(Albert Einstein)
Da WikiPedia:
Rasoio di Occam
Per approfondire, vedi Esistenza di Dio. |
Esemplificativo della posizione di Kant qui esposta è l'aneddoto che ha come protagonisti Laplace e Napoleone. Quando Laplace presentò la prima edizione della sua opera "Exposition du système du monde" (1796) a Napoleone, questi osservò: "Cittadino, ho letto il vostro libro e non capisco come non abbiate dato spazio all'azione del Creatore". A queste parole Laplace replicò seccamente:
« Cittadino Primo Console, non ho avuto bisogno di questa ipotesi. » |
Tuttavia l’uso della metodologia di Occam, ovvero del così detto “rasoio”, sovente viene utilizzata in maniera impropria e, nella fattispecie, viene ritenuta inapplicabile alla causa della determinazione dell’esistenza di Dio. Infatti semplificare l’affermazione "Il mondo è stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" in "Il mondo è sempre esistito" appare chiaramente strumentale in quanto è noto come l’assunto “Il mondo è sempre esistito” non corrisponda a reale verità.
Occam affronta diversamente e risolve brillantemente la questione dell’esistenza di Dio e non lo fa attraverso l’utilizzo delle categorie di ragionamenti che la critica, semplificando eccessivamente il pensiero del filosofo, identifica nel "rasoio".
Secondo quanto esposto nelle sue due opere "Summa totiuslogicae" ed in "Expositio aurea super artem veterem", egli illustra come la realtà sia eminentemente individuale e nessun universale esista fuori dell'anima; né le "idee" di Platone, né l'aristotelico etomistico quod quid est (essenza identificata come fondamento oggettivo dei processi astrattivi), né le scotistiche formalitates; l'universale è solo nel soggetto conoscente, operazione di classificazione degli individuali. Nella realtà individuale non v'è distinzione di essenza ed esistenza, distinzione reale tra gli accidenti e la sostanza, essendo i primi modi di concepire la sostanza, e così per le relazioni che sono quindi oggetto della logica, non della metafisica. Questa concezione della realtà e questo modo d'intendere il processo conoscitivo hanno le loro corrispondenze nella teologia: quindi non viene meno il concetto di Dio ma decade il valore delle tradizionali prove della sua esistenza; neppure il principio di casualità può essere utilizzato nella prova dell'esistenza di Dio, non essendo possibile escludere un regresso all'infinito. Secondo Occam, Dio è solo oggetto di fede.
Rasoio di Hanlon
Il rasoio di Hanlon (in inglese Hanlon's Razor) è un principio metodologico, formulato sul modello del ben più famoso rasoio di Occam, che suggerisce:
(EN) « Never attribute to malice that which can be adequately explained by stupidity » |
(IT) « Non attribuire a malafede quel che si può ragionevolmente spiegare con la stupidità » |
(Robert J. Hanlon) |
(EN) « Never assume malice when stupidity will suffice » |
(IT) « Non presumere mai cattiveria laddove basti la stupidità » |
(Robert J. Hanlon) |
Presunte origini della massima
Tale massima, come detto assertrice di un principio di economia di pensiero sulla falsariga del noto rasoio di Occam (il quale suggerisce di non presumere cause inutili o improbabili per spiegare qualsivoglia fattispecie, laddove esistano cause più probabili e verificabili), è stata per lungo tempo di incerta attribuzione; nel 2001, un certo Joe Bigler di Scranton (Pennsylvania), attribuì la frase al suo defunto amico Robert J. Hanlon, raccontandone anche l'origine: nel 1980 la casa editrice Price Stern Loan di Los Angeles aveva in progetto di dare un seguito al Libro di Murphy, raccolta, a cura di Arthur Bloch, di massime, paradossi e aforismi (detti Leggi di Murphy ) consolidati nella cultura occidentale; per tale secondo libro, che fu dato alle stampe con il titolo di Murphy's Law Book Two: More Reasons Why Things Go Wrong , l'editore indisse un concorso a premi al fine di stimolare i lettori a suggerire le migliori massime. Tale