Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 1 ottobre 2013

Quando Bertrand Russel camminava sulla terra

La scienza ci dice ciò che possiamo sapere, ma ciò che possiamo sapere è poco, e se dimentichiamo quanto non possiamo sapere diventiamo insensibili a molte cose di grandissima importanza.
La teologia, d’altra parte, porta alla fede dogmatica, alla convinzione che si sappia ciò che in realtà si ignora, generando così una sorta di insolenza nei riguardi dell’universo.
L’incertezza tra la speranza ed il timore è penosa, ma deve essere sopportata se desideriamo vivere senza ricorrere a favole belle e confortanti.
Non è bene né dimenticare le domande che la filosofia pone né persuaderci di aver trovato incontrovertibili risposte.
Insegnare a vivere senza la certezza e tuttavia senza essere paralizzati dall’esitazione è forse la funzione principale cui la filosofia può ancora assolvere, nel nostro tempo, per chi la studia.
(Bertrand Russell)

Come Bertrand Russell ha definito la posizione agnostica:

"An atheist, like a Christian, holds that we can know whether or not there is a God. The Christian holds that we can know there is a God; the atheist, that we can know there is not. The Agnostic suspends judgment, saying that there are not sufficient grounds either for affirmation or for denial. At the same time, an Agnostic may hold that the existence of God, though not impossible, is very improbable; he may even hold it so improbable that it is not worth considering in practice. In that case, he is not far removed from atheism. His attitude may be that which a careful philosopher would have towards the gods of ancient Greece. If I were asked to prove that Zeus and Poseidon and Hera and the rest of the Olympians do not exist, I should be at a loss to find conclusive arguments. An Agnostic may think the Christian God as improbable as the Olympians; in that case, he is, for practical purposes, at one with the atheists".

"Un ateo, così come un cristiano, afferma che possiamo sapere se Dio esiste o no.
Un cristiano sostiene che Dio c'è; un ateo che non c'è.
Un agnostico, invece, si astiene dal giudicare, dicendo che non ci sono basi sufficienti sia per affermano che per negarlo.
Un agnostico può affermare contemporaneamente che l'esistenza di Dio, per quanto non del tutto impossibile, sia comunque alquanto improbabile.
Può arrivare persino a dire che sia talmente improbabile, che, in pratica, non vale la pena di prenderla in considerazione; in tal caso, non si distacca molto dall'ateismo.
Il suo atteggiamento può essere quello che avrebbe un cauto filosofo nei confronti degli dèi dell'antica Grecia.
Se mi venisse chiesto di dimostrare che Zeus, Poseidone, Era, e il resto degli dèi dell'Olimpo non esistono, potrei non riuscire a trovare argomenti del tutto convincenti.
Un agnostico può pensare che l'esistenza del Dio cristiano sia tanto improbabile quanto quella degli dèi dell'Olimpo; in tal caso egli sarà, dal punto di vista pratico, tutt'uno con gli atei".
(Bertrand Russell, "What is an Agnostic?")

Di uomini, filosoficamente agnostici ed atei nella vita pratica, come lui ne dovrebbero nascere uno ogni anno. Allora sì che il mondo andrebbe meglio.
Altre entità viventi (Dawkins attuale purtroppo e non quello giovane e geniale) rabberciano e copiano.

E' il limite estremo che "si prende" e "ci prende" a pugni.
L'ipocrisia inoltre, ed una grossa dose di immodestia, non fanno onore.
Il bigottismo in tutte le sue forme è il "male assoluto".

La religione comunque, da appassionato Russeliano quale sono, non porta davvero a niente.
La filosofia, anche dietro all'ateismo ci deve sempre essere, la ragione è ragione proprio perchè comunque non deve smettere di continuare a farsi delle domande.
E un metodo comune ed univoco che ci deve guidare, mediato naturalmente dalla nostra volente o nolente sensibilità umana.
Leggete Bertrand e capirete.

Comunque la religione non può avere punti a favore contro un Dawkins, dato che sarebbe come giocare a battimuro da soli.
La religione si danneggia da sola, proprio come quando più si batte forte contro il muro, più esso ci respinge indietro il nostro colpo più forte (in questo caso naturalmente il muro non è Dawkins, dato che lui oggi, sarà la senilità, è più un muro sfondato).

Quello che sto cercando di spiegare è che la sensazione, lo stato d'animo che si prova essendo atei o teisti, la si conosce e vive soltanto nel cambio di parte.
Osserviamo Chesterton, Kierkegaard, Spinoza oppure lo stesso Russel.

Quando si prova una costrizione, un peso sull'anima, uno strano vivere in schiavitù causa di determinate scelte intraprese per errore proprio o magari inculcate da giovani, allora si sente come lo scattare di una molla mentale, l'accendersi di un pensiero, di un bisogno di filosofia dell'animo "super partes", più vicina alla propria personalità, alla propria identità, al proprio essere.
All'improvviso tutto il passato ci appare come una menzogna, come una terribile illusione con cui fino a quel punto siamo sempre vissuti.

E' come se il velo di Maya di Schopenauer, l'"amor fati" per l'eterno ritorno dell'oltreuomo di Nietzsche, un pizzico di Stirner, la rivolta di Camus, il "discorso della montagna" amato da Tolstoj e la serenità della fede di Chesterton si fossero amalgamati.

E' proviamo all'improvviso una incredibile sensazione di liberazione e chiarezza, insieme alla tristezza di constatare invece gli altri, fermi ed indietro a noi in questa constatazione eclatante.
Si soffre sia una pena che una rabbia per gli altri che non sanno e non riescono nemmeno a capire, comprendere.
Si osserva una chiesa e la si vede come un vuoto contenitore, costruito sulle basi di che cosa?

La felicità dalla liberazione da un Dio è paragonabile soltanto al suo trovarlo.
Solo chi guada un fiume si può accorgere della differenza tra le due rive.

Naturalmente la mia sponda di approdo è stata quella dell'ateismo, forse per delusione o per ripicca direte voi, la mia idea di Dio è forse sbagliata (come potrebbe affermare Papa Wojtyla)?

Io non desidero seguire lui ma le sue parole ed azioni.
Se lui si trova al traguardo, allora lo raggiungerò e ci incontremo salutandoci.

LexMat


Da WikiPedia:

Bertrand Russel

Religione

In materia di religione, Russell si dichiarava filosoficamente agnostico e ateo nella vita pratica.
La sua attitudine verso il Dio cristiano era identica a quella verso gli dèi dell'antica Grecia: persuaso della mancanza di prove dell'esistenza di entrambi, con il celebre paragone della "Teiera celestiale" egli mostra come si possa inculcare nella mente delle persone qualcosa che si voglia far passare per "verità".
Sostiene inoltre che affermare l'esistenza di qualcosa che non è dimostrabile è normalmente vista come un'affermazione probabilmente falsa (dice: «si penserebbe giustamente che sto dicendo fesserie»).
Diversamente invece avviene quando «la Teiera viene affermata nei libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità, instillata nelle menti dei bambini a scuola, l'esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all'attenzione dello psichiatra in un'età illuminata o dell'Inquisitore in un tempo antecedente».
La sua posizione è spiegata nei saggi Io sono un ateo o un agnostico? e Perché non sono cristiano.
Le posizioni di Russell, da alcuni definite antireligiose, furono oggetto di forti critiche e di pesanti ostracismi. Famoso, ad esempio, è il caso dell'incarico al City College di New York che destò l'avversione dei clericali del tempo e che diede inizio ad alcune ripercussioni.

Saggio "Scienza e Religione"

Una buona parte delle riflessioni personali di Russell viene fatta proprio nella Conclusione.
"La mentalità scientifica" - asserisce il nostro autore - "è prudente, sperimentale ed empirica; non pretende né di conoscere l'intera verità né che la sua conoscenza sia interamente vera".
Questo piccolo elogio dell'attività scientifica (che tanto ci ricorda i concetti di fallibilismo e tolleranza evocati da Popper) non impedisce però a Russell di riportare un rischio insito insito da una creatura della scienza teorica: la tecnica.
Governi e grandi aziende impiegano la tecnica scientifica con mentalità e intenti (potere e ricchezza) del tutto contrari allo spirito scientifico.
Infine, la guerra tra scienza e teologia ha portato alla epurazione del cristianesimo delle sue "parti inessenziali", derivanti da istituzioni terrene che di spirituale hanno avuto poco, in alcune epoche.
Il saggio si conclude con una nota di attualità politica: se un tempo la scienza si doveva guardare dalle Chiese cristiane, ora (nel 1935, anno di pubblicazione) la minaccia viene dai governi dittatoriali.


Citazioni di scienziati credenti, cristiani e cattolici su "http://www.uccronline.it/2012/08/12/citazioni-di-scienziati-credenti-cristiani-e-cattolici/".


Il filosofo Richard Schröder contro gli argomenti di Richard Dawkins

Brutto momento per Richard Dawkins, l’anti-teista militante più famoso di oggi.
Recentemente è stato fortemente criticato e accusato di “codardia” per essersi rifiutato di discutere con un dotto teologo americano, William Lane Craig, considerato un “mangia-atei-a-colazione” (rivelatosi tale nel confronto con Christopher Hitchens), privilegiando troppo spesso soggetti di minor profilo (cfr. The Telegraph 30/5/11).
Contestazioni e ironie sono piovute da ogni dove, e, in particolare, da New Statesman, rivista politica britannica di sinistra, che gli ha dedicato un articolo dal titolo “Perché Dawkins delude”, dove vi si trova scritto che: «è regolarmente riconosciuto che i “nuovi atei”, come Dawkins, non siano intellettualmente eccezionali» e che «non c’è mai stato un argomento filosofico molto convincente per la non esistenza di Dio».
Anche Il Sole 24 ore, importante quotidiano italiano, ha dato spazio ad una critica verso Dawkins, pubblicando la recensione di mons. Ravasi ad un nuovo libro che, ancora una volta, confuta ogni argomentazione presente nel best-seller dello scienziato britannico intitolato “The God Delusion“.
L’autore di questo nuovo volume, dal titolo “Liquidazione della religione? Il fanatismo scientifico e le sue conseguenze (Queriniana 2011) è Richard Schröder, filosofo, teologo, giudice costituzionale del Brandeburgo, presidente del senato della Deutsche nationalforschung di Weimar, membro del Consiglio nazionale di etica e dell’Accademia delle scienze di Berlino, insignito di vari premi e lauree honoris causa e infine docente alla Humboldt-Universität di Berlino.
Sul quotidiano italiano si legge che Schröder «non ne perdona una allo scienziato inglese, a partire dalla tradizionale accusa scagliata contro la religione, di essere fonte inesausta di crociate, cacce alle streghe, eccidi, persecuzioni, anche perché egli stesso ha provato sulla sua pelle la poco piacevole esperienza di anni vissuti sotto un regime sostanzialmente ateo com’era la Ddr, i cui miti erano allora Stalin, Mao, Pol Pot e compagni.
Ma il suo attacco a Dawkins, il cui testo è vagliato impietosamente riga per riga, va ben oltre questo terreno piuttosto estrinseco e punta alla tesi di fondo», cioè alla strumentalizzazione della teoria evolutiva (che diventa “evoluzionismo”) usata «come una clava per sbeffeggiare e demolire ogni religione o forse per propugnarne un’altra, quella dell’ateismo, perché egli esplicitamente afferma di voler “convertire” il suo lettore all’ateismo».
Dawkins vorrebbe spiegare tutto ciò che esiste con la selezione naturale, che -citando lo studioso tedesco- è come se «uno ti conducesse in una galleria di quadri e ti dichiarasse: “posso spiegarti brevemente tutti questi quadri, essi sono tutti quanti fatti di atomi! E così avremmo finalmente capito tutto».
L’analisi di Schröder è «serrata e argomentata e prende di mira una serie di corollari elaborati da Dawkins». Il quotidiano concorda con la critica del filosofo tedesco, sostenendo che «Dawkins ha spesso di mira il discutibilissimo creazionismo americano ma paradossalmente ne adotta l’ermeneutica fondamentalista».



Un’altra figuraccia di Richard Dawkins: battuto in un confronto con mons. Pell

Abbiamo già sottolineato come gli anti-teisti si esaltino parecchio nella sfida dialettica con i credenti, come se una eventuale vittoria durante un confronto pubblico significasse stabilire chi ha ragione o meno riguardo a Dio.
Ecco dunque che organizzano questi dibattiti sui massimi sistemi, a cui con grande pazienza personalità religiose si prestano. Richard Dawkins, il grande sacerdote del fondamentalismo ateo, è un amante di questi confronti, sopratutto perché fino ad ora si è scelto creazionisti americani o personalità sconosciute dell’Islam, contro le quali anche un qualsiasi Odifreddi riuscirebbe ad uscirne vittorioso.
Tuttavia nelle ultime tre occasioni ha avuto a che fare con personaggi che non sono alla sua portata, e ne è uscito malconcio. Anzi, il primo di questi, il filosofo William Lane Craig, lo ha invitato ad un confronto, avendo già avuto esperienze con Christopher Hitchens e Sam Harris, ma Dawkins ha rifiutato venendo bollato dalla stampa anglosassone come “codardo”. 
L’evento si è svolto ugualmente, con la sedia di Dawkins vuota. In un successivo dibattito televisivo, Dawkins ha presentato i risultati di uno studio svolto dalla sua fondazione che -guarda caso- avrebbero “dimostrato” che poche persone sono veramente cristiane e così le loro credenze non dovrebbero avere parte nelle scuole.
A sostegno di questa tesi, Dawkins ha affermato che pochi cristiani saprebbero dire qual è il primo libro del Nuovo Testamento. A questo punto il suo interlocutore, Giles Fraser, ex canonico della St Paul’s Cathedral, ha posto al prof. Dawkins una semplicissima domanda: «Richard, se ti chiedessi qual è il titolo completo dell’Origine delle specie, sono sicuro che potresti dirmelo».
Beh, Dawkins, neodarwinista fino al midollo, è andato nel pallone più totale senza riuscire a citare il titolo completo del più famoso libro di Charles Darwin. Oltre alla figuraccia di elevate proporzioni, ha anche confutato in pochi secondi i risultati della sua ricerca.
Pochi giorni fa il sedicente “mastino di Darwin” dei giorni nostri, ci ha riprovato e ha voluto “sfidare” l’arcivescovo di Sydney, mons. George Pell in televisione,  il programma si è rivelato il più visto della rete “ABC” negli ultimi due anni. Dawkins non potendo competere su tematiche teologico-filosofiche, ha dovuto spostare l’argomento sul piano scientifico-evolutivo e l’interlocutore si è prestato volentieri, dimostrando una ben più elevata dote culturale.
Mons. Pell ha spiegato che gli atei possono tranquillamente essere «persone buone e responsabili», mentre l’ateologo ha affermato che la scienza risponderà ad ogni questione umana, tuttavia domandarsi il “perché” dell’Universo rappresenta, per lui, una «domanda senza significato».
Una posizione simile a quella della volpe dopo aver rinunciato a prendere l’uva, alla quale mons. Pell ha ribadito che «fa parte dell’essere umano chiedersi perché esiste» e solo questo dato di fatto, inestirpabile, rende significativo il domandarsi.
Ancora: «l’interrogarci ci distingue dagli animali e su questo la scienza non ha niente da dirci, sebbene vi sia un terreno comune tra scienza e ricerca scientifica».
La cosa più divertente è accaduta quando mons. Pell ha definito Darwin un “teista”, perché «egli non poteva credere che il cosmo immenso e tutte le cose meravigliose del mondo sono nate per caso o per necessità». Dawkins ha sbottato: «non è vero!», ma la replica di mons. Pell è stata immediata: «E’ a pagina 92 della sua autobiografia. Vai a leggertelo», prendendosi così una bella dose di applausi dal pubblico che assisteva nello studio televisivo.
L’arcivescovo di Sydney ha messo “a sedere” una seconda volta Richard Dawkins quando quest’ultimo ha detto di non essersi mai definito “ateo”, ma “agnostico”.
Mons. Pell però gli ha subito fatto notare che in un suo articolo nel 2002, egli spiegava di definirsi “ateo”, perché il termine appare più esplosivo e dinamico.
Dawkins è rimasto sorpreso da questa citazione.
Quest’ultimo è stato perfino ridicolizzato dal pubblico per i suoi ragionamenti, ma di questo ne parlerà l’editorialista di “The Australian” qui sotto.
Infatti, proprio il principale quotidiano australiano ha dedicato attenzione all’evento, scrivendo che «Dawkins è stato completamente surclassato in tutti gli aspetti dell’incontro».
La rivelazione, la vera attrazione è stato mons. Pell. «Gran parte dei media, consciamente o inconsciamente, censurano le voci cristiane», si legge nell’articolo.
Le uniche volte in cui viene dato spazio a esponenti cristiani «è quando essi criticano la denominazione religiosa a cui sono affiliati» (i vari preti mediatici, come don Andrea Gallo per capirci). Mons. Pell invece è stato «un portavoce chiaro, sicuro di sé, erudito ma facilmente comprensibile».
Quanto al povero Dawkins, «le sue argomentazioni sembravano antiche e goffe.
C’era qualcosa di vagamente materialista per la sua incapacità di cogliere, o addirittura ad ammettere la sostanza intellettuale, la tradizione della metafisica che risale agli antichi greci».
Come dicevamo sopra, l’editorialista ha anche accennato alle risa del pubblico sui suoi ragionamenti: «Quando Dawkins ha spiegato che l’universo è venuto dal nulla, ma che il nulla era davvero molto complesso e, infatti, consisteva in qualcosa, la gente rideva.
Dawkins si è infastidito e, come un bacchettone privo di senso dell’umorismo, stizzito ha rimproverato il pubblico: “Perché è divertente?”».
L’articolo si è concluso così: «dobbiamo capire quanto sia notevole e di importanza internazionale, la figura di mons. Pell. La Chiesa cattolica è la più importante organizzazione non governativa nel mondo e almeno per questo decennio, mons. Pell è stato una figura centrale nel suo governo in linea con Roma».



Altro fuoco amico su Richard Dawkins

Douglas Murray scrittore e giornalista inglese, nonché direttore del think thank Centro di Coesione Sociale, distintosi negli ultimi anni come strenuo critico del fondamentalismo islamico, dalle colonne del prestigioso quotidiano The Spectator muove un’acuta critica al re degli ateologi Richard Dawkins, il quale nel corso di un intervento alla Cambridge Union Society aveva affermato che: «Non c’è posto per la religione nel XXI secolo».
Per la verità, la dichiarazione di Dawkins, era stata già ampiamente criticata di fronte ad un uditorio di 800 persone – in gran parte studenti – lo scorso gennaio.
L’esito della votazione alla mozione proposta dallo scienziato, infatti, aveva sancito la sconfitta di Dawkins con 324 voti a lui sfavorevoli, contro i 136 a suo favore.
«La religione è un’offesa all’intelligenza, un’offesa a tutto ciò che c’è di meglio, e che fa di noi esseri umani – aveva detto in quell’occasione il professore ateo – si tratta di una sostituzione fasulla alle spiegazioni, che pretende di dare risposte alle questioni, prima ancora che siano esaminate… Spaccia false spiegazioni per vere, dove potrebbero invece esserci spiegazioni autentiche, false spiegazioni che intralciano gli sforzi per scoprire le vere spiegazioni».
Ma come afferma Douglas Murray che, tra l’altro, tiene a precisare di essere agnostico: «La religione, fornisce alla gente ancora un posto per fare domande che tutti dovrebbero porsi: perché siamo qui?
Come vivere? Come possiamo essere migliori?
Certo l’ateismo un giorno potrebbe rispondere a tali domande.
Ma attualmente la sua voce è debole. È debole sulla sofferenza umana e la tragedia.
E anche se non ha niente da dire, parla a malapena alla morte.
Ha poco, se non nulla da dire sul perdono umano, sul rimorso, sul rimpianto o sulla riconciliazione. Queste non sono piccole ellissi. Fino a quando l’ateismo non riesce a dire qualcosa su questi vuoti, il suo voler mettere al bando la religione sembra del tutto una spinta non solo a privare i singoli di una consolazione di cui il professor Dawkins si fa beffe – anche se avrebbe fatto meglio ad affrontare – ma anche per togliere di mezzo molte discussioni di dimensioni profonde».
Conclude Murray: «Miei amici atei, è tempo di ammettere che la religione ha molti punti in suo favore».


Sette scienziati contro Richard Dawkins e l’onnipotenza della scienza

Nel mondo esiste ancora qualcuno che ritiene che la scienza sia in competizione con la religione (e la filosofia), addirittura una alternativa ovviamente più efficiente a fornire risposte.
“Più scienza e meno religione”, dicono i devoti dei secoli bui dell’Illuminismo.
La fallacia di tale argomentazione consiste nel concepire la fede in Dio come una sorta di “tappabuco” al non (ancora) comprensibile, alle lacune della conoscenza, come frutto dell’ignoranza umana. Ma nessuno crede a questo dio, non certamente i cristiani.
Anzi, come ha spiegato John Lennox, docente di fisica e matematico presso l’Università di Oxford: «per il cristianesimo, e solo per esso, Dio non è certo una spiegazione alternativa alla scienza e perciò non può puramente essere inteso come “Dio delle lacune”. Al contrario, Dio è la ragione di ogni spiegazione».
Il suo collega di Oxford, il filosofo Richard Swinburne ha approfondito: «io non sto presupponendo un “Dio delle lacune”, un dio al puro scopo di spiegare le cose che la scienza ancora non ha spiegato. Io sto presupponendo un Dio allo scopo di spiegare perché la scienza spiega; io non nego che la scienza spieghi, ma presuppongo Dio per spiegare perché la scienza spiega» (da “Fede e scienza”, Armenia 2009, pag. 56-57).
Segnalare i limiti della scienza non significa dunque avvallare “l’ipotesi di Dio” (non c’è concorrenza), ma soltanto far crollare il “credo” scientista-riduzionista, acquisito dai cosiddetti “New Atheist” per giustificare la loro irreligiosità.
La limitatezza dell’indagine scientifica è proprio il filo rosso che ha collegato la maggior parte delle interviste recentemente realizzate dalla rivista “New Statesman” a scienziati ed epistemologi. Iniziamo citando Richard Dawkins, il gran sacerdote dell’ateismo scientifico internazionale, proprio per sottolineare le enormi differenze dagli altri:  «sappiamo che, se vi è una domanda circa l’universo a cui la scienza non potrà mai rispondere, allora non potrà farlo nessun altra disciplina», ha affermato rispondendo.
Dawkins qui intende con “universo” ogni cosa esistente, quindi anche l’uomo e le sue domande, i suoi “perché ultimi” e le sue aspirazioni. Infatti lo ribadisce dopo: «La scienza è la nostra migliore speranza per rispondere alle domande profonde dell’esistenza [...]. C’è qualcosa che la scienza non deve cercare di spiegare? No, non c’è».
Paul Davies, fisico, celebre divulgatore e direttore del programma “SETI”, è più serio e riflessivo e ha risposto: «La mia sensazione è che il metodo scientifico ha il potere di rappresentare e collegare fra loro i fenomeni dell’universo, compresa la sua origine, utilizzando le leggi della natura. Ma ciò lascia inspiegata l’esistenza delle leggi». «Gli scienziati», continua Davies, «normalmente accettano le leggi come “dato” [...]. Così forse le leggi fondamentali della natura saranno sempre off-limits per la scienza».
Martin Ress, astronomo e  presidente della Royal Society, discostandosi ovviamente da Dawkins, sembra concordare con Davies: «la nostra intelligenza non può allungarsi fino agli aspetti più profondi della realtà [...]. Ci sono dei limiti intrinseci al potere predittivo della scienza».
Peter J. Bussey, fisico delle particelle presso l’University of Glasgow, ha affrontato così la questione«ci sono aree in cui la fisica non può dare risposte, come le considerazioni metafisiche: domande sulla fisica. Ancora più importante, la fisica non può trattare la nostra coscienza e la nostra natura di persone umane. La natura della coscienza è al di là del metodo e dell’apparato concettuale della fisica. Le teorie fisiche più intelligenti non servono a nulla qui, la fisica ha un mandato limitato e non è impostata per affrontare ciò che realmente significa essere umani. Procuste filosofie che cercano di ridurre l’umanità verso il basso per inserirla in un letto di fisica, sono una pericolosa illusione e devono essere evitate».
Precious Lunga, epidemiologo, è sulla stessa linea«ci sono domande che si trovano al di là del mondo materiale e sono meglio affrontate dalla filosofia in quanto non riconducibili al metodo scientifico, e di conseguenza non vale nemmeno la pena cercare di spiegarle attraverso la scienza». 
Denis Alexander, direttore del “Faraday Institute for Science and Religion” presso il St Edmund’s College (Cambridge), ha offerto la risposta più interessante: «La scienza per definizione è in grado di fornire, almeno in linea di principio, complete spiegazioni nomologiche per quegli articoli che si trovano all’interno del suo dominio. Ma la maggior parte delle cose che richiedono una spiegazione si trova al di fuori della competenza della scienza, comprese le spiegazioni assiologiche (perché lo stupro è sbagliato, perché penso che questa pittura sia bella…)».
Ha quindi continuato, ribattendo a Dawkins: «non c’è nulla che la scienza non dovrebbe cercare di spiegare, a condizione però che quel che vuole spiegare sia all’interno del suo dominio. Purtroppo, non tutti gli scienziati fanno questa distinzione, portando ad una perdita di tempo e denaro pubblico, oltre all’imbarazzo verso la comunità scientifica».
Ovviamente non sta parlando del -seppur imbarazzante- Piergiorgio Odifreddi, dato che non è né scienziato, né è considerato dalla comunità scientifica.
Il biologo ha poi sottolineato anche la distinzione tra «scienza e scientismo, cioè l’idea che la spiegazione scientifica sia l’unica che conta».
Richard Swinburne, professore emerito di filosofia presso l’Università di Oxford  ha confermato quanto detto in altre occasioni: «la scienza non potrà mai spiegare perché ci sono leggi di natura che coprono il comportamento di tutti i fenomeni fisici. Questo perché la spiegazione scientifica del funzionamento delle leggi di un livello inferiore contiene la causa del funzionamento delle leggi ad un livello superiore in certe condizioni fisiche».
Con acutezza ha affrontato anche la controversa questione del Multiverso: «ci sono innumerevoli multiversi logicamente possibili, disciplinati da leggi diverse e con differenti caratteristiche generali che non produrrebbero mai un universo in cui ci sia un pianeta dove gli esseri umani potrebbero evolversi. Quindi, se vi è un multiverso, ciò che la scienza non potrà mai spiegare è perché tale multiverso è di natura tale da produrre un universo “finemente regolato” per la produzione di esseri umani».
Derek Burke, biochimico e attuale vice-rettore dell’University of East Anglia, ha offerto il suo contributo : «come cristiano credo che ci sia uno scopo ultimo nel tentativo di spiegare l’intero mondo naturale. Sappiamo tutti che la scienza opera rispondendo al “come funziona?”. 
Ma se si chiede anche il “perché funziona?”, “che scopo ha la mia vita?”, questo è il genere di domande a cui la fede religiosa pretende di rispondere e a cui non può dare risposta la scienza e non lo farà mai, perché non è configurata per fare questo.
Quindi abbiamo due tipi di domande, e due tipi di risposte, che si completano a vicenda. Abbiamo bisogno di etica e abbiamo bisogno di valori, e questi vengono dal di fuori della scienza. La scienza non è sufficiente».



