’oppio di una popolo che
doveva essere tenuto sempre in guardia, sempre all’erta, sempre su chi
vive.
LINK UTILI
http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/indignati-e-smascherati-le-maschere-del.html
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