Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

sabato 19 ottobre 2013

Ernst Bloch

Da WikiPedia:

La filosofia di Bloch è anche una delle più valide esperienze ideologiche del marxismo e una delle più aperte ricerche di verità del secolo.
(Ester Dinacci)

Nessuno vive perché lo vuole. Ma una volta che vive lo deve volere.
(da "Diritto naturale e dignità umana", traduzione di G. Russo, Giappichelli, Torino, 2005)

« L'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all'aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono »
(Ernst Bloch, "Il principio Speranza", Premessa)

"Aspettare rende altrettanto desolati, ma al tempo stesso ubriaca. Chi fissa a lungo la porta aspettando uno, una, può perdere la testa, come per un canto monotono, che va avanti, va avanti. Nel buio in cui si trascina, probabilmente non c'è niente di buono. Se l'uomo, la donna attesa, non arrivano, l'evidenza della delusione non abolisce la sbornia, si mescola soltanto con ciò che ne consegue, un malessere suo proprio, che si prova anche in questo caso. Contro l'aspettare è d'aiuto lo sperare. Ma non ci si deve solo nutrire di speranza, bisogna anche trovare in essa qualcosa da cucinare."
(Da "Tracce")

« Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere buon ateo »
(E. Bloch, "Ateismo nel Cristianesimo. Per una religione dell'Esodo e del Regno", 1968)

La speranza

Ne Il principio speranza, Bloch mostra come la coscienza anticipante dell'uomo, la sua capacità di anticipare i progetti più alti mettendo in moto lo sviluppo storico, si manifesti sia nelle piccole forme storiche quali: i sogni e le aspirazioni che caratterizzano la vita quotidiana, il mondo fantastico delle favole, i racconti dei film e degli spettacoli teatrali, le utopie sociali sia nelle grandi concezioni religiose, filosofiche.
In tutte queste forme della coscienza anticipante dell'uomo, l'elemento fondamentale è la speranza, la quale non è qualcosa di puramente soggettivo ma aspetto reale dello sviluppo concreto dell'essere.
L'essere non è infatti ontologicamente definibile nella sua immediata staticità e cristallizzazione ma il vero, vitale essere è il non-essere-ancora.
Dall'analisi della natura della coscienza anticipante dell'uomo, infatti, emerge chiaramente il non-ancora come la sua verità più profonda che dà valore reale alla speranza, intesa non più come astratto sogno campato in aria, ma come docta spes, oggettivamente basata sul dinamismo della realtà.
La speranza allora, non è solo un atteggiamento sentimentale, ma concreta forza di voler costruire, con precisione razionale, la realtà. Così accade nell'arte e in particolare nella musica quando, sulla base di una rigorosa reale base matematica, essa suscita in noi un flusso di sentimenti.
Tuttavia, già nell'Introduzione alla traduzione italiana di quest'opera principale di Bloch, Remo Bodei ricorda che non tutti i miti e i filosofi hanno considerato la speranza una virtù.
E di ciò sembra accorgersi pure lo stesso Bloch, sia prendendo atto delle impreviste e non volute ricadute del suo pensiero sulla "Teologia della speranza" del protestante Moltmann, sia inserendo al capitolo 20 un'importante alternativa: la speranza non più come sguardo ottimisticamente diretto al futuro, bensì come immersione nelle potenzialità insite nel presente, quando l'uomo tenta di vivere cogliendo l'eternità nell'istante, il carpe aeternitatem in momento e il nunc aeternum dell'attimo oscuro.
La nostra coscienza del presente, che noi crediamo chiara, in effetti è offuscata: alla base del faro non c'è luce; noi dobbiamo dirigere la sua luce della speranza su ogni attimo della nostra vita presente, altrimenti la luce del faro si perde nella notte del futuro.

Il futuro-nuovo

La speranza come proiettata nel divenire storico, come creatrice della storia, implicava una nuova definizione della filosofia della storia e, in quest'ambito, della dialettica sia hegeliana che marxista.
L'utopia e la speranza infatti, danno all'uomo la possibilità di anticipare quel futuro dove l'uomo stesso realizza la sua intima essenza; ma il vero futuro deve essere nuovo, non può essere qualcosa di predeterminato nel passato e nel presente così da essere prevedibile in modo del tutto certo.
La speranza è certa nella soggettività (spes qua speratur, la speranza nella quale si spera) dell'individuo ma è altrettanto incerta nella sua oggettività (spes quae speratur, la speranza che si spera), altrimenti si renderebbe nullo e inefficace il concetto stesso di speranza.
La speranza infatti è continuamente sottoposta al rischio, all'incertezza, deve il continuamente lottare per il futuro-nuovo, deve sempre stare sul fronte

L'ottimismo militante

La speranza quindi concepita nell'ambito di un ottimismo che combatte per realizzarla, per superare il rischio ad essa connessa. Non quindi un ottimismo garantito dalla necessità infallibile delle leggi scientifiche, come auspicava un marxismo di ispirazione positivistico, né tantomeno un ottimismo assicurato dalla religione che garantisca la presenza di un ens realissimum, fonte di ogni realizzazione.
Bloch è convinto che si possa oggi fondare una filosofia della speranza basata sull'ottimismo militante che realizzi con l'impegno, le possibilità future poiché appare ormai superata ogni dottrina che basava se stessa collegandosi inesorabilmente al passato.
Già Hegel aveva tentato di svincolarsi da questo cordone ombelicale col passato mettendo al centro dello sviluppo la dialettica delle opposizioni ma poi aveva concepito l'intero processo dialettico come un tutto già completato che il pensiero dell'uomo ripercorreva nel ricordo.
Riaffiorava cioè in Hegel quell'anamnesi platonica che riportava la dialettica hegeliana nell'ambito del pensiero contemplativo.

Il recupero del pensiero hegeliano

Mentre Engels a proposito del pensiero hegeliano sosteneva che, eliminato il "sistema", si potesse accogliere il "metodo" dialettico, Bloch ritiene che invece tutta intera la filosofia hegeliana possa essere presa come valido modello di sapere confacente alla ricchezza della vita e della storia a patto però di eliminarne l'aspetto anamnestico, così come del resto era avvenuto con Marx che aveva opposto all'immobilità del pensiero contemplativo, la dinamicità di un pensiero come sintesi dialettica di teoria e prassi.
Solo a un pensiero dialettico che non perda di vista la realtà, caratterizzato da una profonda volontà di cambiamento, si aprirà la strada verso il futuro. Il pensiero hegeliano chiuso nella sua immobilità contemplativa si era rivelato incapace di fare la storia, possibilità questa ora fondata sulla concezione della teoria-prassi.
In questo modo la totalità dialettica hegeliana, non più chiusa in se stessa e predefinita, diverrà una totalità aperta al novum, una totalità utopica, dove l'utopia futura darà senso e concretezza alla speranza anticipante la realizzazione storica.

La patria dell'identità

Compiuta l'utopia, l'uomo raggiungerà la patria dell'identità, quel marxiano regno della libertà dove soddisfatti i suoi dedideri e intimi bisogni, risolverà finalmente ogni alienazione, ogni espropriazione ed estraniamento di sé da se stesso, recuperando la sua vera identità.
L'utopia compiuta realizzerà, afferma Bloch riprendendo il tema marxiano espresso nei Manoscritti economici-filosofici del 1844, la completa «umanizzazione della natura e naturalizzazione dell'uomo» risolvendo quel drammatico contrasto tra uomo e natura, soggetto e oggetto da cui era originata l'alienazione:

« Proprio in quanto il marxismo non è assolutamente altro che lotta contro la disuminazzazione culminante nel capitalismo, lotta fino alla completa abolizione, ne risulta anche, e contrario, che nella sua spinta di lotta di classe, nei suoi contenuti di finalità, il marxismo genuino non è nient'altro che promozione o incremento di umanità »
(E. Bloch, Il principio speranza [12])

La teologia della speranza

« Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere buon ateo »
(E. Bloch, Ateismo nel Cristianesimo. Per una religione dell'Esodo e del Regno (1968) [13])
Questo provocatorio motto può essere considerato come sintesi del dialogo aperto da Bloch, dopo il suo ritorno nella Germania occidentale, tra la concezione marxista e la visione teologica cristiana da cui si è sviluppata la cosiddetta "teologia della speranza".
Bloch propone una nuova lettura e interpretazione della Bibbia secondo quella che egli chiama deteocratizzazione, l'eliminare cioè dai testi sacri tutto quello che viene attribuito a Dio come monarca trascendente: configurazione questa presa a giustificazione di ogni sopraffazione del potere dell'uomo sull'uomo. Bisogna invece rintracciare e mettere in rilievo quell'ideale di liberazione che attraversa tutto il testo biblico e che anticipa la finale salvezza dell'uomo.
Percorrendo la linea tracciata da Feuerbach e Marx, per cui «la critica della religione porta alla dottrina secondo la quale l'uomo è, per l'uomo, l'essere supremo; dunque essa perviene all'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, asservito, abbandonato e spregevole», Bloch giunge così a quell'ateismo umanistico che afferma l'assolutezza dell'uomo, incompatibile con l'assolutezza di Dio.
Il trascendente divino, così come appare nella Bibbia, mette in luce questo contrasto insanabile tre Dio e l'uomo, questa rivalità tra il divino e l'umano che è da superare eliminando dalla Bibbia ogni raffigurazione della trascendenza divina sostituendovi il «trascendere senza trascendenza» proprio dell'uomo che vuole essere «come Dio», senza Dio, per arrivare alla sua totale liberazione.
L'opera citata si conclude auspicando un incontro, non un compromesso, basato sul carattere umanistico che vive in entrambi, tra marxismo utopico, (purificato dal materialismo meccanicistico e dagli interessi solo economici, aperto all'utopia del regno della libertà) e cristianesimo ateo (privo di elementi teocratici e finalizzato alla liberazione utopica dell'uomo).
Come il marxismo ha indicato materialmente la strada verso l'ideale utopico, così il cristianesimo ha sempre tenuto vivo nel cuore dell'uomo il desiderio utopico: ora, di comune accordo, possono avviare l'uomo verso l'utopia concreta.

La speranza oltre la morte

In opposizione alla tradizione filosofica da Socrate, Platone sino ad Heidegger che fanno della filosofia una scuola di preparazione alla morte, Bloch manifesta invece una fiducia di una vittoria sulla morte, sulla "lampada funebre" come egli dice, che si spegnerà con il sopravvenire di una nuova alba. Alla base di questa generica speranza c'è la considerazione invece realistica che tutta la storia dell'uomo, nella sua evoluzione, è stata guidata verso il meglio da quelle forze invisibili che noi chiamiamo Dio.
Tuttavia il problema più irrisolto di Bloch è forse quello del rapporto fra il cosmo e il suo sottoinsieme antropico, ossia: davvero la cosmogenesi è antropocentrica? Davvero l'universo è diretto al miglioramento e questo dipende dall'uomo? C'è persino chi sostiene la tesi opposta: noi umani saremmo d'intralcio e d'ostacolo per il termine della cosmo(a)gonia.
Lo affermavano già le apocalissi giudaiche precristiane, lo ribadisce Nietzsche: «In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari, c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo, ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Era anche tempo: difatti, sebbene si vantassero di aver già conosciuto molto, alla fine avevano scoperto, con grande riluttanza, di aver conosciuto tutto falsamente. Essi perirono, e morendo maledissero la verità. Così accadde a quei disperati animali che avevano scoperto la conoscenza.»
Così per Leopardi, col suo pessimismo globale, l'esperimento cosmico è destinato a fallire, uomo o non uomo: «Tempo verrà che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta. E nel modo che grandissimi regni ed imperi umani, e loro meravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; parimenti del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure vestigia; ma un silenzio nudo e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell'esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.»

Nessun commento:

Posta un commento

Salve, donatemi un pò dei Vostri Pensieri: