Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

mercoledì 2 ottobre 2013

Piergiorgio Odifreddi 2

Da "http://pietromelis.blogspot.it/2013/01/disputa-su-eraclito-e-su-lucrezio.html" :

venerdì 25 gennaio 2013 

DISPUTA SU ERACLITO E SU LUCREZIO. IL SOLITO TUTTOLOGO ODIFREDDI

Nel suo blog Odifreddi aveva annunciato la sua prossima traduzione del De rerum natura di Lucrezio con l'intenzione di darne una traduzione che superasse quella letterale dei latinisti per renderla più comprensibile e più attuale adattandola ad un italiano più scorrevole perché potesse offrirsi a tutti i lettori. E per questo, per esempio, avrebbe usato nella traduzione il termine "atomi" pur avendogli obiettato che in Lucrezio non si trova questo termine ma il termine "particelle", che per Lucrezio ha anche un significato vitalistico, nel senso che, al contrario degli atomi, esprimono anche un principio qualitativo di vita, assente negli atomi in quanto esprimenti una pura quantità. Avevo aggiunto che mi sembrava veramente strano che Odifreddi potesse tradurre Lucrezio visto che, provenendo dalla scuola dei geometri, non aveva studiato il latino. Mi rispose che non era necessario conoscere il latino per tradurre Lucrezio. Ma allora, considerando che Odifreddi avrebbe usato altre traduzioni in italiano di Lucrezio, lo definii "traduttor dei traduttor di Lucrezio", parafrasando ciò che il Foscolo aveva detto di Vincenzo Monti definendolo "traduttor dei traduttor di Omero", giacché Monti fece la classica traduzione in italiano dell'Iliade pur non conoscendo il greco. 
La discussione è proseguita in relazione ad un successivo post di Odifreddi in cui, elogiando Lucrezio (di cui sembra essersi innamorato per portare acqua al suo materialismo ateistico) denigrava Eraclito anche perché era stato denigrato da Lucrezio. 
A questo punto ho così replicato a Odifreddi: 

pietromelis_01 24 Gennaio 2013
Visto che si è scritto di Eraclito non capisco un certo ostracismo nei suoi confronti. E’ vero che ci sono rimasti pochi frammenti e citazioni indirette. Ma è anche vero che Eraclito, al di là delle oscurità, scrisse una cosa chiara. Che tutto deriva dal fuoco e tutto tornerà nel fuoco. Eraclito, sulla base di certe conoscenze astronomiche del suo tempo, aveva scritto che il mondo sarebbe finito a chiusura del GRANDE ANNO (calcolato in 18.000 anni). A parte questo calcolo rimane valida la concezione di Eraclito se si considera che il fuoco era per Eraclito l’energia da cui erano derivati tutte le sostanze. Ora, che ci dicono le nostre conoscenze cosmologiche se non che tutti gli elementi chimici e tutta la materia conseguente derivano dal raffreddamento dell’energia iniziale del Big Bang? In base alla concezione atomistica di Epicuro le varie sostanze (con la formazione dei mondi) si formano a causa di una deviazione casuale (clinamen) degli atomi nella loro caduta in linea retta verso il basso dovuta alla loro pesantezza. Spiegazione ridicola anche considerando che in un mondo infinito non esiste un basso. Democrito non scrisse che gli atomi fossero pesanti ed escluse che nell’universo infinito potessero esistere un alto e un basso. La loro apparente pesantezza derivava dalla loro quantità di moto (M x V) non potendo esserci una materia di per sé pesante. Epicuro aveva appreso male la lezione di Democrito banalizzandone la concezione atomistica. Epicuro si contraddisse anche nella sua concezione del diritto inteso come diritto del più forte mentre contemporaneamente predicava l’amicizia e la frugalità.
Ora, che si faccia l’elogio di Lucrezio (che si rifà alla concezione di Epicuro) è cosa giusta considerando che egli si scagliò contro tutte le superstizioni religiose (e in ciò bene apprese da Epicuro), ma non capisco perché per questo motivo si debba degradare il grande Eraclito soltanto perché Lucrezio si espresse in modo sbagliato nei suoi confronti non sapendo scostarsi dal suo maestro spirituale Epicuro.