Robert J. Hanlon, secondo Bigler, inviò all'editore la battuta in oggetto e fu premiato con 10 copie del nuovo libro, una delle quali fu donata da Hanlon allo stesso Bigler.Un'altra versione, che pare contraddire quella suesposta, viene dal blogger canadese Bill Clarke, il quale sostiene che la frase è originariamente sua: Clarke, infatti (solo omonimo del britannico Arthur C. Clarke), scrisse un romanzo di fantascienza dal titolo Axioms of a Mad Poet a firma W.C. Clarke nel 1974, quando aveva 17 anni; benché egli riconosca trattarsi di un lavoro puramente amatoriale, che fu pubblicato da un quotidiano di Toronto nell'ambito di un progetto estivo di promozione di giovani scrittori, in tale racconto figura la frase «Never attribute to malice that which is adequately explained by stupidity». Lo stesso Clarke sostiene, inoltre, che il nome “Robert Hanlon” è frutto di un errore tipografico: esso si riferirebbe in realtà a Robert A. Heinlein, noto autore di fantascienza, nel cui Logica dell'Impero (1941) figura un passo che recita: «Hai attribuito a malvagità circostanze che si spiegano più semplicemente con l'idiozia»; benché Clarke attribuisca la primogenitura del concetto a Heinlein, egli sostiene che la massima dovrebbe chiamarsi Rasoio di Clarke in quanto egli la formulò nella maniera, più succinta dell'originale, con la quale è tutt'oggi nota.
Il principio di presumere ignoranza o stupidità laddove si tenderebbe istintivamente ad assumere malafede o cattiveria, tra l'altro, viene indicato come indice di saggezza: difficilmente si considera se stessi in malafede, onde, assumendo malafede come causa di una controversia, si tende ad attribuirla alla controparte. Presumendo invece incompetenza, o ignoranza, si è più portati a considerare che la responsabilità delle incomprensioni può essere ascritta alla propria parte e non necessariamente a quella altrui.
Citazioni analoghe
A prescindere dalle varie attribuzioni, il concetto, che nelle linee essenziali suggerisce di non presumere cattive intenzioni in quei casi dove l'errore umano o la semplice mancanza di raziocinio basterebbero a giustificare un'azione sconveniente, fu espresso in varie forme in epoche anteriori a quelle dei soggetti citati in precedenza: Wolfgang Goethe, nei Dolori del giovane Werther (1774), scrive infatti che «…l'incomprensione reciproca e l'indolenza fanno forse più male nel mondo della malignità e della cattiveria. Almeno queste due ultime sono certo più rare»; Friedrich Schiller, altresì, disse che «…contro la stupidità anche gli dèi possono nulla».Ad Albert Einstein è attribuita una frase (apocrifa) sul potere della stupidità: «Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma quanto al primo ho ancora dei dubbi».
Nel manuale universalmente noto come Truppenführung, saggio sulle strategie militari e sulle tecniche di comando a opera di un generale tedesco, Kurt von Hammerstein-Equord, l'alto ufficiale traccia quattro profili-base di soldato, in base ai vari gradi di indole e di intelligenza: Hammerstein pone ai gradi più alti gli intelligenti e i laboriosi, adatti secondo lui alle cariche di Stato Maggiore; quanto a quelli stupidi e pigri, li considera in qualche maniera utili; coloro che uniscano intelligenza e pigrizia possono essere in qualche maniera adatti al comando, in quanto dotati di «temperamento e nervi saldi per affrontare qualsiasi situazione»; coloro da allontanare subito sono, invece, gli stupidi laboriosi (si potrebbe presumere che la ragione di questo convincimento sia nel fatto che, essendo laboriosi, essi non si limitino a essere inutili come quelli pigri, ma dannosi).
Carlo Maria Cipolla formulò una teoria della stupidità umana nel suo libro Allegro ma non troppo (1988). Secondo la terza legge della stupidità: «Una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno». Secondo la quinta legge della stupidità: «La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista».
