Introduzione
Questo lavoro è dedicato a
tutti i cittadini e politici di buona volontà. Non solo dell’Alto Adige.
Vi hanno detto che senza le
radici non si costruisce il futuro, che senza un’identità collettiva la vita
non ha senso, che l’atto di togliere il crocifisso dai luoghi pubblici è un’offesa
a ciascuno di voi, prima ancora che a Dio, che ognuno dovrebbe essere
orgoglioso della propria patria/Heimat ed è tenuto ad amare la propria lingua.
Tutto questo lo si deve fare a prescindere. Un po’ come le Tavole della Legge
donate da Geova a Mosè sul Sinai: “Io sono il Signore, tuo Dio... Non avere
altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine... Non ti prostrerai
davanti a quelle cose...ecc.” I Comandamenti sono stati debitamente aggiornati
e la loro osservanza è dovuta. È curioso che l’unico animale terrestre nato per
essere libero abbia trascorso la sua storia escogitando ogni possibile mezzo e
metodo per ingabbiarsi. Eppure, per noi umani, non esiste a questo mondo nulla
di inevitabile, tranne la morte. Geni, ambienti familiari, culture, lingue,
estrazione sociale, ecc. non programmano la nostra esistenza. È estremamente
facile provarlo. Prendete i celebri gemelli siamesi Chang e Eng. Nati da una
famiglia cinese che viveva nei pressi di Bangkok, vennero scorti da un medico
inglese mentre facevano il bagno nel fiume. Impressionato e spaventato di
fronte ad un essere umano duplice, il medico pagò famiglia e re del Siam (l’odierna
Thailandia) per portarli con sé in patria. Tutti gli specialisti consultati
riferirono che sarebbe stato impossibile separarli chirurgicamente senza
causare la morte di almeno uno dei due, se non di entrambi. I due gemelli, dopo
essere diventati due fenomeni da baraccone del circo Barnum, si ritirarono in
una fattoria con le loro due mogli e 22 figli. Là terminarono i loro giorni. Il
loro patrimonio genetico era pressoché identico, così come l’ambiente nel quale
erano cresciuti, tuttavia le personalità di Chang e Eng non potevano essere più
diverse. Chang, il più piccolo dei due, dominava quello di maggior statura,
Eng, ed era estremamente umorale ed irascibile. Eng era invece di buon cuore,
gioviale e tendenzialmente sottomesso. A causa di queste differenze una volta,
da bambini, fecero a pugni e poi, da adulti, votarono per due candidati rivali.
Chang alzava molto il gomito e questo incideva sulla salute di entrambi e la
cosa peggiorò quando, nell’estate del 1870, ebbe un attacco di cuore che rese
invalido sia lui sia Eng, anche se il cuore di quest’ultimo era sano. Circa 4
anni dopo Chang morì ed Eng, che era ancora sano come un pesce, rimase talmente
sconvolto dall’evento da spegnersi due ore dopo.
Al di là dell’aneddoto, la biologia
insegna che ogni organismo è un prodotto squisitamente unico dell’interazione
dei geni con l’ambiente in ogni istante della vita di ciascuna persona. Per i
genetisti di popolazione, se c’è da fare una suddivisione della specie umana, l’unica
distinzione significativa è quella tra individui. Gli studi neurologici
dimostrano che non esistono due cervelli che siano identici, neppure tra
gemelli identici, perché le variazioni microscopiche di ogni cervello sono
enormi. Analogamente, le impronte digitali dei gemelli omozigoti sono distinte
ed individuali. Infine i linguisti hanno concluso che le parole e le frasi,
nella loro struttura e significato, hanno una storia che varia a seconda dell’esperienza
e del contesto di ciascuna persona. Insomma, l’evidenza empirica demolisce ogni
tentativo di essenzializzare e negare la straordinaria diversità dell’umano
nelle sue innumerevoli espressioni, cioè il suo fascino e bellezza.
Perciò chi vi dice che “è
naturale questo” ed è “naturale quello” sbaglia. L’unica cosa “naturale” per un
essere umano è quella di differenziarsi dagli altri, di maturare nei suoi modi
e nei suoi tempi, di realizzarsi secondo le sue proprie attitudini, valori ed
aspirazioni. Il resto sono superstizioni, un corredo di pregiudizi che si
affermano su base etnica, religiosa, storica, culturale. Viaggiando e vivendo
altrove molti hanno capito che si nasce in un luogo per puro caso, senza alcun
merito, e che ognuno ha diritto ad un orizzonte aperto e non a uno rinchiuso
nelle anguste valli dei desideri e bisogni psicologici delle generazioni
precedenti.