Così ha risposto Odifreddi:


  • Piergiorgio Odifreddi 24 Gennaio 2013
    Caro profpietromelis_01,
    nessuno se la prende coi presocratici, per avere avuto intuizioni vaghe, come quelle che si potevano avere senza strumenti tecnologici né culturali, e per aver posto domande alle quali poi sono state date ben altre risposte.
    ad esempio, i quattro elementi possono benissimo essere interpretati come metafore dei tre stati della materia (solido la terra, liquido l’acqua, gassoso l’aria) e dell’energia (il fuoco).
    anche il moto degli atomi secondo epicuro/lucrezio, può essere generosamente interpretato come una prefigurazione del principio d’inerzia (il moto rettilineo fino a quando non interviene una forza a cambiarlo) e della casualità che interviene, assieme al determinismo, nella funzione d’onda (il clinamen).
    di qui a credere, come fanno i filosofi di una certa scuola, da severino a heidegger (la coppia che, secondo l’ineffabile cacciari, ha caratterizzato la filosofia del novecento), che quei frammenti contengano la sapienza dell’umanità, e che su di essi bisogna basare ancor oggi il proprio pensiero, ci corre.
    dunque, quando si dileggiano eraclito o parmenide, non è certo a loro che ci si rivolge, ma ai loro epigoni. i quali, tra l’altro, di eraclito hanno scelto di seguire soprattutto la caratteristica dileggiata da lucrezio, e non solo da lui: l’oscurità folle dietro a cui nascondere il vuoto pneumatico.

  • COMMENTO MIO:

    Odifreddi farebbe bene a non commentare Lucrezio nella sua prossima traduzione di traduzioni per non cadere nell'accusa di ignoranza da tuttologo. Prefigurare un principio di inerzia in Lucrezio (che è opinabile anche in Democrito) è semplicemente ridicolo. Epicuro non fa affatto riferimento ad un moto rettilinineo uniforme nella caduta degli asseriti atomi (in realtà particelle). Questo significa distorcere il pensiero di Lucrezio. Odifreddi poi non ha capito che il clinamen esprimeva per Epicuro una casualità che gli serviva anche come fondamento di una libertà che doveva contrastare il meccanicismo deterministico di Democrito, e anche in ciò si distingue la concezione atomistica di Epicuro da quella di Democrito. Ma tant'è, per il tuttologo Odifreddi tutto ciò non ha alcuna importanza, anche se poi darà al lettore comune una immagine bugiarda di Epicuro e di Lucrezio.   Odifreddi ha scritto anche che ha smesso da anni di fare il ricercatore per dedicarsi alla divulgazione. Ma la divulgazione deve essere fatta onestamente rispettando il pensiero altrui o non faziosamente distorcendolo per fini personali. Ed è certo che Odifreddi, se avesse continuato ad occuparsi solo di logica, oggi non sarebbe un personaggio anche della TV. Per diventare noti oggi non bisogna essere seri studiosi. Bisogna riscuotere successo presso la grande massa violando il rigore scientifico.   




    giovedì 26 settembre 2013 

    LA LACUNOSA RISPOSTA DI BENEDETTO XVI AL TUTTOLOGO ODIFREDDI (TRADUTTOR DEI TRADUTTOR DI LUCREZIO)

    Ho assistito alla trasmissione Portaaporta in cui erano invitati, tra altri, il saccente Odifreddi, alfiere di un dogmatico ateismo, e il noto scrittore e storico del cristianesimo Vittorio Messori, cattolico di ferro nel suo confondere, per fede, e non per ragione, la storia con le favole dei Vangeli (lasciamo perdere qui i miti dell'Antico Testamento). Sono diverbi inutili che lasciano il tempo che trovano. Ognuno rimane con le proprie convinzioni. Messori ha detto a Odifreddi: ma con quale competenza lei ha scritto sul cristianesimo? Lei ha fatto studi tecnici, è un geometra (nel senso che Odifreddi si è diplomato alla scuola dei geometri). Voleva dirgli chiaramente che era un dilettante, un autodidatta. Odifreddi gli ha risposto che si può continuare a studiare per proprio conto. E qui aveva ragione. Ma io mi sono sempre domandato: ha mai studiato Odifreddi il latino da autodidatta?  Tanto più che il suo ultimo libro riguarda il De rerum natura di Lucrezio. Odifreddi non ha mai affermato (per ciò che mi consta) di conoscere il latino. E per questo ha ricevuto delle critiche da chi ha affrontato il testo di Lucrezio sul piano del rigore filologico. Ma Odifreddi aveva già anticipato nel suo blog (dentro il quotidiano La Repubblica) che a lui non interessava affatto il rigore filologico. Io gli dissi che Lucrezio non aveva mai affermato l'esistenza degli atomi (pur essendo un allievo spirituale del filosofo greco Epicuro, che, a sua volta, aveva ripreso, ma banalizzandola, la concezione dell'atomista Democrito). Infatti Lucrezio usa il termine seme (semen-seminis), e il seme per Lucrezio non è l'atomo, cioè una particella indivisibile e puramente materiale. Lucrezio preferì usare il termine semen per dargli una connotazione che non fosse puramente materialistica. Infatti il semen contiene in sé anche un principio vitalistico e non puramente materiale. Evidentemente Lucrezio si era posto il problema di come dalla pura materia potesse essere sorta la vita. Oggi la biologia evoluzionistica ha superato questo problema in quanto ha dimostrato che la vita è sorta dalla materia inorganica. E d'altronde in ogni manuale scolastico di chimca la chimica organica segue ai capitoli che riguardano la chimica inorganica. Ma a Odifreddi del rigore filologico non gliene importa un piffero. Egli da materialista ateo convinto di sapere la verità sull'universo (perché per lui l'agnosticismo non è sufficiente) ha tradotto semen con atomo per supportare l'ateismo di Lucrezio. Il lettore che non abbia mai letto Lucrezio in latino in questo modo rimane imbrogliato. E questa è un'operazione disonesta. A quali traduzioni in italiano Odifreddi si è appoggiato non conoscendo il latino? Io nel suo blog gli scrissi (e forse ripetei nel mio)  che meritava la definizione che Ugo Foscolo aveva dato di Vincenzo Monti , che aveva messo in versi L'Iliade pur non conoscendo il greco: lo definì il traduttor dei traduttori di Omero. Odifreddi ha persino banalizzato il titolo dell'opera di Lucrezio dando al proprio libro l'insulso titolo: Come stanno le cose. Scrivere de La natura delle cose è ben diverso dal dire come stanno.          
    Ma torniamo al bisticcio tra Messori e Odifreddi. Ha ragione Odifreddi quando dice che i Vangeli non possono essere considerati come fonte di verità storiche. Un grande studioso del cristianesimo quale è Mauro Pesce non ha mai affermato la storicità di Gesù. Vedi per esempio il libro che ha scritto per il grosso pubblico rispondendo alle domande di Corrado Augias (Inchiesta su Gesù). La figura di Gesù rimane Un enigma, secondo il titolo stesso di un altro libro che Mauro Pesce scrisse con altri studiosi. Alcuni studiosi ritengono che il Gesù dei Vangeli non sia mai esistito e sia stato volutamente confuso con altro personaggio e poi trasfigurato nella figura dei Vangeli, che tradiscono quello che sarebbe stato il vero personaggio storico, uno che, appartenente alla setta degli zeloti, combatteva contro l'occupazione romana della Palestina. Nietzsche nell'Anticristo dice che Gesù, almeno nel racconto dei miracoli e nella resurrezione, fu un'invenzione del convertito Saulo (S. Paolo) che voleva vendicare la morte in croce del giudeo Gesù trasformandolo in figlio di Dio per creare una nuova religione con cui "appiccare un grande incendio" nell'impero romano. E bisogna riconoscere che vi riuscì. Il cristianesimo cooperò a rendere debole l'impero di fronte alle invasioni barbariche, anche se, naturalmente, non fu l'unica causa. I romani convertiti non avevano più voglia di combattere contro popolazioni pagane, avendo più interesse a convertirle, con le buone o con le cattive.    
    La diatriba tra Odifreddi e Messori (difensore della storicità di Gesù affermata da Benedetto XVI nel suo libro Introduzione al cristianesimo, ma anche negli altri riguardanti Gesù)  è una diatriba sterile sul piano della storicità o non di Gesù. Chi ha la fede non potrà mai negare che i Vangeli diano una rappresentazione anche storica di Gesù. 
    Né valgono per un Benedetto XVI o per Messori le considerazioni scientifiche sull'evoluzione biologica. Non valgono per essi quanto Giovanni Paolo II affermò in merito ad un Convegno tenutosi in Vaticano nel 1996 proprio sull'evoluzione biologica, che manda in soffitta la favola di Adamo ed Eva, in cui nemmeno la Chiesa crede più, anche se ne tace pubblicamene di fronte alle grandi masse per non turbare la loro fede nella Bibbia (anche se poi non l'hanno nemmeno letta). Per Benedetto XVI e per Messori è facile appellarsi ad un disegno intelligente che sarebbe stato nascosto da Dio nella stessa evoluzione biologica. Non basta obiettare loro che questo disegno intelligente non può esistere scientificamente se è determinante l'incidenza della casualità nell'evoluzione biologica. Una spiegazione finalistica (a cui deve ricorrere l'asserito disegno intelligente nell'universo, sin dal Big Bang alla costituzione del nostro sistema solare) cozza contro tutte le conoscenze scientiche che abbiamo circa lo stesso formarsi delle galassie e delle quattro forze fondamentali che reggono l'universo. I teologi hanno considerato il Big Bang come inizio assoluto dell'universo. Ma la teoria del Big Bang è oggi superata dalla concezione del multiverso o esistenza di universi paralleli, di cui solo quello visibile sarebbe nato dal Big Bang, che in questo modo diventa un episodio marginale del tutto casuale all'interno del pluriverso. Ma qui siamo ai limiti della conoscenza e possono accamparsi solo ipotesi e non certezze. Certa è invece la CASUALITA' dell'evoluzione dell'universo visibile e dell'orogine ed evoluzione biologica sulla Terra. Accettata anche dalla Chiesa l'evoluzione biologica (pur in una antiscientifica interpretazione finalistica secondo il disegno intelligente), quando Dio nell'evoluzione dall'Australopithecus al Sapens Sapiens avrebbe impresso nell'uomo  l'anima imortale? Qui frana qualsiasi risposta del papa emerito Benedetto XVI e del suo portavoce Messori, evidentemente abbastanza ignorante in fatto di conoscenze scientifiche. Ma non basta.  
    La questione avrebbe dovuto esssere posta su altro piano. Su quello della logica, che è venuta totalmente a mancare come arma contro Messori nel logico Odifreddi. Chi pretende di essere creduto deve rispettare una condizione, senza la quale il suo discorso è da rigettare: la mancanza di contraddizione. Ora, i Vangeli sono così pieni di contraddizioni che non possono essere accettati come parola divina, altrimenti bisognerebbe ammettere l'esistenza di un Dio totalmente contraddittorio. Non sto qui a ripetere gli argomenti che ho trattato nei miei libri e che ho appena toccato nel mio stesso blog. Qui mi limito a ripetere che il cristianesimo non è nato con i Vangeli ma con le Epistole di Paolo, senza le quali la storia dell'Occidente avrebbe avuto un diverso corso. Basti leggere l'Epistola più importante di Paolo, cioè l'Epistola ai Romani (che Lutero definì il documento fondativo del cristianesimo) per rendersi conto delle tremende contraddizioni che essa contiene. Sono queste contraddizioni che il poco logico Odifreddi avrebbe dovuto sbattere in faccia a Messori per rendergli vana qualsiasi difesa della storicità di Gesù. Da una parte un Paolo che, riferendosi ai Gentili (ai pagani) scrive che anch'essi si sarebbero salvati se avessero rispettato nel loro bene operare la legge naturale iscritta nei loro cuori, dall'altra un Paolo (schizofrenico) che scrive che Dio non può dipendere dalla volontà umana e che pertanto non basta la fede per salvarsi. Dio salva chi vuole perché è padrone della sua volontà e salverà chi lui vuole. Anzi, poiché Dio conosce il futuro, il destino di ogni uomo è già segnato dall'eternità. E' inutile credere che bastino le opere di bene per salvarsi. Lutero infatti svalutò totalmente le opere appellandosi in parte a S. Agostino, che coerentemente con S. Paolo, svalutò le opere di bene e di giustizia perché fuori della Chiesa l'umanità sarebbe stata una "massa dannata" (parole di Agostino). Mi sono dilungato analiticamente nell'esporre le insanabili contraddizioni delle Epistole di Paolo e dei Vangeli nei seguenti articoli. Odifreddi non ha capito che avrebbe potuto controbattere a Messori (che ha un grande amore per Pascal) rovesciando l'argomento di Pascal, perché è meglio essere agnostici per avere più meriti di fronte a Dio, se mai esistesse. Infatti i credenti sono solo degli opportunisti.

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