La "teoria del casino"
Alternativa a quella della stupidità contro la malvagità, vi è una massima di Sir Bernard Ingham, per molti anni portavoce del Primo Ministro britannico Margaret Thatcher, che contrappone caos a macchinazione (prima il casino e poi il complotto ). Essa infatti recita: «Molti giornalisti hanno finito per sposare teorie di complotti governativi laddove, vi assicuro, sarebbe stato più produttivo per loro attenersi alla teoria del casino».La banalità del male
La filosofa tedesca Hannah Arendt nel 1963 ha usato un'argomentazione simile per spiegare il pensiero (o, paradossalmente, l'assenza di esso) di Adolf Eichmann, gerarca nazista processato nel dicembre 1961 in Israele. Le riflessioni elaborate da Arendt sono contenute nel saggio La banalità del male.Da "http://www.volta.alessandria.it/episteme/ep3-20.htm" :
Commento alle teorie fisiche - Il rasoio di Occam
(Fabio Cardone)
Nell'articolo sui fondamenti assiomatici delle teorie fisiche (cfr. Episteme
N. 2) è stato esaminato quanto di oggettivo vi può essere nelle teorie
fisiche. In questo commento si esamina quanto vi è di soggettivo. Una
versione del rasoio di Occam può essere che "tra varie spiegazioni
possibili di una cosa è quella più semplice che ha maggiori possibilità
di essere vera". E' possibile enunciare una versione "democratica" di
tale rasoio: tra varie spiegazioni possibili di una cosa è la
spiegazione più semplice che ha le maggiori possibilità di essere
veramente accettata dalla maggioranza. Il rasoio democratico può essere
detto altrimenti principio democratico della conoscenza basandolo sul
minimo sforzo di comprensione ovvero sulla minima complicazione dei
ragionamenti da comprendere. In parole povere lo si può riassumere in un
"principio di minimo nello sforzo di conoscenza" ossia, in parole meno
nobili, un bellissimo principio di pigrizia.
Il primo commento possibile alle teorie fisiche
partendo dall'applicazione del rasoio democratico è che esse sono
fondate anche sul fatto, soggettivo, di un principio democratico: ciò
che è plausibile è maggiormente condivisibile se la maggioranza lo
accetta.
Il secondo commento è che le teorie fisiche sono
fondate su un altro fatto soggettivo, il cosiddetto principio estetico:
ciò che piace alla maggioranza è accettato. Nella scienza l'unione del
principio estetico con quello democratico è umanamente invincibile e può
essere vinto, con pazienza, solo dalle prove sperimentali
inequivocabili, Galilei docet! Ovvero un sistema della fisica le cui
teorie siano il risultato dialettico di tale unione non può, e non deve,
essere vinto soggettivamente con puri ragionamenti umani ma può esser
sconfitto oggettivamente con esperimenti.
In comune le teorie fisiche hanno un desiderio, in senso latino di rimpianto, di semplicità.
Il terzo commento è , quindi, la seguente
constatazione. Ritenere che la natura sia semplice è bello e facile,
porta a spiegazioni di minimo sforzo di comprensione e conseguentemente
con maggiori possibilità di soddisfare il principio di pigrizia e quello
di estetica.Alla maggioranza piace ciò che è facile e lo chiama
semplicità della natura ottemperando al principio di pigrizia ed essa
realizza così l'unione del principo estetico con quello democratico: il
rasoio.
Il rasoio taglia la possibilità che la natura sia
complicata, ma non lo può escludere. Quindi si passa ad esprimere le
leggi fisiche e le leggi di natura per approssimazioni successive,
ovvero per successive illusioni di semplicità o meglio per rasoi
successivi: le teorie fisiche. La conoscenza apparentemente sarebbe una
successione di colpi di rasoio, ma prima o poi giunge il momento di
cambiar rasoio. La scelta d Lorentz, usando una analogia storica
relativa alla teoria della relatività, è il momento in cui si deve
cambiar rasoio, il precedente avendo la lama consunta incapace di
tagliare le nuove evidenze sperimentali.
Nella costruzione di una teoria fisica una domanda
sorge spontanea, perché mai non si accetta la possibilità che la natura
possa essere apparentemente semplice oppure apparentemente complicata, e
considerare equanimemente le due possibilità senza sottostare al
"principio di pigrizia". Questa disposizione paziente alla complicatezza
della natura aiuta a ridurre il contributo di soggettività della logica
umana per aumentare la considerazione oggettiva della logica della
natura.
Il processo di costruzione di una teoria fisica
potrebbe partire, invece che dal rasoio, dalla constatazione che la
logica della natura non è logica umana. Il campo di dominio
incontrastato della logica umana è il linguaggio di rappresentazione
della natura, mediante teorie fisiche, tale linguaggio non può che
essere matematico ossia quantitativo e sinottico nella sua forma
ideogrammatica. Compito della logica umana non può essere il radere ma
l'adeguare; sempre mediante il linguaggio, le caratteristiche logiche
delle entità misurate con le caratteristiche logiche della matematica
con cui la teoria le descrive.
Si può concludere con un esempio che illustri e al
tempo stesso dia la ricetta operativa di una tale sorta di principio di
"aderenza logica" tra logica della natura, il dato oggettivo del
fenomeno misurato, e logica umana, il dato soggettivo del linguaggio
utilizzato. Se le grandezze misurate presentano una struttura discreta o
continua si deve ricercare corrispondentemente una matematica discreta o
continua. Inoltre si dovrà imporre che le variabili incognite del
linguaggio matematico siano solamente quelle corrispondenti alla
grandezze misurate.
A commento finale si può constatare come la teoria
della relatività abbia realizzato appieno tale prescrizione di "aderenza
logica", invece la meccanica quantistica l'abbia applicata
perfettamente al contrario.
Nondimeno queste teorie fisiche sono le ultime due lame del rasoio democratico a doppio taglio che usiamo nel tempo presente.
NOTA: Per il partito dei puristi a cui l'autore
talvolta si associa è opportuno specificare che nella letteratura in
lingua italiana Guglielmo da Occam, inventore del suo rasoio logico,
viene indicato con varie grafie del luogo d'origine, per citarne alcune
Okam, Ockam, Ockham, Ocham, Occham e Occam prescelta quest'ultima in
questo scritto in omaggio alla latinità e per preferenza dettata dalla
nazionalità dell'autore.
Tutti sotto il Rasoio di Occam |
08 Dicembre 2012
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I problemi e i paradossi del conflitto storico tra la vera scienza e la falsa scienza dello scientismo occamista nell'esperienza umana del mondo moderno Il significato di una libera ricerca Chi può mai dire che cosa può meritare di essere o meno l'oggetto di una qualsiasi ricerca scientifica? L'universo in cui viviamo è fonte di una manifestazione pressoché illimitata di fenomeni di ogni genere. Alcuni di questi, più vicini alla percezione sensibile, si manifestano nella nostra dimensione quotidiana. Altri sono meno evidenti all'immediatezza dei sensi e fuori dalla nostra immaginazione, ma anch’essi, nella concretezza della loro sostanza, finiscono per coinvolgerci nostro malgrado. Per questo motivo la scienza si occupa di indagare i campi dell’immediato, come nella ricerca di rimedi a malattie che colpiscono l'uomo e nella ricerca di nuove risorse energetiche, ma non disdegna di occuparsi parallelamente di fenomeni di portata ben più astratta, come lo studio del calcolo delle probabilità, degli eventi del cielo o della costituzione intima della materia. I risultati della sua ricerca si riflettono di conseguenza sul mondo ordinario dell'uomo portando innovazioni nel campo della tecnologia e assicurando benessere agli individui e alla società. Va da sé che l'universo non è prodigo nel rivelare i suoi segreti e i ricercatori debbono impegnarsi con costanza e determinazione per ricavare la conoscenza utile ai bisogni dell’umanità. Sino a quando non si è giunti a realizzare una certa scoperta scientifica, nulla poteva palesare in anticipo la possibilità di conoscerla. Solo l’apertura mentale dei ricercatori, il loro intuito e la loro perseveranza possono portare a realizzare precisi risultati in un universo che maschera gelosamente la sua vera natura. Dal momento della scoperta in poi, la conoscenza acquisita andrà a far parte del bagaglio scientifico dell'umanità e diventerà argomento di routine. Ma prima di quel momento chi avrebbe potuto immaginare il dato di conoscenza a cui si sarebbe giunti a posteriori? Chi avrebbe potuto dire che i fenomeni ora conosciuti potevano essere reali? Eppure l'universo, anche se geloso custode dei suoi segreti, dissemina di indizi tutto l'estendersi dell'esistenza, lasciando ai legittimi curiosi, che non si accontentano dell'ovvietà posta dai sensi e dalla propria cultura, la possibilità di andare oltre le apparenze sensoriali. Se così non fosse non ci sarebbero mai state le grande scoperte scientifiche in tutti i campi dello scibile umano. Non ci sarebbe mai stato un Pasteur a ipotizzare, senza mai averli visti, i batteri per creare dei vaccini. Non ci sarebbe mai stato un Einstein che, andando contro il monolitismo ideologico della fisica newtoniana, ha potuto enunciare la rivoluzionaria fisica della relatività.
Il ricercatore è un curioso che si apre in maniera totalizzante alla conoscenza dell'universo in cui vive, per capirlo e per utilizzare il frutto delle sue scoperte allo scopo di ampliare la sua percezione cognitiva dell'esistenza e contribuire a migliorare la condizione umana. È inevitabile che non si ponga limiti di alcun genere, altrimenti incorrerebbe nell'attuazione di una ricerca limitata e di sterile significato. Purtroppo non è così per tutti. Esiste in seno alla Scienza ufficiale una corrente di pensiero, identificabile come “scientismo”, che interpreta in senso restrittivo il principio della ricerca ponendosi dei precisi limiti di campo di interesse e imponendoli con forza anche agli altri. Il “Rasoio” culturale di Guglielmo di Occam Il problema attuale della Scienza ha avuto inizio quando secoli addietro, intorno al 1300, un monaco francescano inglese, Guglielmo di Occam, si trovò a contestare il riferimento che la Chiesa del tempo dava in maniera prioritaria e totalizzante alla dimensione catechistica, centralizzando potere e risorse economiche. Occam aveva asserito pertanto che non si doveva solo guardare al mondo dell’aldilà e discutere di questioni teologali, ma occorreva anche e soprattutto dare attenzione alle cose essenziali della vita quotidiana delle persone. Ovvero, che non bastavano solamente le preghiere, ma occorreva guardare anche ai bisogni immediati e concreti dell'uomo, poiché egli era al centro dell'attenzione divina. Con molta prudenza per non inquietare il potere della Chiesa, e con lo stile latino del tempo, aveva affermato: “entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”, ovvero "le entità non vanno moltiplicate oltre il necessario". Ma la sua predicazione non era sfuggita alla Chiesa del tempo e seguì immediatamente la minaccia di un processo dell’Inquisizione e di un inevitabile rogo. Il povero monaco, per salvarsi la vita, si ritrovò a dover ritrattare il senso di quanto aveva affermato, riproponendolo in un nuovo significato, ovvero: "guardiamo all'essenziale, cioè al campo teologico della Chiesa, e non perdiamoci in cose che non servono”, quelle umane per l’appunto. Un principio che consolidò l’ideologia religiosa della Chiesa, caratterizzando il suo conservatorismo dogmatico contro il quale nessuno doveva opporsi. Un principio politico che è stato cooptato inevitabilmente dai vari sistemi sociali e ideologici conservatori della storia e che venne ripreso più tardi addirittura dalla corrente illuminista francese che stava organizzando la nuova Scienza laica post-rivoluzionaria. Ci si può rendere conto dell’influenza degli occamisti sulla Scienza illuminista da un semplice esempio: dopo la rivoluzione francese, l’accesso ai Musei dove erano custoditi i campioni di meteoriti venne impedito per non dar credito alla convinzione della gente che sosteneva che dal cielo cadevano pietre infuocate. Evento che invece gli uomini di Scienza occamista avevano sempre negato e deriso come superstizione dovuta all’ignoranza e che avrebbe portato a far perdere credito al loro prestigio accademico. L’ipoteca culturale del “Rasoio” di Guglielmo di Occam Dalla disavventura ecclesiale di Guglielmo di Occam e dall’insegnamento della gestione del potere della Chiesa medievale nacque così il cosiddetto principio del "Rasoio di Occam" che i difensori dei sistemi conservativi sociali e di ricerca hanno definito come un infallibile “principio di razionalità”. Un rasoio che impone un preciso principio e una precisa ipoteca alla Scienza attuale, la quale traduce l’affermazione medievale in: "bisogna fare ricerca solo su quanto serve e si dimostra concretamente serio, tutto il resto deve essere tagliato via". Su questo principio si è attestata la forma conservatrice della Scienza attuale, che si discosta dall'ambito della pura Scienza di ricerca per imporre una visione moralistica della ricerca stessa. Questa "scienza nella scienza", ravvisabile nel concetto di occamismo scientista, si è posta obiettivi che rispondono ai bisogni etici di un qualsiasi status quo che sta impegnando le sue risorse in suoi obiettivi specifici e di parte.
Un principio che ancora oggi viene proposto negli istituti scolastici come metodo scientifico, dimenticando che proprio su questo principio ecclesiale il cardinale Bellarmino processò, per le sue tesi di osservazione astronomica, Galileo Galilei che si trovava ad essere il propugnatore di un vero metodo scientifico sperimentale. Vale la pena di riflettere su quanto ha scritto Bertrand Russell in “Storia della filosofia occidentale” a proposito dell’occamismo: "...Tra gli scrittori di storia della filosofia esiste la tendenza a interpretare gli uomini alla luce dei loro successori, ma questo è in genere un errore. Si è detto del principio di Occam ch'egli avrebbe provocato la fine della scolastica, e che sarebbe stato un tema precursore di Cartesio o di Kant, o di qualsiasi altro filosofo moderno che fosse il favorito di questo o di quel critico. Secondo Moody, con il quale sono d'accordo, tutto questo è sbagliato. Occam, egli sostiene, si occupò principalmente di restaurare un genuino Aristotele, liberato sia dalle incrostazioni agostiniane che da quelle arabe. Questo era stato anche, entro limiti piuttosto ampi, l'obiettivo di San Tommaso; ma i francescani, come abbiamo visto, avevano continuato a seguire Agostino molto più da vicino di quanto Tommaso non avesse fatto. L'interpretazione di Occam data dagli storici moderni, secondo Moody, è stata viziata dal desiderio di trovare un "graduale" passaggio dalla scolastica alla filosofia moderna; questo ha fatto sì che si volessero leggere per forza in lui delle dottrine moderne, mentre in realtà il principio di Occam stava semplicemente interpretando Aristotele..." Analisi del resto già condivisa nel Medioevo quando l’influenza del pensiero occamista sollecitato dalla Chiesa si stava imponendo messianicamente sulla cultura del tempo. Il filosofo medievalista Antonio Poppi ha scritto in merito nella sua “Introduzione all'aristotelismo padovano”: "...La situazione culturale veneta della seconda metà del Trecento proietta riflessi sinistri nell'epistolario del Petrarca, ove rimbalza l'eco della sua vivida preoccupazione per le deleterie conseguenze del nuovo aristotelismo degli occamisti..." Non dimentichiamo che Aristotele, tra le varie manifestazioni del suo conservatorismo, era colui che affermava: “le donne possono essere considerate come uomini di natura inferiore”. L’azione dell’occamismo nella società moderna Oggi il "tagliare via ciò che non serve" rimane una comoda scusa che porta a sostenere il conservatorismo delle idee dei vari status quo, sociali e di ricerca, che non vogliono che venga toccato il loro sistema di prerogative e privilegi basato su precise e ristrette ideologie. Necessariamente in ciascuno di questi status quo si vengono a creare gerarchie che si occupano di stabilire "quel che serve e quello che non serve" e svolgono immancabilmente un’azione repressiva per ottenere i risultati che si prefiggono.
Al contrario, gli occamisti hanno volutamente dimenticato il metodo di valutazione razionale suggerito da Galileo Galilei da applicare a una libera ricerca: “osservare i fenomeni per come si presentano, riprodurli nella sperimentazione per comprenderli e quindi redigere le leggi che li dominano per poterli utilizzare a favore della conoscenza e del benessere comune”. Spesso gli occamisti moderni si dichiarano atei e materialisti, senza alcuna personale prospettiva esperienziale della loro vita se non quella di attestare le loro convinzioni in cui cercano rifugio per via della presenza di un universo troppo grande e misterioso per la loro capacità di comprensione. Oggi gli occamisti rappresentano una forte lobby che spaccia il proprio scientismo ideologico come Scienza e sembra ipotecare seriamente la ricerca e il futuro dell'umanità. Un movimento che nel nostro tempo ha trovato supporto presso correnti di praticanti dell’illusionismo e che ha coinvolto inaspettatamente anche sprovveduti ricercatori del mondo scientifico. Una corrente culturale partita dagli Stati Uniti, che come si sa è patria delle varie società segrete universitarie come “Skull and Bones”, appoggiata dai vari apparati del caso nei Paesi in cui si trova a operare. L’applicazione del Rasoio di Occam da parte degli occamisti è semplice e addirittura banale se non, in conclusione, anche catastrofica. Ad esempio, in medicina, se un farmaco non funziona lo si getta via e si prova con un altro fino a quando si trova quello che più o meno funziona. Con metodo pedissequo e inesorabile. Poco importa se a rimetterci sono i pazienti e le cavie da laboratorio. Poco importa se accanto al loro inarrestabile e monolitico apparato ci sono correnti di pensiero che suggeriscono metodi terapeutici meno cruenti e più sicuri per la vita umana. Metodi che vengono bollati come “pseudoscienze” e accantonati senza neppure essere seriamente presi in considerazione. Sbandierando il principio di razionalità del Rasoio di Occam gli occamisti hanno modo di indurre i giovani studenti degli Istituti in cui si sono insediati a cadere facilmente nel loro gioco, mostrandosi come profeti per la realizzazione di un futuro senza ignoranza e superstizione, e facendoli sentire come i predestinati e gli eletti per una grande missione di civilizzazione del mondo. C’è da credere invece che, ad oggi, senza la presenza mortificante dell’occamismo, avremmo una società non gerarchizzata e libera, medicinali migliori, tecnologia d'avanguardia, risorse energetiche ecosostenibili e una concreta e libera ricerca che potrebbe migliorare la condizione del genere umano. Il pensiero occamista, nella sua difesa di un universo culturalmente immobile, non ha neppure confini di parte che lo leghino alle ideologie che lo supportano. La teoria della relatività, ad esempio, giunse a inquietare il conservatorismo occamista di tutto il mondo. Nel Terzo Reich, Walter Gross nel 1940 ebbe a dire: "..le cosiddette teorie di Einstein non sono altro che il delirio di una mente inquinata da teorie liberali e democratiche. Gli scienziati della Germania non possono pertanto condividerle". Dall'altra parte della barricata ideologica, sempre in quell'anno, il Giornale astronomico dell'Unione Sovietica fece eco dicendo: "...la teoria di un universo dominato dalla relatività è solo il frutto della mente perversa dei fascisti, l'estremo disgustoso tentativo di propagandare una ideologia controrivoluzionaria e prossima a morire..." I paradossi scientifici dell’occamismo Il dogmatismo occamista, che ipoteca l'universo in una visione di parte e che determina l'esistenza o meno dei fenomeni a seconda di una convenienza, o di una ristrettezza culturale aprioristica, non si ferma nei laboratori e nei santuari degli apparati occamisti, ma giunge a colpire tutti noi nel nostro quotidiano. Molto di ciò che possiamo studiare sui libri o che ascoltiamo dai media e ciò di cui ci occupiamo diventa soggetto a questa visione dicotomica dell'esistenza impostata dall'occamismo.
In questa deleteria prospettiva non esistono e non sono argomenti seri temi come la premonizione, la telepatia, la terapeutica naturale, l'agopuntura, la fitoterapia. Per non parlare poi degli UFO e di altri fenomeni “non convenzionali”... Ma che credito si può dare a una Scienza ipotecata dall’occamismo che in gran parte è divenuta una vera e propria religione, con tanto di sacerdoti e di dogmi? Una scienza ipotecata dall’occamismo che, sicura delle sue idee, esprime giudizi che a causa dell’improprio suggerimento spesso finiscono per metterla in ridicolo, più che accreditarla, agli occhi del pubblico? Esempi in proposito non mancano, anzi, ce ne sono così tanti che dovrebbero farci riflettere sul credito che l’ipoteca occamista può avere sulle nostre scelte e sulle nostre esigenze di ricercatori curiosi. All'inizio del secolo "insigni" scienziati dichiararono che un’automobile non avrebbe mai potuto superare i limiti dei sessanta chilometri orari altrimenti l'uomo alla guida sarebbe morto! Einstein fu rifiutato come socio dei circoli universitari di alcune Accademie del tempo per via delle sue idee sulla teoria relativistica, considerate strampalate e poco serie dal punto di vista scientifico. Il 19 febbraio 1922, alla Reale Accademia delle Scienze di Torino, la candidatura di Albert Einstein venne rifiutata. La votazione (un solo voto risultò favorevole, quello del suo proponente) testimonia l'atteggiamento dei membri dell'Accademia verso le innovazioni scientifiche di Einstein. Per non parlare del premio Nobel per la Fisica del 1923, Robert Andrews Millikan, che affermò: "L'uomo non riuscirà mai a sfruttare l'energia dell'atomo... Gli elementi che compongono il mondo non possono essere manomessi dall'uomo né disintegrandoli l'uomo potrebbe trarne alcuna energia". Nel 1943 Thomas J. Watson, presidente dell'IBM, asseriva con profonda convinzione: "Non credo che in tutto il mondo si riuscirebbero a vendere più di cinque computer”… Gli faceva eco in tempi più recenti Richard van der Riet Woolley, che nell'assumere la carica di astronomo reale di Inghilterra affermò con assoluta convinzione: "I viaggi nello spazio sono pure fantasie, non si potrà mai lasciare il nostro pianeta.” Si potrebbe continuare con molti altri tristi esempi che dimostrano come l’occamismo abbia ostacolato da sempre il cammino dell’umanità. Di fronte a questi paradossi del pensiero dello scientismo occamista, sorge spontanea una inevitabile domanda: a quali scoperte scientifiche avrebbe potuto giungere la Scienza se non fosse stata ipotecata dalla visione moralistica dell'occamismo? A quali vette di sapere avrebbe potuto giungere l'umanità avendo occasione di risolvere, in anticipo sui tempi, tutti i problemi ambientali e le malattie che l'affliggono in questi ultimi secoli? www.giancarlobarbadoro.net Commento: 2013-10-15
L'articolo di Giancarlo è
puntuale ed estremamente illuminante.C'è un periodo storico poco
conosciuto e poco approfondito dai non addetti ai lavori: la situazione
culturale veneta della seconda metà del trecento, l'aristotelismo
padovano, l'occamismo che da timida sortita umanista venne triturata
dalle possenti lame della religione rivelata e trasformata in arma
potente, adatta a disinnescare tutte le libere espresioni e le libere
ricerche. Nulla poteva muoversi al di fuori del controllo della chiesa,
così delicata da promuovere fuochi di anime e idee con supponente
imbecillità e con insistita continuità. Una società quindi già pregna di
pulsioni nefaste e liberticide che di lì a poco si sarebbe manifestata
nella Discovery Doctrine, ossia quella saldatura tremenda tra potere
militare e potere religioso che concedeva l'autorità morale e il diritto
di predazione su tutto quello che le loro spedizioni avessero
incontrato. Culture millenarie vennero rese fantasmi.
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