La nostra intenzione non è
quella di uniformare l’intero panorama identitario altoatesino. I movimenti
identitari, di qualunque genere essi siano, sono sempre estremamente
diversificati. Ci sono fanatici e bigotti in buona fede che alla fine si
marginalizzano da soli e ci sono persone coscienziose ed assennate che si
sforzano di andare incontro ad esigenze reali e legittime. Il nostro auspicio è
che ciascun residente della provincia di Bolzano sia messo in condizione di
essere libero di scegliere chi e che cosa vuole essere, libero di essere
autentico, di non rinnegare se stesso, la sua coscienza, la sua integrità di individuo.
Il nostro è un invito a guardarsi attorno con occhi nuovi, a sollecitare le
proprie ed altrui riflessioni, a sognare e progettare un angolo di mondo in cui
si possa essere liberi, autonomi e responsabili. Un luogo in cui la voce della
tribù non sovrasti mai quella della coscienza.
7 commenti:
-
Come non essere d'accordo? Condivido in pieno ciò che dici riguardo le
possibilità di un essere umano che non devono essere limitate
dall'orizzonte ristretto e dal contesto in cui si trova.
Credo però che la ricerca e valorizzazione di radici culturali non sia sempre cosa sterile e negativa, ma al contrario possa essere ricca di potenzialità e aiuti anche a comprendere se stessi, infatti siamo comunque il prodotto dell'ambiente in cui viviamo e solo comprendendolo pienamente siamo in grado, se lo vogliamo di cancellarlo o quantomeno di limitare la sua influenza su di noi.
-
la tesi del libro, a grandi linee, è che per uno sviluppo armonioso
degli esseri umani occorrano la Società, la Cultura e la Natura, non una
specifica società, cultura o natura.
Ed è per questo che non siamo veicoli di particolari geni, memi, lemmi, valori e istituzioni. Siamo i loro creatori e loro rimangono delle astrazioni, non delle creature in carne ed ossa che possono determinare il pensiero e l'agire dei loro creatori.
E' solo a partire dall'epoca degli stati nazionali prima e della contemporaneità consumistica poi, con le loro soffocanti pulsioni feticistiche, che siamo stati indotti a credere di essere meri accessori/strumenti della ricerca, valorizzazione e perpetuazione di identità collettive.
Per questo concludo, nella mia sezione, che la cosiddetta politica delle identità è antitetica rispetto al concetto di dignità della persona umana sancito dalle varie dichiarazioni e convenzioni internazionali.
-
il concetto, pur valido, ha valore teorico, in quanto la realtà del
contesto in cui viviamo ci impone regole che, a volte, non condividiamo.
-
certo, il contesto impone delle regole, ma l’azione morale non deve
necessariamente osservare l'intera catena di regole, specialmente quando
alcune di queste non derivano dall’applicazione di principi morali
universali (es. "tratta gli altri come loro vorrebbero essere trattati",
"non fare agli altri quel che non vorresti ti fosse fatto") ma servono
solo a favorire chi ha interesse a dividere la popolazione.
Seguire pedissequamente le regole significa sancire che un'autentica umanità può esistere solo negli interstizi tra una regola e l'altra, laddove le grinfie del golem/mito etnico di turno non arrivano.
Non è la vita che meritiamo. Chi vive in Alto Adige merita molto di più e non dovrebbe più accontentarsi, a mio avviso.
Grazie del commento!
-
Cercherò il libro, di cui mi ha parlato con favore, l'estate scorsa, un
amico di Bolzano. Condivido l'introduzione. Ha scritto un grande
antropologo norvegese che i confini non vengono tracciati per separare
delle differenze, ma, al contrario, è proprio perché essi vengono
tracciati che improvvisamente emergono le differenze, e anzi andiamo in
cerca di differenze proprio per legittimare i confini. Ciò vale anche
per i confini ideali «identitari».
Chi Le scrive è un altoatesino da molti anni «in esilio».
Arnaldo Di Benedetto (Univ. di Torino)
-
Immagino si tratti di Thomas F. W. Barth. Le dirò che un suo "discepolo",
Thomas Hylland Eriksen, uno dei colleghi che dà più lustro alla categoria (ordinario a 33 anni!) e che ho doverosamente citato in un paio di occasioni, è forse anche migliore di lui.
La ringrazio molto per la fiducia, spero che non rimarrà deluso.
-
quello che stavo cercando, grazie
Nessun commento:
Posta un commento
Salve, donatemi un pò dei Vostri Pensieri: