Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

domenica 6 ottobre 2013

Max Stirner 3

Da "http://larottaperitaca.wordpress.com/2011/03/14/max-stirner-questo-sconosciuto/" :

Max Stirner, questo sconosciuto

di Dimitri El Madany

Vogliamo dedicare due righe a Johann Caspar Schmidt. Perché fare ciò? Ma soprattutto, e prima ancora, chi era costui? Procediamo con ordine.
Chi fosse è presto detto: Johann Caspar Schmidt altri non fu che un oscuro filosofo vissuto nella metà dell’Ottocento in Germania. Nato a Bayreuth (la città di Wagner) una domenica d’autunno nel 1806, ebbe un’infanzia difficile e, più in generale, una vita travagliata. Babbo e mamma non gli furono granché d’aiuto: il primo, di mestiere intagliatore di flauti, morì quando il piccolo Johann era ancora in fasce; la seconda uscì di senno (morirà poi in manicomio) ai tempi in cui il figlio poco più che ventenne faceva l’università a Königsberg, costringendolo ad interrompere di studi. Studi che Schmidt riprese poi a Berlino, dove si stabilì fino alla morte e dove già dal ’26 al ’28 aveva avuto modo di seguire corsi, fra gli altri, di Hegel e Schleiermacher. La ripresa non fu tuttavia fortunata: il suo ultimo esame data al 1834 ed il capitolo universitario rimase incompiuto. Ottenuta una pur limitata venia docendi, Schmidt tentò di entrare nel mondo dell’istruzione, già all’epoca relativamente precario. Dopo aver insegnato latino gratis in una scuola pubblica ed aver tentato senza successo di farsi assumere presso un collegio statale, nel ’39 venne finalmente assunto da un istituto privato per l’educazione delle ragazze di buona famiglia. Nel frattempo, in un impeto d’amore, aveva sposato la figlia della sua affittacamere berlinese, tale Anna Klara Butz. Matrimonio comodo ma assai infelice, poiché la povera Anna morì di parto pochi mesi dopo le nozze.
Ripresosi dal trauma, Schmidt intraprese quello che sarebbe rimasto l’unico breve periodo felice della sua vita. Tutto ebbe inizio in una birreria: da Hippel’s, un simpatico localino situato sulla centralissima Friedrichstrasse, ove era solita riunirsi una variegata ed interessante umanità. Schmidt vi si avvicinò a partire dal ’41. Tra gli avventori troviamo elementi del calibro di Marx, Engels, Feuerbach, i fratelli Bauer e molti altri, tutti forti pensatori non meno che forti bevitori, noti ai più con il nome di “Liberi”. Trattavasi di quella banda di ex studenti di Hegel passata alla storia come “sinistra hegeliana” o anche “giovani hegeliani”: filosofi anticonformisti, nemici giurati di chiese e caserme, alcuni atei, altri anarchici, molti alcolisti, tutti aspiranti rivoluzionari. Tra questi “Liberi”, gente interessante e, possiamo immaginare, non priva di una certa verve, vi erano comprensibilmente anche delle donne. Una di queste, Marie Dänhart, giovane bella e particolarmente emancipata, s’innamorò del nostro Johann. I due convolarono a nozze nel ’43, con un rito assai particolare: narra Dronke1 che gli invitati, per lo più ubriachi, giocavano a carte incuranti del sacramento in atto, mentre i due sposini erano talmente ebbri d’amore che si dimenticarono addirittura gli anelli, reperiti in extremis dall’ottimo Bruno Bauer, il quale, data l’urgenza, ne staccò due di ottone dal suo borsello.
Nel frattempo il nostro Schmidt aveva preso a scrivere e pubblicare articoli e recensioni su svariati giornali e riviste, non senza successo. Il tutto adoperando il nome de plume Max Stirner, con il quale oggi è noto ai pochi che lo conoscono, e con il quale pubblicò, nel 1844, la sua opera principale: L’unico e la sua proprietà. Un libro dal successo dirompente: nonostante la censura berlinese (L’unico venne sequestrato poco dopo la pubblicazione), Stirner divenne dall’oggi al domani un filosofo noto e discusso. Tale fu la soddisfazione, che egli decise addirittura di dimettersi dall’insegnamento presso l’istituto femminile privato di cui dicevamo prima, per poter fare il filosofo “a tempo pieno”. Mossa che si rivelò ben presto assai poco scaltra. Alla vigilia delle rivoluzioni europee, la vita del nostro Schmidt prese infatti una brutta china. Nel ’47 l’emancipata Marie, cui egli tra le altre cose aveva anche dedicato L’unico, lo abbandonò, pare per un altro uomo. Una brutta botta. Come sempre, le disgrazie non vengono mai da sole: in quello stesso periodo gli amici del circolo dei “Liberi” iniziano a disperdersi, ed inoltre egli cadde nella più grave miseria. La sua parabola era ormai discendente, la fine vicina. Dopo il ’48 non pubblicò quasi più nulla e si mantenne vivendo di espedienti. Conobbe l’amara realtà delle prigioni prussiane per ben due volte, entrambe per debiti. Morì un mercoledì, in squallida solitudine. La nota dello stato civile recitava seraficamente: “non madre, non moglie, non figli”. Era l’estate del 1856 e Johann Caspar Schmidt, alias Max Stirner, non aveva ancora compiuto 50 anni. Pare che la morte fosse stata causata dalla puntura di un insetto velenoso. Al funerale pochi, pochissimi amici, tra cui il già citato Bruno Bauer, forse l’unico a non averlo mai abbandonato.

A questo punto possiamo rispondere al quesito con cui abbiamo aperto: perché scrivere di Stirner? Potremmo subito obiettare che di un perché non vi sia bisogno alcuno, e sarebbe forse la miglior risposta. Ma ve ne sono almeno altre tre. In primis, di questo filosofo non vi è pressoché traccia nelle storie della filosofia, né nei manuali, e già questo ci pare un buon motivo per parlarne, oltre che uno specifico campo d’indagine. Ma c’è dell’altro. Scrivere di Stirner ha senso anche alla luce del fatto che, senza di lui, due pezzi da novanta della filosofia europea, Karl Marx e Friedrich Nietzsche, verosimilmente non sarebbero stati come oggi li conosciamo. Per entrambi, Stirner è stato fondamentale. Vediamo brevemente in che modo.
Subito dopo la lettura de L’unico, Engels scrive a Marx (lettera del 19 novembre 1944) le sue prime impressioni sulla bislacca teoria ivi contenuta.
Non dobbiamo accantonarla, bensì sfruttarla proprio in quanto perfetta espressione della pazzia corrente e, operando in essa un ribaltamento, continuare a costruirci sopra. Questo egoismo è così spinto all’estremo, così pazzo ed al contempo così cosciente di sé, che nella sua unilateralità non può mantenersi un solo momento, ma deve subito rovesciarsi in comunismo.
Marx non era propriamente dello stesso avviso del collega. Egli pure aveva certo colto la genialità di Stirner, ma con essa anche la sua pericolosità. Maestro di lungimiranza politica, Marx aveva individuato in Stirner un nemico mortale. Convintone il compagno Engels, i due procedettero alla demolizione passo per passo de L’unico, e ciò che ne venne fuori è il capitolo San Max de L’ideologia tedesca: una confutazione voluminosa quanto il confutato, cosa che rende l’idea della cura con cui i padri del comunismo demolirono punto per punto Stirner, non senza malmenarlo verbalmente. L’ideologia tedesca venne terminata nel ’46, ma inizialmente restò inedita: rimase per decenni in soffitta, ove fu esposta all’impietosa “critica roditrice dei topi”. Essa aveva tuttavia già assolto alla sua funzione fondamentale e occulta: quella di un chiarimento di se stessi da parte di Marx ed Engels, i quali, proprio grazie al confronto con il nemico Stirner, avevano posto le basi del loro materialismo storico.
Qualche tempo dopo, a Basilea, Adolf Baumgartner, allievo prediletto di Nietzsche, prese in prestito nella biblioteca universitaria L’Unico di Stirner. Era il 1874. Va detto che in tutta la sua opera Nietzsche non nomina Stirner nemmeno una volta. A tutt’oggi la posizione ufficiale dell’Archivio Nietzsche di Weimar sostiene che il filosofo della morte di dio non abbia mai letto Stirner. Di tutt’altro parere i coniugi Overbeck, intimi amici di Nietzsche. Stando alle indagini di Franz Overbeck, il suddetto Baumgartner ricordava di aver letto L’Unico su insistente suggerimento proprio di Nietzsche. Ida Overbeck racconta inoltre quanto segue.
Una volta, quando mio marito era uscito, [Nietzsche] si intrattenne un attimo con me e fece il nome di due tipi originali, che lo stavano occupando e nei cui scritti coglieva un’affinità con se stesso. Come sempre quando acquistava consapevolezza di relazioni interiori, era su di morale e felice. […] “Stirner… quello sì!” E comparve un tratto solenne sul suo viso. Mentre osservavo con apprensione quel suo atteggiamento, questo si mutò nuovamente, egli fece con la mano un movimento come per scacciare qualcosa, difensivo, e mi sussurrò: “Ora Ve l’ho pure detto, ma non volevo parlarne. Lo dimentichi di nuovo. Si parlerà di un plagio, ma Voi non lo farete, lo so”2.
Sempre secondo le medesime testimonianze, Nietzsche avrebbe definito l’opera di Stirner come la più temeraria e consequenziale dai tempi di Hobbes. Ne L’unico Nietzsche intravide il nucleo originario su cui costruire il proprio proverbiale nichilismo, da Stirner egli trasse spunti preziosi per la sua “filosofia con il martello”. Eppure, lungo tutta la produzione filosofica nietzscheana, sia il nome che l’opera di Max Stirner vengono sistematicamente sottaciuti.
Naturalmente, non solo Nietzsche e Marx si sono confrontati – più o meno nascostamente – con il nostro Johann Caspar Schmidt, alias Max Stirner. Molti altri lo hanno fatto (uno su tutti, Albert Camus ne L’Homme révolté) e continuano a farlo.
Ancora oggi ci sono certi uomini devoti che per via del suo libro prendono l’anarchico Stirner per un matto e per Satana in persona; e ancora oggi ci sono certi uomini diversamente devoti, che fanno partire da lui una nuova epoca dell’umanità, appunto perché era un anarchico. Ma non era un diavolo e non era un pazzo, anzi era un uomo silenzioso, nobile, che nessun potere e nessuna parola sarebbero riusciti a corrompere, un uomo così unico che non trovava un posto nel mondo, e di conseguenza più o meno fece la fame; era soltanto un ribelle interiore, non un capo politico, perché agli uomini non lo legava nemmeno una lingua comune3.

1E. Dronke, Berlin, Frankfurt a.M., 1846.
2Bernoulli C.A., Franz Overbeck und Friedrich Nietzsche. Eine Freundschaft, Jena, 1908; cit. in Safranski R., Nietzsche. Biografia di un pensiero, Milano, 2001.
3F. Mauthner, Der Atheismus und seine Geschichte im Abendlande, Berlin-Stuttgard, 1920; trad. it. L’ateismo e la sua storia in Occidente.


Da "http://ienaridensnexus.blogspot.it/2013/08/legoismo-di-max-stirner-di-siney-parker.html" :

L'egoismo di Max Stirner di Sidney Parker

Articolo apparso su Nonserviam #10

(Gli estratti che seguono sono tratti dal mio libretto intitolato The Egoism of Max Stirner: Some critical bibliographical notes, pubblicati dal Mackay Society di New York)

Albert Camus
Camus dedicò una sezione dell'Uomo in Rivolta a Stirner. Nonostante un riassunto abbastanza preciso di alcune idee di Stirner, egli lo mise sotto un'ottica di isolamento e di negazione da "ubriaco di distruzione." Camus accusò Stirner di andare "in una sorta di blasfemia", come se in qualche strano modo un ateo come Stirner potesse "bestemmiare" contro qualcosa a cui non crede. Camus affermò che Stirner era "intossicato" dalla "prospettiva" di "giustificare" il crimine, senza che egli menzionasse che Stirner distingueva accuratamente tra il criminale ordinario e il "criminale" come violatore del "sacro". Affermò che Stirner fosse l'antenato diretto del "terrorismo anarchico", quando in realtà Stirner affermava che i terroristi politici agivano sotto la possessione di un "fantasma". Oltre a questo, Camus citò Stirner quando diceva di "uccidere, non rendere martiri" gli altri esseri umani. Stirner scriveva a tal merito: "Posso ucciderli, non torturarli" -e questo in relazione al moralista che li uccide e li tortura per servire il "concetto di "buono"."

Anche se per tutto il suo libro Camus si preoccupava di presentare "il ribelle" come un'alternativa preferita al "rivoluzionario", egli non riconosceva che questa distinzione era stata fatta da Stirner tra "il rivoluzionario" e "l'insurrezionalista. Questo accade in un lavoro il cui scopo era un tentativo -un pò frenetico- della rieducazione "etica" ben illustrata dalla dichiarazione ironica di Stirner: "il pugno duro della morale schiaccia senza pietà la nobile natura dell'egoismo."

Eugene Fleischmann
Il lavoro e il pensiero di Stirner sono stati spesso offuscati dagli accademici -con punte di ostilità nei suoi confronti. Un contrasto a tale pratica, è stata fatta dal saggio di Fleischmann dal titolo "Stirner, Marx e Hegel" -saggio incluso nell' Hegel's political philosophy. Fleischmann, preferendo Stirner a Marx, presenta un conto semplice delle sue idee libere da interpretazioni "psichiatriche" e da argomenti ad hominem. Egli osserva giustamente che l' "io umano" per Stirner è "l'individuo in tutta la sua indefinibile concretezza empirica. La parola "unico" [einzig] è, per Stirner, l'uomo nella sua individualità irriducibile, sempre diverso dai suoi compagni, e sempre ributtato su se stesso nei suoi rapporti con loro. Così, quando parla di "egoismo" come l'ultima definizione dell' "essenza" umana, non è affatto una questione di una categoria morale [...] ma di una semplice realtà esistenziale."

Fleischmann sostiene che "la critica di Marx ed Engels su Stirner è notoriamente fuorviante. Non è solo il ridicolizzare la personalità di un uomo -il quale non è equivalente alla confutazione delle sue idee-, ma chi legge, si accorge che gli autori non stanno analizzando tutti i problemi sollevati dal loro avversario." Stirner non è semplicemente "un altro ideologo dottrinario". La sua "realtà è il mondo della sua esperienza immediata" e vuole "avere il suo potere ora, non dopo una remota e ipotetica "rivoluzione proletaria." Marx ed Engels non avevano nulla da offrire all'individuo del presente: Stirner si."

Nella sua conclusione, Fleischmann afferma che per Stirner l'individuo "deve trovare tutta la sua soddisfazione nella sua vita", che è un ritorno "all'atteggiamento rassegnato di un semplice mortale". Questa non è una critica seria. Se io non riesco a trovare soddisfazione nella mia vita, dove posso trovarla? Anche se io provo soddisfazione, ogni soddisfazione dell'altro potrebbe essere qualcosa acquisita da lui o lei -non da me. Se ciò costituisce un "semplice mortale", allora così sia, ma se si tratta di un "atteggiamento rassegnato" è un altro discorso.

Benedict Lachmann e Herbert Stourzh
Lachmann e Stourzh hanno scritto due saggi sull'egoismo, in cui forniscono un'introduzione stimolante e istruttiva alle idee di Stirner. Anche se i due autori danno una buona sintesi del suo egoismo, si differenziano nel loro approccio, consentendo al lettore di poter dare un giudizio libero.

Il saggio di Lachmann, Protagoras - Nietzsche - Stirner, ripercorre lo sviluppo del pensiero relativista come esemplificato nei tre filosofi del suo titolo. Protagora è il creatore del relativismo con il suo motto "L'uomo (l'individuo) è la misura di tutte le cose". Questo, a sua volta, è occupato da Stirner e Nietzsche. Dei due, tuttavia, Stirner è di gran lunga il più consistente e per questo Lachmann lo colloca dopo Nietzsche. Per lui, Stirner sorpassa Nietzsche portando il relativismo protagoreo alla sua logica conclusione nell'egoismo cosciente -ovvero all'adempimento della propria volontà.

In realtà, egli vede Nietzsche come marcatamente inferiore a Stirner -sia rispetto al suo stile che la chiarezza del suo pensiero. "In contrasto con l'opera di Nietzsche", egli scrive, "L'Unico e la sua proprietà è scritto in modo chiaro, in forma e linguaggio preciso, anche se evita le insidie ​​di uno stile accademico asciutto. La sua nitidezza, la sua chiarezza e passione, rendono il libro davvero sconvolgente e travolgente." A differenza di Nietzsche, la filosofia di Stirner non porta alla sostituzione di un "fantasma" religioso con un altro, ovvero la sostituzione del Dio cristiano con l' "ubermensch". Al contrario, rende gli "interessi dell'individuo il centro del mondo."

Intelligente, lucido e ben concepito: il saggio di Lachmann getta nuova luce sulle idee di Stirner.

Nel saggio di Stourzh, Max Stirner's philosophy of the Ego, è evidente che sia un lavoro fatto da un teista, ma è comunque in sintonia con l'egoismo stirneriano. Stourzh afferma che uno dei suoi obiettivi nel scrivere ciò "è al di là delle categorie del padrone e dello schiavo; si vuol favorire un punto di vista intellettuale e spirituale diverso da quello prescritto dai profeti del pensiero di massa e dai dogmatici del socialismo, che concepiscono l'individuo solo come una parte insignificante del tutto, come un numero di un gruppo."

Stourzh disegna una preziosa distinzione tra l'approccio "imperativo" del moralista e l'approccio "indicativo" di Stirner nei confronti dei comportamenti umani. Egli dà anche un quadro informativo sulla reazione critica a Stirner -critica fatta da filosofi come Ludwig Feuerbach, Kuno Fischer ed Eduard von Hartman. Stourzh guasta la sua interpretazione quando afferma la pretesa assurda che l'egoismo di Stirner "non significhi la distruzione dello stesso mistero divino." E in linea con il suo desiderio di preservare la "sacralità", che questo "mistero divino" ha a volte -e palesemente- "addolcito" Stirner, evitando certe sue osservazioni più impegnative.

Riferimenti
Camus, Albert: The Rebel: An essay on Man in revolt. Knopf, New York. 1961
Fleischmann, Eugene: The role of the individual in pre-revolutionary society: Stirner, Marx and Hegel in Hegel's Political Philosophy. Cambridge University Press, London. 1971
Benedict Lachmann e Herbert Stourzh: Two essay on egoism. Pubblicati sul The Mackay Society, New York.

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