Richard Dawkins “imbarazzante”: si dimentica il titolo dell’opera di Darwin

di Enzo Pennetta*
*biologo

Richard Dawkins, che qualcuno ha soprannominato il “levriero di Darwin“, dopo non aver saputo indicare un solo caso di evoluzione con aumento d’informazione verificata sotto i nostri occhi, adesso non sa citare il titolo dell’opera principale di Chrales Darwin.
Eppure la scarsa conoscenza del Nuovo Testamento era stata da lui portata come prova della poca attendibilità di coloro che si definiscono cristiani.
Come infatti riportato dal Daily Mail del 15 febbraio 2012, la Richard Dawkins Foundation for Reason and Science nella sua attività di ricerca avrebbe “dimostrato” che: «…poche persone sono veramente cristiane e così le loro credenze non dovrebbero avere parte nelle scuole o nella macchina dello Stato».
 A sostegno di questa tesi, Dawkins ha affermato, nel corso dell’intervista, che un cristiano su sei non ha mai letto la Bibbia, e che inoltre: «Molti di loro non vanno in chiesa e che un sorprendente numero non saprebbe dire qual è il primo libro del Nuovo Testamento».
E’ stato a questo punto che Giles Fraser, ex canonico della St Paul’s Cathedral, ha posto al prof. Dawkins  una domanda che ha dato inizio al seguente scambio:
Fraser- «Richard, se ti chiedessi qual è il titolo completo dell’Origine delle specie, sono sicuro che potresti dirmelo».
Dawkins- «Sì, potrei»
Fraser- «Avanti allora»
Dawkins- «On The Origin Of Species… Uh. Con, oh Dio! On The Origin Of Species….c’è un sottotitolo riguardo la conservazione delle razze favorite nella lotta per la vita…»
Fraser- «Sei il Papa del darwinismo… Se avessi fatto alla gente che crede all’evoluzione questa domanda e fossi tornato dicendo che il 2% ha risposto bene, sarebbe stato terribilmente facile per dire che dopo tutto non ci credono. Non va bene fare questo tipo di domande. Loro si identificano come cristiani e penso che dovresti rispettarli».
La risposta corretta era On The Origin Of Species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life”.
 A questo punto possiamo provare a fare un’ipotesi: Fraser sperava in un piccolo errore di Dawlins, ma probabilmente si attendeva una risposta corretta per poi poter affermare che anche un sacerdote conosce l’autore del primo libro del Nuovo Testamento, ma che forse anche i sostenitori del darwinismo non conoscono l’intero titolo dell’opera principale di Darwin.
E invece è accaduto qualcosa d’imprevedibile: Richard Dawkins, il “levriero di Darwin“, non ha saputo dire il titolo completo dell’opera principale di Charles Darwin.
L’episodio è avvenuto nel corso di una registrazione radiofonica che è possibile ascoltare qui  al minuto 1,50 circa). E a questo punto esclama anche un surreale “Oh Dio…” aumentando, secondo i metodi della sua Fondazione, la percentuale delle persone credenti nel Regno Unito.
Evidentemente questo nuovo silenzio di Dawkins ha un primo effetto immediato: le argomentazioni della Richard Dawkins Foundation for Reason and Science, sulla non attendibilità delle percentuali di cristiani tra la popolazione vengono a cadere.
Ma esiste anche una seconda importante conseguenza del silenzio di Dawkins. Se il più grande difensore del darwinismo, riconosciuto tale anche dagli altri sostenitori, scienziati e non, non conosce il titolo dell’opera fondamentale di Darwin, come possiamo ritenere che ne conosca bene il contenuto? Forse è per questo che continua a strumentalizzarla contro la religione?

Nessun commento:

Posta un commento

Salve, donatemi un pò dei Vostri Pensieri: